Invalsi: la prova di Italiano per la classe seconda

Invalsi: la prova di Italiano per la classe quinta

Invalsi: comunichiamo meglio!

Speciale Invalsi

Cosa succede se, in un anno scolastico, non si va a scuola per 3 mesi, cioè se ogni bambino salta dalle 415 alle 552 ore di lezione (a seconda che frequenti classi a moduli o a tempo pieno)? Stiamo parlando di una assenza ininterrotta pari al 35-40% dell’anno scolastico effettivo. E cosa succede se, anche nell’anno scolastico successivo, quegli stessi bambini non possono andare a scuola per un certo numero di giorni o di settimane?Non è per nulla banale dare una risposta, anche molto approssimativa, a questa domanda. E, per certi aspetti, è una domanda “scandalosa”, perché ne implica un’altra ancora più problematica: quanto (e a chi) serve davvero la scuola?&nbsp; Quest’ultima domanda è molto più attuale e urgente di quanto si creda. In questi giorni si è discusso dell’eventualità di consentire la frequenza scolastica, anche nelle zone rosse, ai figli dei “key workers”, cioè ai figli delle persone che svolgono un servizio essenziale che non può essere svolto da casa (medici, infermieri, farmacisti, poliziotti, operatori dei supermercati, agricoltori, ecc.). E allora molti hanno posto la questione: ma di quale scuola stiamo parlando? della scuola dove si impara o della scuola dove si tengono i bambini?L’argomento è scottante e insidioso. Può facilmente generare dispute accese e, come si dice ora, molto divisive. Una madre avvocato, o impiegata in un call center, obietterà che suo figlio ha bisogno della scuola come il figlio di un’infermiera o di una cassiera del supermercato. D’altra parte, sia l’infermiera che la cassiera del supermercato, potrebbero facilmente rispondere che sarebbero ben felici, se ne avessero l’opportunità, di restare a casa e poter lavorare in smart working.In questo contesto le prove INVALSI per la scuola primaria, fissate per il 5 maggio (Inglese, quinte classi), 6 maggio (Italiano, seconde e quinte) e 12 maggio (Matematica, sempre per le seconde e le quinte) forniranno i primi dati italiani sulla qualità degli apprendimenti dell’epoca Covid-19. Gli scenari possibiliMettendo tutti gli alunni di seconda e di quinta di fronte a domande non nozionistiche, cioè poco dipendenti da specifici argomenti di studio, ma adeguatamente impegnative rispetto alla maturazione complessiva nelle tre discipline indagate dalle prove, potrebbero emergere scenari molto diversi. Per immaginare cosa potrebbe succedere dobbiamo guardare più da vicino le diverse informazioni fornite dai risultati delle prove.Nel primo grafico riportato qui sotto sono rappresentati i risultati in Italiano delle classi V primarie italiane nell’ultimo anno scolastico prima della pandemia che si sono svolte nel maggio 2019.<img filer_id="231351" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1615552554/231351/" src="/d/filer/sharing/1615552554/231351/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" style="height: 541px; width: 1000px;">&nbsp;<img filer_id="231530" src="/d/filer/sharing/1615975332/231530/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" style="width: 1000px; height: 130px;" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1615975332/231530/">Tralasciamo per il momento le differenze regionali e concentriamoci sulla barretta relativa all’Italia nel suo insieme (evidenziata con una cornice azzurra). Il livello di competenza in Italiano è graduato in 6 fasce, dalla fascia 1 corrispondente agli alunni più deficitari, alla fascia 6 che rappresenta gli alunni eccellenti. Nella tabella si considerano accettabili le fasce 3, 4, 5 e 6 (tonalità di verde) e più o meno deficitari le fasce 1 e 2 (tonalità di rosa / fucsia). Nel 2019 avevamo il 25% degli alunni ai livelli 1 e 2 e il 75% ai livelli 3, 4, 5 e 6. Nella striscia riportata sotto la figura è riprodotta la stessa barretta con l’indicazione delle percentuali (approssimate) di alunni di ogni fascia. Il 5% si colloca al livello più basso e, all’estremo opposto, un ulteriore 5% si colloca al livello di eccellenza. Il restante 90% è distribuito sugli altri quattro livelli. Accanto a questa tabella è però importante riportare un secondo grafico che dà una misura della diseguaglianza scolastica.&nbsp;<img filer_id="231352" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1615552647/231352/" src="/d/filer/sharing/1615552647/231352/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="" height="">[2019 – V Classe Primaria - Italiano – Disuguaglianza socio-economica] In essa si riporta il punteggio medio conseguito dagli alunni delle classi V in Italiano a seconda delle loro condizioni socio-economiche. Il punteggio medio nazionale è fissato convenzionalmente a 200. In una società che riuscisse ad eliminare del tutto le diseguaglianze sociali i quattro punteggi dovrebbero essere uguali. Purtroppo non è così. Nel 2019 infatti un ragazzo di condizioni socio-economiche alte conseguiva mediamente 27,9 punti in più di un suo compagno in condizioni socio-economiche basse.&nbsp; Potremmo dire che questi due grafici forniscono un quadro abbastanza completo dell’efficacia del sistema scolastico, sia in termini di competenze conseguite dagli alunni che in termini di equità del sistema.Ora chiediamoci: come potrebbero modificarsi questi risultati in seguito alla lunga chiusura delle scuole a causa della pandemia? Per quanto riguarda la qualità degli apprendimenti potrebbero presentarsi tre diversi scenari che chiamiamo scenario 1, 2 e 3. Invece, per quanto riguarda la disuguaglianza scolastica, potremmo immaginare due scenari che chiamiamo scenario A e B. Descriviamo brevemente questi 5 scenari. SCENARIO 1: CRITICITÀ GENERALIZZATA.È lo scenario peggiore. L’intera barretta con il livello degli apprendimenti si sposta verso sinistra. Ciò significa che l’intera coorte degli alunni di V primaria è stata significativamente danneggiata, in termini di formazione scolastica, dall’interruzione della frequenza scolastica. Se dovesse verificarsi uno scenario del genere dovremmo intervenire con energiche misure compensative.SCENARIO 2: CRITICITÀ SELETTIVA.In questo caso la barretta, nel suo insieme, non si è spostata di molto, ma la distribuzione dei livelli è sensibilmente peggiorata. Gli alunni con gravi deficit sono passati dal 5% al 15% e, contemporaneamente, gli eccellenti si sono ridotti dal 5% al 2,5%.SCENARIO 3: CRITICITÀ LIEVE.È lo scenario più confortante, ma anche quello la cui interpretazione richiede maggiore cautela. La barretta non si è spostata significativamente e la distribuzione dei livelli si è modificata di poco.&nbsp;Questo scenario induce non poche riflessioni e richiederebbe degli attenti approfondimenti. Se si verificasse una situazione simile potremmo forse ipotizzare che, almeno per la comprensione del testo scritto e le conoscenze fondamentali della grammatica, aver saltato tre mesi di scuola (o più) non abbia influito in modo drammatico sul livello di competenza dimostrato dai ragazzi. Ma questa interpretazione potrebbe portare a delle estrapolazioni estremamente pericolose. Perché se è vero che le competenze più profonde, come la capacità di comprendere un testo, potrebbero non diminuire vistosamente anche in presenza di una così lunga interruzione, questo non vuol certo dire che la scuola serve a poco. Altrimenti dovremmo chiederci dove imparino i bambini a comprendere a fondo un testo, se non a scuola.<img filer_id="231354" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1615552861/231354/" src="/d/filer/sharing/1615552861/231354/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="" height="">[Confronto fra i livelli in Italiano relativi alla V classe primaria ottenuti nel 2019 e tre possibili scenari] Ci sono poi da considerare gli effetti scolastici “selettivi” della pandemia dal punto di vista sociale. Quelli che registrano come, anche un servizio scolastico pubblico e gratuito come il nostro, non riesca a compensare le diseguaglianze socio-economiche. Molti indizi inducono a pensare che anche questa volta si è confermato il fenomeno, più volte documentato dagli storici, per il quale nei momenti più critici le diseguaglianze riemergono, più forti di prima. Gli scenari A e B rappresentano due possibili evoluzioni del grafico con le barrette viola che abbiamo già commentato (e che riportiamo per facilitare il confronto). Potremmo a buon diritto chiamare questi grafici “grafici del privilegio”. Lo scenario A è più preoccupante mentre lo scenario B ipotizza un peggioramento contenuto. Nel primo il punteggio medio degli alunni provenienti da famiglie più agiate supera di 55 punti quello degli alunni che vivono in condizioni più disagiate. Nel secondo scenario questa differenza, pari a 35 punti, non è molto maggiore di quella del 2019.<img filer_id="231355" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1615552968/231355/" src="/d/filer/sharing/1615552968/231355/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="" height=""><img filer_id="231356" data-cke-saved-src="/d/filer/sharing/1615553047/231356/" src="/d/filer/sharing/1615553047/231356/" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="" height=""> Vale dunque la pena leggere con attenzione i risultati della propria classe, della propria scuola e del nostro sistema scolastico nel suo insieme colpito così duramente dalla pandemia.

Cosa succede se, in un anno scolastico, non si va a scuola per 3 mesi, cioè se ogni bambino salta dalle 415 alle 552 ore di lezione (a seconda che frequenti classi a moduli o a tempo pieno)? Stiamo parlando di
 
 una assenza ininterrotta pari al 35-40% dell’anno scolastico effettivo
 
 . E cosa succede se, anche nell’anno scolastico successivo, quegli stessi bambini non possono andare a scuola per un certo numero di giorni o di settimane?


 Non è per nulla banale dare una risposta, anche molto approssimativa, a questa domanda. E, per certi aspetti, è una domanda “scandalosa”, perché ne implica un’altra ancora più problematica: quanto (e a chi) ser

Cosa succede se, in un anno scolastico, non si va a scuola per 3 mesi, cioè se ogni bambino salta dalle 415 alle 552 ore di lezione (a seconda che frequenti classi a moduli o a tempo pieno)? Stiamo parlando di una assenza ininterrotta pari al 35-40% dell’anno scolastico effettivo. E cosa succede se, anche nell’anno scolastico successivo, quegli stessi bambini non possono andare a scuola per un certo numero di giorni o di settimane?Non è per nulla banale dare una risposta, anche molto approssimativa, a questa domanda. E, per certi aspetti, è una domanda “scandalosa”, perché ne implica un’altra ancora più problematica: quanto (e a chi) serve davvero la scuola? Quest’ultima domanda è molto più attuale e urgente di quanto si creda. In questi giorni si è discusso dell’eventualità di consentire la frequenza scolastica, anche nelle zone rosse, ai figli dei “key workers”, cioè ai figli delle persone che svolgono un servizio essenziale che non può essere svolto da casa (medici, infermieri, farmacisti, poliziotti, operatori dei supermercati, agricoltori, ecc.). E allora molti hanno posto la questione: ma di quale scuola stiamo parlando? della scuola dove si impara o della scuola dove si tengono i bambini?L’argomento è scottante e insidioso. Può facilmente generare dispute accese e, come si dice ora, molto divisive. Una madre avvocato, o impiegata in un call center, obietterà che suo figlio ha bisogno della scuola come il figlio di un’infermiera o di una cassiera del supermercato. D’altra parte, sia l’infermiera che la cassiera del supermercato, potrebbero facilmente rispondere che sarebbero ben felici, se ne avessero l’opportunità, di restare a casa e poter lavorare in smart working.In questo contesto le prove INVALSI per la scuola primaria, fissate per il 5 maggio (Inglese, quinte classi), 6 maggio (Italiano, seconde e quinte) e 12 maggio (Matematica, sempre per le seconde e le quinte) forniranno i primi dati italiani sulla qualità degli apprendimenti dell’epoca Covid-19.Gli scenari possibiliMettendo tutti gli alunni di seconda e di quinta di fronte a domande non nozionistiche, cioè poco dipendenti da specifici argomenti di studio, ma adeguatamente impegnative rispetto alla maturazione complessiva nelle tre discipline indagate dalle prove, potrebbero emergere scenari molto diversi.Per immaginare cosa potrebbe succedere dobbiamo guardare più da vicino le diverse informazioni fornite dai risultati delle prove.Nel primo grafico riportato qui sotto sono rappresentati i risultati in Italiano delle classi V primarie italiane nell’ultimo anno scolastico prima della pandemia che si sono svolte nel maggio 2019. Tralasciamo per il momento le differenze regionali e concentriamoci sulla barretta relativa all’Italia nel suo insieme (evidenziata con una cornice azzurra).Il livello di competenza in Italiano è graduato in 6 fasce, dalla fascia 1 corrispondente agli alunni più deficitari, alla fascia 6 che rappresenta gli alunni eccellenti. Nella tabella si considerano accettabili le fasce 3, 4, 5 e 6 (tonalità di verde) e più o meno deficitari le fasce 1 e 2 (tonalità di rosa / fucsia). Nel 2019 avevamo il 25% degli alunni ai livelli 1 e 2 e il 75% ai livelli 3, 4, 5 e 6.Nella striscia riportata sotto la figura è riprodotta la stessa barretta con l’indicazione delle percentuali (approssimate) di alunni di ogni fascia. Il 5% si colloca al livello più basso e, all’estremo opposto, un ulteriore 5% si colloca al livello di eccellenza. Il restante 90% è distribuito sugli altri quattro livelli.Accanto a questa tabella è però importante riportare un secondo grafico che dà una misura della diseguaglianza scolastica. [2019 – V Classe Primaria - Italiano – Disuguaglianza socio-economica]In essa si riporta il punteggio medio conseguito dagli alunni delle classi V in Italiano a seconda delle loro condizioni socio-economiche. Il punteggio medio nazionale è fissato convenzionalmente a 200. In una società che riuscisse ad eliminare del tutto le diseguaglianze sociali i quattro punteggi dovrebbero essere uguali. Purtroppo non è così. Nel 2019 infatti un ragazzo di condizioni socio-economiche alte conseguiva mediamente 27,9 punti in più di un suo compagno in condizioni socio-economiche basse. Potremmo dire che questi due grafici forniscono un quadro abbastanza completo dell’efficacia del sistema scolastico, sia in termini di competenze conseguite dagli alunni che in termini di equità del sistema.Ora chiediamoci: come potrebbero modificarsi questi risultati in seguito alla lunga chiusura delle scuole a causa della pandemia?Per quanto riguarda la qualità degli apprendimenti potrebbero presentarsi tre diversi scenari che chiamiamo scenario 1, 2 e 3. Invece, per quanto riguarda la disuguaglianza scolastica, potremmo immaginare due scenari che chiamiamo scenario A e B. Descriviamo brevemente questi 5 scenari.SCENARIO 1: CRITICITÀ GENERALIZZATA.È lo scenario peggiore.L’intera barretta con il livello degli apprendimenti si sposta verso sinistra. Ciò significa che l’intera coorte degli alunni di V primaria è stata significativamente danneggiata, in termini di formazione scolastica, dall’interruzione della frequenza scolastica. Se dovesse verificarsi uno scenario del genere dovremmo intervenire con energiche misure compensative.SCENARIO 2: CRITICITÀ SELETTIVA.In questo caso la barretta, nel suo insieme, non si è spostata di molto, ma la distribuzione dei livelli è sensibilmente peggiorata. Gli alunni con gravi deficit sono passati dal 5% al 15% e, contemporaneamente, gli eccellenti si sono ridotti dal 5% al 2,5%.SCENARIO 3: CRITICITÀ LIEVE.È lo scenario più confortante, ma anche quello la cui interpretazione richiede maggiore cautela. La barretta non si è spostata significativamente e la distribuzione dei livelli si è modificata di poco. Questo scenario induce non poche riflessioni e richiederebbe degli attenti approfondimenti. Se si verificasse una situazione simile potremmo forse ipotizzare che, almeno per la comprensione del testo scritto e le conoscenze fondamentali della grammatica, aver saltato tre mesi di scuola (o più) non abbia influito in modo drammatico sul livello di competenza dimostrato dai ragazzi. Ma questa interpretazione potrebbe portare a delle estrapolazioni estremamente pericolose. Perché se è vero che le competenze più profonde, come la capacità di comprendere un testo, potrebbero non diminuire vistosamente anche in presenza di una così lunga interruzione, questo non vuol certo dire che la scuola serve a poco. Altrimenti dovremmo chiederci dove imparino i bambini a comprendere a fondo un testo, se non a scuola.[Confronto fra i livelli in Italiano relativi alla V classe primaria ottenuti nel 2019 e tre possibili scenari]Ci sono poi da considerare gli effetti scolastici “selettivi” della pandemia dal punto di vista sociale. Quelli che registrano come, anche un servizio scolastico pubblico e gratuito come il nostro, non riesca a compensare le diseguaglianze socio-economiche. Molti indizi inducono a pensare che anche questa volta si è confermato il fenomeno, più volte documentato dagli storici, per il quale nei momenti più critici le diseguaglianze riemergono, più forti di prima.Gli scenari A e B rappresentano due possibili evoluzioni del grafico con le barrette viola che abbiamo già commentato (e che riportiamo per facilitare il confronto). Potremmo a buon diritto chiamare questi grafici “grafici del privilegio”.Lo scenario A è più preoccupante mentre lo scenario B ipotizza un peggioramento contenuto. Nel primo il punteggio medio degli alunni provenienti da famiglie più agiate supera di 55 punti quello degli alunni che vivono in condizioni più disagiate. Nel secondo scenario questa differenza, pari a 35 punti, non è molto maggiore di quella del 2019.Vale dunque la pena leggere con attenzione i risultati della propria classe, della propria scuola e del nostro sistema scolastico nel suo insieme colpito così duramente dalla pandemia.

FAQ 18. Si possono somministrare prove di valutazione diverse da quelle dei compagni (facilitate, semplificate, abbreviate...) nelle normali prove di verifica durante l'anno e nelle prove INVALSI? (ed. PLUS)

Prove Invalsi 2021: facciamo il punto

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