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Prendersi cura della diversità nella scuola dell’infanzia

La scuola deve fornire un ambiente ricco di stimoli adeguati per favorire la crescita da un punto di vista cognitivo, motorio e socioaffettivo dei bambini con disabilità

di Giovanna Montalto20 dicembre 20216 minuti di lettura
Prendersi cura della diversità nella scuola dell’infanzia | Giunti Scuola

«Se non imparo nel modo in cui tu insegni, insegnami nel modo in cui io imparo», diceva il dottor Harry Chasty, psicologo dell’educazione inglese, a proposito di bambini e ragazzi con bisogni educativi speciali. Nel mondo della scuola negli ultimi anni si è cercato di rinnovare e adeguare metodi, pratiche, programmi per valorizzare l’unicità degli alunni, provando a dare voce a quella diversità che fin troppo spesso viene soffocata.
«La disabilità è la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, i fattori personali e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze contestuali in cui vive l’individuo» (OMS, 2002, p. 21; OMS, 2007, p. 43). Questa definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità va oltre la problematica del singolo e mette in luce l’importanza della relazione con l’altro, rendendo esplicita la responsabilità della dimensione sociale nella presa in carico della persona, a partire dall’infanzia. La scuola dell’infanzia, infatti, in quanto agenzia che affianca e integra l’opera educativa dei genitori, ha un ruolo fondamentale nell’educare alla diversità attraverso l’incontro e la convivenza con i coetanei. Se da un punto di vista legislativo sono state promulgate norme a favore e tutela dei più fragili, la gestione nella quotidianità scolastica non è sempre facile e vale la pena chiedersi quali dinamiche entrino in gioco e quale sia l’impatto psicologico per insegnanti e alunni e le loro famiglie.

L’importanza della diagnosi precoce

Sicuramente necessaria per una presa in carico il più idonea possibile a scuola è una diagnosi precoce. Un’anomalia o ritardo nello sviluppo non adeguatamente e precocemente identificati e, di conseguenza, un non immediato accesso alle cure, producono uno scarto più o meno evidente del bambino con disabilità rispetto ai coetanei, minando fin da piccolissimi la percezione di autoefficacia e l’autostima. Considerando che un bambino passa diverse ore al giorno a scuola e che gli insegnanti imparano a conoscerlo e a prendersene cura, spesso sono loro stessi a comunicare alla famiglia le difficoltà del bambino, suggerendo di contattare un professionista del settore. Ecco perché l’alleanza scuola-famiglia è essenziale affinché la segnalazione non venga percepita come una minaccia ma, al contrario, come possibilità di supporto per l’alunno. Diventa inoltre indispensabile il confronto tra operatori scolastici e professionisti della salute nella misura in cui la scelta delle attività, dei giochi, delle routine da parte degli insegnanti può fare la differenza, stimolando i bambini e arricchendo il loro bagaglio esperienziale ed emotivo, fornendo una base solida su cui costruire la percezione di sé.

Rete di supporto e inclusione nel gruppo classe

Uno dei punti di forza per gestire al meglio la quotidianità scolastica con questi alunni è proprio la creazione di una rete che supporti il bambino e al tempo stesso tutti coloro che in misura diversa e secondo il proprio ruolo gravitano intorno a lui; avere un progetto, degli obiettivi chiari e realistici e camminare insieme per raggiungerli.
Un altro aspetto fondamentale riguarda l’inclusione nel gruppo classe e quindi la relazione con i compagni. È importante che l’insegnante provi a suscitare una partecipazione emotiva agli stati d’animo altrui facilitando l’emergere del comportamento prosociale, proponendo attività che abbiano come leit motiv i valori della collaborazione e della reciprocità. La lettura di una fiaba in cui uno dei protagonisti si trova in difficoltà o in pericolo, la proposta di giochi, la suddivisione dei compiti per il raggiungimento di obiettivi comuni, la discussione di gruppo per la risoluzione di semplici problemi offrono ai bambini continue occasioni per imparare che gli altri possono avere idee e competenze diverse dalle proprie e che si può intervenire in loro aiuto se sono in difficoltà.

È importante che l’insegnante susciti una partecipazione emotiva agli stati d’animo altrui proponendo attività che evidenzino i valori della collaborazione e della reciprocità

Gli stimoli ambientali

La scuola deve inoltre fornire un ambiente ricco di stimoli adeguati per favorire la crescita da un punto di vista cognitivo, motorio e socioaffettivo dei bambini con disabilità. Per questo diventa fondamentale l’abbattimento delle barriere sia fisiche/architettoniche sia mentali, che portano a focalizzarsi su quello che il bambino “non può fare” piuttosto che mettere in luce e dare valore alle sue potenzialità e che finiscono per identificarlo con la sua disabilità, sottovalutandolo e rendendolo prigioniero di un pregiudizio. D’altro canto è anche necessario supportare gli insegnanti, poiché l’esperienza di un alunno con disabilità in classe, sebbene arricchente da una parte, li mette davanti a una condizione che può minare la loro stessa percezione di autoefficacia, soprattutto nei casi più gravi.
Negli ultimi due anni, inoltre, l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19 ha inevitabilmente influito sulla didattica e ha portato a ripensare tempi e spazi dello stare insieme e della condivisione. Soprattutto nel periodo del lockdown, gli insegnanti hanno dovuto reinventarsi per continuare la loro attività educativa con i loro alunni: quando l’unica possibilità di comunicazione era mediata dal digitale e i genitori sono stati coinvolti anche nella gestione delle attività scolastiche, ecco che la buona alleanza tra scuola e famiglia ha permesso in molti casi di garantire una continuità, seppur con le difficoltà legate alla situazione, della relazione con la scuola.
In conclusione, considerando che la scuola dell’infanzia rappresenta per la maggior parte dei bambini il primo ambiente, al di fuori della famiglia, in cui hanno la possibilità di crescere, esplorare e sperimentare, una delle sfide consiste nel valorizzare i punti di forza di ciascuno e sostenere i punti di debolezza, educando all’accoglienza, al rispetto, alla reciprocità fin dai primi anni di vita.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • OMS (2002), ICF Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. Tr. it. a cura di M. Leonardi, Erickson, Trento.
  • OMS (2007), ICF-CY. Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute - Versione per bambini e adolescenti, Erickson, Trento.
  • Santrock J.W. (2021), Psicologia dello sviluppo (IV ed.), McGraw-Hill Education, Milano.
  • Vicari S., Caselli M.C. (a cura di, 2017), Neuropsicologia dell’età evolutiva, il Mulino, Bologna.
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