Articoli
La paura di sbagliare
Un’insegnante si interroga sugli effetti del lockdown e su quella “paura di sbagliare” che i suoi figli e i suoi alunni manifestano sempre più spesso. La risposta è di Fabio Celi, Centro Studi Versilia e Università di Pisa.

Insegno nella scuola primaria e sono madre di due bambini di 5 e 10 anni che, in apparenza, non hanno sofferto durante il periodo del lockdown: non hanno avuto comportamenti insoliti o disturbi del sonno. Anzi, sembravano particolarmente felici perché hanno avuto per un tempo lungo i genitori a casa tutti per loro (soprattutto il padre, che vedono poco). Quello che noto, però, è che dopo questo evento sono diventati entrambi più timorosi, come se li avesse resi più fragili, meno determinati.
La paura più grande è quella di sbagliare. Soprattutto il più grande ha spesso il timore di non fare la cosa giusta, di fallire. Quando fa degli errori entra in grande crisi, come se non potesse permetterselo e si sentisse “sbagliato”. È una fragilità che noto sempre più spesso anche nei miei alunni.
Come posso aiutare i miei figli, i miei alunni?
Donata, Udine
Molti bambini, durante il periodo del lockdown, sono stati sostanzialmente bene, talvolta persino meglio del solito. Si tratta di bambini per lo più introversi, caratterizzati da una certa timidezza, particolarmente interessati alla rassicurante vicinanza fisica ed emotiva dei familiari.
Per quello che vale la mia esperienza, la situazione è diametralmente opposta a quella dei bambini e dei ragazzi con tendenza all’iperattività, esuberanti, bisognosi di movimento e di esperienze esterne a quelle dell’abitazione, che spesso nel periodo del lockdown si sono sentiti “in gabbia”.
È facile immaginare come, alla riapertura, queste due condizioni si siano in qualche modo rovesciate. Aperta la “gabbia”, i bambini così detti esternalizzati hanno ripreso a respirare e a vivere. Quelli così detti internalizzati hanno invece dovuto fare di nuovo i conti con un mondo meno protetto e percepito come più pericoloso, dopo mesi di mancato allenamento a queste esperienze per loro ansiogene.
Tre stimoli di riflessione
Da qui molti problemi, tra i quali quello che la nostra lettrice mette in luce: la paura di sbagliare. Non dimentichiamo inoltre che, nel corso di questa pandemia, stiamo tutti imparando che ci sono errori che possono costare molto cari.
Che fare? Non ho soluzioni, ovviamente, ma tre consigli; o forse, meglio, tre stimoli di riflessione.
Primo: accettare e riconoscere i propri errori
I nostri figli e i nostri allievi imparano moltissime cose guardandoci, imitando i comportamenti che mostriamo loro e modellandosi sulle nostre emozioni. La conseguenza di questo è tanto semplice da raccontare in teoria quando difficile da mettere in pratica. Lavoriamo prima di tutto sulle nostre paure di sbagliare. Mi permetto di ipotizzare che anche la lettrice che parla della paura di sbagliare dei suoi figli e dei suoi allievi abbia questa stessa paura come mamma e come maestra.
Certo, ci sono errori che dobbiamo cercare di evitare, come dimenticare di indossare la mascherina o di igienizzarci le mani. Ma ci sono anche molti errori veniali, che possiamo perdonare agli altri dopo averli perdonati a noi stessi. Un errore ortografico o di calcolo fatto da un allievo, un capriccio, una richiesta inadeguata fatta da un figlio non hanno mai ucciso nessuno. Non ha mai ucciso nessuno neppure un urlaccio – anche se magari sarebbe stato meglio evitarlo – scappato a un genitore in un momento di tensione. Riconosciamo questi errori e accettiamoli, tanto più in un periodo già così difficile, con una compassionevole alzata di spalle.
Secondo: ricordarsi che non sbagliare mai è impossibile
Spieghiamo con serena chiarezza ai bambini e ai ragazzi che non sbagliare mai è impossibile – alcuni psicologi direbbero che è un’idea irrazionale – e per certi versi questa è una fortuna.
Non tanto, come si dice di solito, perché sbagliando si impara, quanto perché vedendo gli sbagli degli altri possiamo migliorare noi stessi. Se un bambino ha fatto molti errori ortografici, non sarà che questo dipenda dal fatto che gli abbiamo proposto un dettato troppo difficile per lui?
Terzo: giocare a sbagliare
Giochiamo insieme a sbagliare: in questo dettato devi cercare di commettere almeno sette errori.
Sebbene quando io ero un bambino l’influenza spagnola fosse finita da un pezzo e il Covid-19 non fosse ancora arrivato, dovevo avere problemi simili a quelli raccontati dalla nostra mamma maestra, perché ricordo che il mio saggio nonno aveva fatto un accordo con me: mi chiedeva che voti avessi preso a scuola quel giorno e per ogni punto sotto il 10 mi regalava 100 lire. Un 6 valeva la bellezza di 400 lire e la preziosa consapevolezza che, anche se avevo preso un voto molto deludente, come dicevano i Galli di Asterix il cielo non mi sarebbe caduto sulla testa.