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La lettura di libri illustrati e la scoperta della lingua scritta

La lettura a voce alta di libri e storie facilita nei bambini l’accesso alla lingua scritta e l’acquisizione di un linguaggio più ricco, proprio dei testi narrativi. Di Lilia Teruggi, Università degli Studi di Milano- Bicocca

di Redazione GiuntiScuola11 marzo 20199 minuti di lettura
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Durante la lettura di libri illustrati, la presenza di un adulto facilitatore, interessato a cooperare con il bambino per condividere dei significati, e di un bambino attivo nell’elaborare le informazioni, costituiscono un contesto propizio ad avviare la scoperta e la conoscenza della lingua scritta. Le esperienze di letture di albi illustrati si collegano alle successive abilità di lettura e scrittura, sia in quanto forniscono al bambino un patrimonio di conoscenze che gli rende più agevole orientarsi nel materiale scritto, sia perché richiedono l’attivazione di processi di apprendimento non dissimili da quelli che dovranno affrontare nella scolarizzazione formale. In particolare, gli studi sulla “alfabetizzazione emergente”, evidenziano come il processo di alfabetizzazione si collochi lungo un continuum evolutivo in cui le occasioni di familiarizzazione con la lingua scritta risultano un fattore fondamentale per la buona riuscita dei processi di apprendimento della lettura e della scrittura convenzionale. L’alfabetizzazione emergente, dall’inglese “ emergent literacy”, comprende quell’insieme di conoscenze, competenze e attitudini necessarie per sviluppare abilità di lettura e di scrittura, che si sviluppa progressivamente nei primi anni di vita,  in relazione con quanto offre l’ambiente, in particolare dal punto di vista delle esperienze di interazione con i testi scritti.

Consentire ai bambini di esplorare attivamente materiali scritti di diverso tipo, di avere accesso alla lettura ad alta voce in ambienti stimolanti e responsivi, di scrivere per scopi diversi senza paura di commettere errori, di anticipare il contenuto di un testo scritto utilizzando i dati di contesto, così come di partecipare a pratiche sociali di lettura e scrittura, risultano essere esperienze preparatorie per l’alfabetizzazione. Nello specifico, le competenze emergenti della lettura sono legate, non solo  allo sviluppo del linguaggio orale, ma anche alla progressiva familiarità con l’oggetto libro come contenitore di significati . Familiarità che comprende le azioni che con esso si svolgono -sfogliare, indicare, leggere, commentare-, il rapporto tra il codice iconico -le immagini- e quello non iconico – la scrittura-, alla conoscenza del linguaggio “che si scrive” (con un lessico e una sintassi diversa del linguaggio “che si parla”) e alla conoscenza delle proprietà distintive delle storie (funzione, struttura, rapporto testo-immagine, lessico, ecc.).

Grazie alla narrazione i bambini scoprono la funzione simbolica della scrittura

Una delle incidenze più significative della lettura di albi illustrati è quella relativa alla scoperta della funzione simbolica della scrittura: il confronto tra immagini e testi scritti e “letti”, accompagnati tanto da segnalazioni  ( “Qui – indicando con il dito – dice che …” ; “C’è scritto che aspettarono – indicando le parole - …e aspettarono ma il cibo non arrivava…” ) come dallo scorrere della vista dell’adulto, consentono ai bambini di capire che disegno e scrittura sono due sistemi di rappresentazioni diversi: mentre il primo, riproduce la forma degli oggetti, il secondo, rappresenta i nomi degli oggetti. Infatti, una delle prime ipotesi infantili rispetto a cosa possa rappresentare la scrittura, è l’ipotesi del nome, che consiste nel considerare che le scritte che accompagnano un’immagine contengano il nome della stessa, come una sorta di etichetta. Ad esempio, nella scritta “made in Cina” su una macchinina, Marco (3 anni) afferma che c’è scritto “macchina” oppure Marta (4 anni) sostiene che nella scritta “bagno” sulla porta della scuola dell’infanzia, sia scritto  “porta”.

Più tardi, la lettura di libri consentirà ai bambini di scoprire una legge fondamentale del sistema di scrittura alfabetico, cioè il fatto che la scrittura rappresenta la veste sonora della lingua . Vale a dire, che le parole scritte riproducano le parole “dette”. Per favorire questa scoperta i comportamenti e le verbalizzazioni dell’adulto durante la lettura, come sfogliare una a una le pagine, scorrere il dito sul testo che man mano viene letto, rileggere alcuni passaggi, utilizzare espressioni specifiche come, “qui c’è scritto, qui dice, ho letto”, risultano di particolare importanza. Questa scoperta sosterrà l’interesse dei bambini per le lettere: dall’osservazione dei diversi grafemi, al riconoscimento di quelli conosciuti (magari perché appartenenti al proprio nome), fino alla richiesta dei loro suoni e ai tentativi di riproduzione.

La scoperta dei testi narrativi

Un’altra scoperta assai importante per il futuro lettore e scrittore, è quella relativa alla dimensione testuale. La frequentazione con le storie illustrate attraverso la mediazione della lettura dell’adulto promuove implicitamente la progressiva consapevolezza di alcune proprietà distintive di questo genere discorsivo. Innanzitutto, l’organizzazione del testo narrativo: la presenza di un’ambientazione, di un evento iniziale o problema, dei tentativi di soluzione e di una conclusione, generalmente a lieto fine. Già a 4 anni i bambini padroneggiano la struttura essenziale della storia, utilizzando nelle loro produzioni orali le componenti principali, come si può cogliere dalla storia “Filippo e le farfalle” raccontata da Giulia, 5 anni, ad una compagna di 3 anni:

“Filippo stava costruendo un retino e gli è venuta una bella idea, prense un bastone e lo mette e ha fatto il retino e si mettò in camminare. Allora Filippo voleva acchiappare un po’ di farfalle e si è nascosto perché ha visto due belle farfalline e allora le voleva prendere, prese una bella rincorsa e ualà però non le ha prese, allora si arrabbiò un pochino e ha provato di nuovo a prenderle, ma non ci riusciva e si finò dentro lui e cadò per terra e si alzò e guardò il retino, era tutto rotto. Allora si mise a piangere e gli faceva male un po’ il braccino e ha visto tre belle farfalline, si sdraiò e ne arrivarono tantissime e visse felice e contenti”.

Dall’analisi del racconto di Giulia emergono tutti gli elementi della narrazione: l’ambientazione (Federico stava costruendo un retino), l’evento iniziale (gli è venuta una bella idea, quella di prendere le farfalle), i diversi tentativi di soluzione (le azioni svolte dal protagonista per catturarle) e la conclusione con lieto fine (l’apparente sconfitta: la rottura del retino, il pianto e l’avvicinamento delle farfalle). Un’altra proprietà testuale presente in questo racconto riguarda l’uso di un lessico caratteristico delle storie . In primo luogo, i verbi al passato remoto: sebbene in alcuni casi risultino “errati”, è chiaro il tentativo della bambina di regolarizzare i verbi irregolari prendere=prense, mettere=mettò, finire=finò e cadere=cadò. Questi tentativi denotano sia la capacità di “operare” con la lingua, iper-regolarizzando ciò che è irregolare, sia la consapevolezza dell’uso di certe forme verbali nella narrazione di storie. Inoltre, sono presenti espressioni dialogate, come “ualà” e la formula fissa di chiusura: “visse felice e contenti”.

Dall’uso di queste convenzioni lessico grammaticali proprie dello scritto, si osserva che per Giulia quando si racconta si “dice diverso” da quando “si parla”. Infatti, lingua scritta e lingua parlata non costituiscono certamente l’una la trascrizione dell’altra, ma si caratterizzano per leggi e criteri funzionali peculiari e costituiscono sistemi di rappresentazione autonomi. Tuttavia, la linea di demarcazione non è rigida e le storie sono una situazione intermedia poiché in esse sono presenti tutte due le modalità.

Per saperne di più

“Le storie sono un’ancora” è il titolo di un progetto, che viene condotto da quattro anni a Milano e ora anche di un libro che lo racconta (Favaro, Negri, Teruggi, Le storie sono un’ancora , Franco Angeli, Milano 2018). Il progetto di narrazione che si rivolge in particolare ai bambini figli di migranti che vivono spesso una condizione di “vuoto narrativo” e di minore disponibilità di storie. Viene condotto nelle scuole e negli spazi educativi fortemente multiculturali e coinvolge insegnanti, educatori, mamme straniere e molti studenti universitari con il ruolo di narratori e volontari.

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