9 Maggio 2015
Argomento:
Sesamo didattica interculturale
, autore:
Graziella Favaro
,
Graziella Favaro è direttore di “Sesamo. Didattica interculturale” fin dai suoi esordi: per alcuni anni nella sua versione cartacea e ora in versione online.
Da vari anni si occupa dei temi legati alla trasformazione della scuola italiana in senso multiculturale e plurilingue e dei processi educativi nella migrazione. In particolare, approfondisce gli aspetti pedagogici e didattici connessi all'insegnamento/apprendimento dell'italiano come seconda lingua, dell'inclusione dei bambini e dei ragazzi che hanno un percorso, diretto o famigliare, di migrazione, dell'educazione interculturale per tutti. Su questi temi svolge un lavoro di ricerca, formazione dei docenti e degli operatori, elaborazione di progetti, materiali e proproste di lavoro.
Ha insegnato per anni l'italiano come seconda lingua agli immigrati e coordinato i corsi di formazione lingusitica per gli apprendenti stranieri. È stata referente scientifica della sezione "Educazione interculturale " dell'Indire. Fa parte dell'osservatorio nazionale e del comitato scientifico sull'integrazione degli alunni stranieri del MIUR.
Al fine di accompagnare la scuola, i docenti e gli operatori che lavorano in contesti multiculturali ha fondato il Centro COME (Milano),di cui è responsabile scientifica. È referente nazionale della Rete dei Centri Interculturali e responsabile scientifica del convegno annuale che i Centri interculturali promuovono, ogni anno in una diversa città.
Scrive i testi e cura la collana "Storie sconfinate", edita da Carthusia, che propone fiabe bilingui diffuse in Paesi e contesti diversi. La collana ha ricevuto nel 1998 il prestigioso premio Andersen. È autrice di testi e di materiali didattici multimediali per l'insegnamento dell'italiano L2 ad adulti e a bambini.
Dirige la collana "La melagrana. Idee e pratiche di educazione interculturale", edita da Franco Angeli.
Cura la rubrica mensile "Nella mia classe il mondo" su "La Vita Scolastica".
Fra i suoi testi più recenti:
Didattica interculturale. Nuovi sguardi, competenze, percorsi (Franco Angeli);
Bambini stranieri a scuola (La Nuova Italia);
Ragazze e ragazzi nella migrazione (Guerini);
L'intercultura dalla A alla Zeta (Franco Angeli);
Come un pesce fuor d'acqua. Il disagio nascosto dei bambini e dei ragazzi immigrati (Guerini)
Insegnare l'italiano agli alunni stranieri (La Nuova Italia- RCS);
Il tempo dell'integrazione (Franco Angeli);
Non uno di meno (Franco Angeli);
Dare parole al mondo. L'italiano dei bambini stranieri (Junior);
A scuola nessuno è straniero (Giunti)
“Trattare i bambino come un pacco”: è un modo di dire metaforico che rimanda a spostamenti non pensati, improvvisi, disorientanti.
Ma mai avremmo pensato che la metafora diventasse realtà e che davvero un bambino di 8 anni potesse essere sistemato dentro una valigia di 69 cm di altezza per 45 di larghezza e 25 di profondità.
In questo modo Abu – questo è il suo nome – avrebbe dovuto
ricongiungersi al padre immigrato regolare nelle Canarie al quale era stato rifiutato il ricongiungimento del figlio
. L’immagine del bambino ivoriano rannicchiato dentro il trolley, scoperto al confine tra il Marocco e la Spagna mezzo morto di paura, è una di quelle che si imprimono nella mente e nel cuore.
E là devono restare a testimoniare vite d’infanzia prive dei diritti elementari.
Vengono in mente altre storie di bambini, invisibili e nascosti, con la cittadinanza italiana e non così lontane nel tempo. Sono le storie raccontate nel libro
Bambini proibiti
da Marina Frigerio (2012).
“Per passare il confine tra Italia e Svizzera da Marchirolo si scende verso il valico di Ponte Tresa. Un’Alfa rosso bordò si arresta ai margini del bosco. L’uomo al volante scende guardingo e apre il cofano. La moglie spinge una ragazzina di dodici anni che scivola nel bagagliaio con la paura scritta in faccia . I due adulti risalgono in auto . Con volti impietriti che ostentano normalità passano il controllo”. La bambina è
Catia Porri
di Soffiano (Firenze) che oggi ha 64 anni e lavora come fotografa in Svizzera.
Nel 1962, dopo aver passato la frontiera, comincia a Zurigo la sua “
vita nell’armadio
”: nascosta, immobile, silenziosa, invisibile.
Catia è una delle migliaia di bambine e bambini italiani che per decenni hanno vissuto nascosti in Svizzera con la paura di essere espulsi.