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Lo spazio del fare teatro
Un progetto con modelli e opportunità per avviare percorsi di esperienze teatrali, adattando le proposte alla propria realtà

L'evoluzione del gioco
Attraverso il gioco il bambino esplora il mondo circostante e apprende le regole che gli consentiranno un buon adattamento e la possibilità di governare la realtà.
Dai primi giochi di finzione orientati verso sé, alla scoperta dell’altro, il suo “fare finta” si evolve: quando arriva alla Scuola dell’infanzia ha fatto importanti esperienze e scoperto molte cose di sé, abilità e risorse. Verso i 4-5 anni mostra di saper interpretare parti e di poter assumere ruoli, anche se non ne ha ancora piena consapevolezza e solo dopo sarà in grado di descriverli e definirli.
Un oggetto portato in classe, uno stimolo, un fatto, un incontro possono dar vita a un laboratorio teatrale in cui i bambini sono protagonisti. Attribuendo un valore assoluto a quanto accade nello spazio del fare teatro, assumiamo lo stile dell’animazione: un metodo esplorativo, esperienziale e rielaborativo che mette al centro la drammatizzazione e l’insieme dei linguaggi espressivi. Il bambino mette in scena in continuazione la sua realtà interna. “Fare finta di” è rappresentazione della realtà: non una copia, ma una versione che sottolinea l’essenziale di una situazione. La scena è qualsiasi luogo.
“Per il bambino il gioco è la tecnica e lo strumento del progresso, la strada che lo porta alla conquista del mondo” (Mario Lodi)
La creatività incontra la fantasia
Spesso il tempo del bambino è divergente da quello dell’orologio e dell’adulto, segue non logiche, ma processi associativi appoggiati alla fantasia e all’immaginazione. L’azione è spinta dal bisogno di comunicare, di esprimere ciò che sente e di porre domande e richieste all’adulto. Operare su un piano ludico dove la regola è l’immaginazione, è più rassicurante per il bambino che affrontare la realtà non ancora ben conosciuta e fuori dal suo controllo. Pertanto, giocare costituisce un insostituibile spazio e metodo di sperimentazione.
Compito dell’adulto è mettersi in sintonia con il bambino. Ascoltare, aiutare e accompagnare, non proporre i propri giochi e le proprie direzioni.
Drammatiziamo in modo ludico
Chi intende per drammatizzazione “la trasformazione di un testo letterario in azione scenica”, deve allargare il proprio orizzonte alla possibilità di mettere in scena un’idea, un’immagine, una musica, un colore, un rumore, un racconto improvvisato. Vi è così connessa la componente ludica: caratteristica gradita ai bambini perché dà vita a uno degli aspetti più significativi del loro sviluppo in forme decisamente piacevoli.
L’esperienza di drammatizzazione di cui parliamo è ben altro dalla consuetudine del “teatrino”, del saggio finale che impone ai bambini faticose ripetizioni che nulla hanno a che fare con gioco e spontaneità. Qui l’attività ludica ha valore di per se stessa; non dovendo dare dimostrazioni, nessun bambino, neanche il più timido si sentirà non all’altezza del compito. Riconosciamo la sua spontaneità, la spinta a mettersi in rapporto con il mondo, guidandola con attenzione, pazienza e rispetto dove creatività e fantasia s’incontrano.
Momenti di drammatizzazioni.
Come allestire lo spazio per improvvisare?
Diamo luogo a momenti di vita originali, irripetibili e valore all’esperienza, al “qui e ora”, al processo.
Perché questo avvenga c’è bisogno di uno spazio fisico adeguato e di un ricco insieme di oggetti, in qualche modo affini all’azione teatrale: stoffe, maschere, indumenti da grandi, parrucche, cappelli, oggetti di uso comune. Sarà questo mucchio prezioso, questo tesoro a favorire il piacere di interpretare personaggi e una miriade di ruoli altri in caso contrario inaccessibili.
I processi educativo-pedagogici basati sulla drammatizzazione sono orientati verso obiettivi definiti tra cui ricordiamo: socializzazione, emotività, linguaggi, creatività, capacità di adattamento, intelligenza.
L’improvvisazione è centrale, manifestazione della libertà dei singoli e della forza dell’immaginazione di un piccolo gruppo, unita alla capacità dell’insegnante di elaborare stimoli, di trasformare spazi e oggetti, di adattare creativamente le tecniche conosciute.
L’angolo dei travestimenti.
Primo passo: ascoltare
Partiamo sempre dal gioco spontaneo, accogliendolo e stimolandolo nella fase iniziale, in cui i bambini manifestano il desiderio (o la necessità?) di esplorare il nuovo territorio. È richiesta gran sensibilità all’educatore: non si tratta di lasciar fare, ma di ascoltare.
La capacità di ascoltare il bambino non è da tutti. Ci si deve formare, crescere, esercitarsi, per essere in grado di cogliere e di lasciare spazio a un gioco fantastico, un dare-ricevere che non ha uguale. I criteri a cui fare riferimento sono:
- centralità del bambino,
- utilizzare l’esistente,
- concretezza, essenzialità.
E la gradualità, la pazienza di seguire e rispettare il processo in ogni sua fase.
Travestirsi e mascherarsi sono modalità consuete e naturali nel gioco infantile, nascono come espressione del muoversi all’interno della dimensione fantastica, dal bisogno/piacere di emulare l’adulto, dal piacere di giocare cambiando i ruoli.
- Lasciamo accedere liberamente i bambini al grande mucchio di stoffe colorate, abiti vecchi, cappelli per indossare, drappeggiare, coprirsi: l’obiettivo è la sperimentazione sensoriale e il gioco spontaneo.
- Con uno specchio favoriamo esplorazioni e sperimentazioni individuali per arrivare a definire un personaggio. In seguito, muviamoci nello spazio, prima liberamente e poi assumendo postura e andatura caratteristiche dei personaggi.
- Invitiamo a osservare gli altri e, gradualmente, a fare un cenno di saluto senza parola, aggiungendo, in seguito, un’espressione verbale. E infine sollecitiamo a incontrarsi e a presentarsi come “personaggio”.
- A questo punto possiamo dare luogo a delle pantomime o piccole drammatizzazioni che hanno come protagonisti i nostri eroi appena nati.
- Sperimentiamo a turno il ruolo di attore e di spettatore, invitando a rappresentare le storia improvvisata a metà del gruppo, mentre gli altri seduti a terra si godono lo spettacolo. Naturalmente invertiamo i ruoli al momento opportuno.
Piccole drammatizzazioni in scena.
In questo gioco vi è un’esplicita componente corporea, che gradualmente si sviluppa in una messa in scena di incontri e di relazioni.
- I bambini si dispongono liberamente nello spazio, a distanza sufficiente a non toccarsi aprendo le braccia. Silenziosi, in piedi con le braccia lungo il corpo.
- Proponiamo una successione di movimenti, lentamente, adattando il linguaggio ai nostri bambini, per poi arrivare a chiedere: “Allarga bene le mani, tieni le dita distaccate: sei un albero!”.
- “Sta arrivando un leggero venticello”: soffiamo, imitati dai bambini, gli alberi ondeggiano leggermente; il vento si è calmato, gli alberi tornano immobili.
- Continuiamo a giocare con il vento, che può naturalmente cambiare la forza e diventare un tornado, oppure diamo spazio a una drammatizzazione che parte dal seme che esce dalla terra e arriva ad avere come protagonista ogni singolo albero fino a diventare bosco.
- Infine, possiamo dare vita al bosco: metà dei bambini mantengono il ruolo di alberi, mentre l’altra metà diventa un animaletto che vive nel bosco e si muove liberamente nello spazio. Quando tempo e voglia dicono che è il momento, invertiamo i ruoli.
“Sperimentiamo più modi di essere albero”.