Non regalatemi dei fiori: voglio una ruota. Un video, un progetto e una storia di libertà e progresso
Può un oggetto apparentemente innocuo come la bicicletta essere complice di una rivoluzione? Secondo i creatori del progetto "Voglio una ruota" sì. Lo spiegano in una bella presentazione, che condividiamo, e in un video da guardare in fondo all'articolo.
"Ecco cosa penso del ciclismo. Penso che abbia permesso l’emancipazione femminile più di qualsiasi altra cosa al mondo. Gioisco ogni volta che vedo una donna che passa in bicicletta". Sono parole di Susan B. Anthony quelle scelte per accompagnare il progetto "Voglio una ruota", che è un video-documentario sulla storia dell'emancipazione femminile a due ruote e una campagna per la libertà di movimento ecosostenibile, positiva e propositiva delle donne.
"Quando la bicicletta venne inventata, in epoca vittoriana, divenne ben presto sinonimo di libertà. Oltre a far abbandonare le scomode gonne a favore dei ben più pratici pantaloni, le donne furono finalmente libere di andare e venire, indipendenti, fuggevoli, lontane dal controllo di padri e mariti", si legge nella presentazione del progetto. Che continua: "Prese a insulti e a sassate, queste donne coraggiose volarono sui loro velocipedi, pioniere inconsapevoli di un cambiamento che era già in atto su altri fronti più strettamente politici, come il diritto al voto. Le cose sono cambiate parecchio rispetto al 1924, quando Alfonsina Strada sfidò i colleghi uomini nel Giro d’Italia . Ma, anche oggi, un mezzo che diamo per scontato è ancora vietato alle donne in molti paesi, e in Occidente il ciclismo femminile è visto come la declinazione minore di uno sport essenzialmente maschile. Le donne che dedicano la propria vita a questo sport in Italia sono tutte considerate dilettanti davanti alla legge: un buco legislativo sconcertante che causa una discriminazione clamorosa di cui non si parla abbastanza. Voglio una ruota vuole raccontare una storia di emancipazione" .
E le storie sono davvero tante:
- La storia di Eyerusalem Dino Keli , campionessa etiope che ha realizzato in Italia il sogno di una carriera e ora corre nella Michela Fanini.
- La storia di Yaya Sanguineti e delle atlete di BePink , donne che si allenano quotidianamente con dedizione e fatica, ma anche passione e gratificazione.
- Quella di Anna Trevisi , giovane atleta del team Giusfredi, che lotta per difendere i diritti e il riconoscimento anche ma non solo economico delle atlete.
- La storia della coraggiosissima Paola Gianotti , Londonderry contemporanea che ha fatto il giro del mondo in bicicletta (battendo di otto giorni il record precedente) ed è anche l’unica donna ad aver partecipato alla Red Bull Transiberian Extreme.
- La testimonianza preziosa di Edita Pučinskaitė , campionessa del mondo nel 1999 e oggi giornalista.
- La storia delle ragazze egiziane del gruppo GoBike del Cairo , donne che quotidianamente sfidano il pregiudizio che considera inappropriato per una donna andare in bicicletta.
- La storia anche di chi, come molte e molti tra noi, l a bicicletta la vive in modo non agonistico, ma altrettanto autentico e liberatorio .
Nella parte finale della presentazione del progetto, ci sono i punti chiave delle azioni per il futuro:
- Voglio una ruota utilizzerà l’estetica del documentario mista a intermezzi di animazione.
- Voglio una ruota avrà un taglio “tradizionale” di 50 minuti e anche una sua versione gemella, interattiva, in cui raccoglieremo altre storie su un sito internet accessibile a tutti.
- Voglio una ruota sta progettando anche una parte in cui tutti potranno condividere le loro storie a base di bicicletta e libertà.
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