<blockquote>
&ldquo;La mia lingua &egrave; principio e origine della mia vita; in essa racchiudo i miei ricordi, le mie emozioni, in essa ritrovo la mia identit&agrave;. La mia lingua &egrave; il mio rifugio, la mia fuga, un ponte attraverso il mondo&rdquo;.

F. Fiorenzoni, Lingua madre
</blockquote>

<ul>
	<li>F. Sabatini, Un italiano accogliente, dialogo con Cristiana De Santis, Bologna, Il Mulino, 2024</li>
	<li>A.Tredicine, La Giornata della Lingua Madre: un&rsquo;occasione per &ldquo;inciampare&rdquo; sui diritti, su www.insegnareonline.com, 2018</li>
	<li>C. Bracchi, Lingua d&rsquo;elezione, lingua di relazione, su www.concorsolinguamadre.it, 2008</li>
</ul>

Una lingua materna in cui siamo nati e abbiamo imparato a orientarci nel mondo &ndash; lo scriveva anni fa Tullio De Mauro &ndash; non &egrave; uno strumento usa e getta. Essa innerva la nostra vita psicologica, i nostri schemi mentali, apre le vie al con-sentire con gli altri ed &egrave; dunque la trama della nostra vita sociale e di relazione.

Ha fatto parecchio discutere (lo sta facendo) la proposta di Legge a proposito dell&rsquo;introduzione nella scuola italiana della cattedra inclusiva, un&rsquo;idea concreta per superare &ndash; attraverso il principio della corresponsabilit&agrave; &ndash; la storica divisione tra insegnanti curriculari e insegnanti di sostegno. Alla base dell&rsquo;annoso dibattito c&rsquo;&egrave; l&rsquo;idea che ogni profesionista della scuola debba padroneggiare quella sensibilit&agrave; relazionale e comunicativa propria di chi ha a che fare con la disabilit&agrave; certificata.

Invero si tratta di una diatriba pretestuosa poich&eacute; &egrave; nell&rsquo;apprendimento della lingua prima, o lingua materna, che gi&agrave; avvengono (o dovrebbero avvenire) le pi&ugrave; importanti esperienze di socializzazione, fondamentali per lo sviluppo cognitivo e per la formazione d&rsquo;ogni coscienza individuale: ben lo ha mostrato Francesco Sabatini &ndash; decano della linguistica italiana e presidente onorario dell&rsquo;Accademia della Crusca &ndash; nel suo recente dialogo con Cristiana De Santis, che ha dato vita al saggio Un italiano accogliente edito di recente dalla societ&agrave; editrice Il Mulino.

L&#39;italiano &egrave; la lingua della scolarizzazione nella quale, superata la fase dell&rsquo;alfabetizzazione, cresce e matura la capacit&agrave; di riflessione e di discriminazione che da un lato mette in rapporto l&rsquo;individuo con s&eacute; stesso e dall&rsquo;altro lo avvicina al prossimo, plasmandone le attitudini relazionali.

Avere una lingua pi&ugrave; &ldquo;capiente&rdquo;, arguisce Sabatini, ci rende sensibili alle differenze, propensi ad accogliere, a comprendere e soprattutto a discernere.

Per un uso consapevole delle parole

Nei tempi complessi che stiamo vivendo, in cui la volont&agrave; di sopraffare l&rsquo;altro ha spesso la meglio sulla capacit&agrave; di argomentare con equilibrio e pacatezza, diventa preziosissimo l&rsquo;uso consapevole delle parole, che nel corretto esercizio della lingua materna trova il suo principale presupposto.

In questo contesto relazionale si tratta perlopi&ugrave; di cambiare prospettiva e di considerare la cultura linguistica come prodromica al dialogo, all&rsquo;esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole, al vivere associato come antidoto alle violenze, alle discriminazione e alle esclusioni.

L&rsquo;apprendimento dell&rsquo;Italiano non lo si pu&ograve; limitare a una perdurante concezione retorico-letteraria di fatti linguistici e neppure allo sterile esercizio di una grammatica prescrittiva, perch&eacute; il ruolo della lingua nello sviluppo cognitivo generale &egrave; imprescindibile: l&rsquo;uso che l&rsquo;individuo o la collettivit&agrave; fanno della lingua assolve a svariate funzioni communicative, che si traducono in situazioni molto diverse connesse al tipo di messaggio che s&rsquo;intende comunicare.

I modelli grammaticali non devono essere adoperati come mezzi astratti in grado di ragionare solamente sulle strutture sintattiche; sono piuttosto strumenti che ci consentono di leggere i vari tipi di testo in profondit&agrave;, per comprenderli meglio e condividerli correttamente.

Una visione nuova della lingua

Il magistero di Francesco Sabatini &egrave; sempre stato orientato verso la diffusione di una visione nuova della lingua, aperta alle funzioni, agli usi e ai diversi tipi di testi: accettare la variabilit&agrave; della lingua significa anzitutto provare a rinnovare la didattica della lingua che si fa nelle scuole.

Un rinnovamento che peraltro parte dallo studio di un tipo d&rsquo;italiano meno formale, che ingloba diversi tratta della lingua parlata e che fa proprie le nuove tendenze communicative, spesso mediate dalla Rete e dai social. In altri termini quello che Sabatini definisce l&rsquo;italiano &ldquo;dell&rsquo;uso medio&rdquo;, ovveros&igrave;a l&rsquo;italiano moderno, che s&rsquo;avvicina alla comunicazione parlata e rispecchia la lingua viva e vera gi&agrave; ricercata a suo tempo dal Manzoni.

Occorre che la didattica dell&rsquo;italiano s&rsquo;apra alla considerazione della continua e incessante variabilit&agrave; della lingua e, soprattutto, delle pratiche discorsive: la continuit&agrave; tra italiano antico e moderno poggia su certe strutture dell&rsquo;oralit&agrave; e sulla presa di coscienza, anche da parte dei docenti, della mutevolezza della lingua.

Del resto la lingua ha una duplice funzione, cognitiva e comunicativa: il &ldquo;sistema&rdquo; della lingua &ndash; che ci consente la produzione di frasi-tipo &ndash; si scontra con l&rsquo;enorme variet&agrave; di testi prodotti in relazione alle diverse situazione communicative; ne consegue che, Sabatini docet, la testualit&agrave; diventa l&rsquo;altra faccia della lingua, funzionale al tipo di messaggio che si vuol comunicare e ai destinatari dei messaggi che s&rsquo;intendono trasmettere.

La lingua, cos&igrave; conclude il presidente emerito della Crusca il dialogo con Cristiana De Santis, &egrave; radice del sapere, del riflettere, del pensare: &egrave; parte inscindibile della vita, quasi suo presupposto, sua condizione irrinunciabile. Se non fossimo in grado ditradurre in suoni e in parole ci&ograve; che pensiamo e che proviamo, di certo non saremmo quello che siamo, sotto ogni aspetto, culturale, professionale e personale.

Di conseguenza, in estrema sintesi, l&rsquo;approccio didattico &ndash; per essere davvero efficace, completo e inclusivo &ndash; deve giocoforza uscire dagli schemi rigidi della grammatica prescrittiva, che impone di scindere nettamente giusto e sbagliato, per concentrarsi sulla lingua dell&rsquo;uso, concreta e multifattoriale.

La lingua italiana che accoglie e unisce: un saggio di Francesco Sabatini