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Parlo di me attraverso te
L’oggetto transizionale per ricostruire la relazione e comunicare

È nata una nuova rubrica, si chiama “Educazione affettiva”. Parleremo dell’educazione del cuore, di gestione delle emozioni, di come i bambini possano gestire i conflitti diventando mediatori, di quanto sia difficile ma importante imparare a tollerare le frustrazioni.
Parleremo di costruzione e condivisione di regole, di come costruire e gestire un gruppo. Parleremo di stereotipi e pregiudizi e cosa fare per contrastarli. Parleremo di benessere scolastico, di fiducia e di quanto sia importante coltivarla.
In questo lungo e particolare periodo, uno dei problemi maggiori è stato quello di relazionarsi con i bambini piccoli e con gli studenti certificati. Questo perché loro hanno fatto più fatica ad adattarsi al filtro dello schermo, a una relazione stravolta da un modo di fare scuola in cui è molto più difficile stabilire un contatto sociale autentico ed efficace.
Come fare a recuperare questo rapporto? Come fare ad attirare il loro interesse, a motivarli nonostante l’ostacolo dello schermo?
Vi ricordate dell’oggetto transizionale? Alcuni bambini ne fanno ancora uso perché li rassicura nel passaggio tra lo spazio privato: la casa, gli affetti, e quello pubblico: la scuola, i compagni, i maestri.
Scrive Winnicott:
Il punto essenziale dell’oggetto transizionale non è il suo valore simbolico, quanto il fatto che esso è reale: è un illusione ma è anche qualcosa di reale.
In un contesto di privazione del reale come la didattica a distanza nei confronti della relazione, l’oggetto transizionale diventa uno strumento funzionale per lo spazio dell’illusione, la condivisione dell’immaginario e l’esperienza che il bambino fa del gioco e di una dimensione ludica condivisa, in altre parole diventa un altro me con cui comunicare. Diventa un modo di connettersi con il proprio sé attraverso un’altra figura.
Nella didattica a distanza questi pupazzi scelti per rappresentare sé stessi diventano veri e propri avatar, nella scuola in presenza possono essere utilizzati per un gioco di ruolo. Così anche gli insegnanti sono rappresentati dal loro avatar e parlano attraverso questi agli avatar dei bambini che rispondono e parlano di loro stessi, delle loro emozioni, dei loro vissuti, attraverso i loro pupazzi.
L’illusione è quella di non parlare di me ma di far parlare qualcuno che è diverso da me. Questo succede anche con i più grandi, gli adolescenti, che entrano in un mutismo selettivo nei confronti degli adulti e non parlano più di loro stessi. Utilizzare un medium come il video (un film, un video musicale, ecc.) e chiedere loro di commentarlo è come chiedere loro direttamente cosa ne pensano a proposito di determinati argomenti soltanto che se glielo chiedi direttamente non ti risponderanno mai se invece chiedi loro cosa succede al protagonista del film o cosa vuole esprimere chi ha fatto il video la risposta è ciò che loro pensano.
Come dice Winnicott, questi strumenti diventano i propulsori (nella vita adulta) dell’attività artistica, dell’immaginazione e del pensiero creativo per cui per utilizzarli si deve tornare un po’ bambini e il risultato è garantito, anche attraverso lo schermo tutti i bambini saranno invogliati a rispondere e a interfacciarsi non più con la maestra ma con il personaggio scelto dalla maestra attraverso il personaggio scelto da loro.
• Winnicott, D.W. (1953). Oggetti transizionali e fenomeni transizionali. In: Dalla Pediatria alla Psicoanalisi. Firenze: Martinelli.
• Winnicott, D.W. (1971). Gioco e realtà. Roma: Armando editore.