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La Grammatica valenziale a scuola

La Grammatica valenziale: un modello inclusivo e sfidante per “fare” grammatica a scuola

di Alan Pona12 settembre 20221 minuto di lettura
La Grammatica valenziale a scuola | Giunti Scuola

Il modello della Grammatica valenziale è ampiamente accettato dalla comunità scientifica e si sta rivelando uno strumento molto utile per la pedagogia linguistica nelle classi plurali e/o con bisogni educativi speciali, anche grazie alle numerose metafore proposte da Lucien Tesnière per l’insegnamento (per esempio frasi come «dramma in miniatura» e «sistema solare») e agli strumenti facilitatori introdotti da Francesco Sabatini (come i grafici radiali e la codificazione cromatica).

 

Il verbo generatore di frasi

Il modello della Grammatica valenziale (GV) – la cui nascita è associata all’uscita di Éléments de syntaxe structurale di Lucien Tesnière (1959) – è stato introdotto in Italia negli anni Settanta da Germano Proverbio, per la didattica del latino, e da Francesco Sabatini, per la didattica dell’italiano.

Secondo il modello della GV, la frase è generata dal verbo, che evoca una scena e attrae elementi intorno a sé.

Ogni verbo seleziona, in base alla propria valenza, da 0 a 4 argomenti della frase, strutturando così frasi nucleari diverse. In base alla valenza si ha, quindi, la seguente classificazione dei verbi:

  • verbi zerovalenti (per esempio “piovere” nella frase nucleare “Piove”);
  • verbi monovalenti (per esempio “sorridere” nella frase nucleare “Irma sorride”);
  • verbi bivalenti (per esempio “abbracciare” nella frase nucleare “Marco abbraccia Guido” oppure “arrivare” in “Il treno arriva a Bergamo”);
  • verbi trivalenti (per esempio “dare” nella frase nucleare “Francesca dà un fiore a Chiara” oppure “andare” nell’accezione di ‘coprire un tragitto’, in “Il treno va da Milano a Roma);
  • verbi tetravalenti (per esempio “tradurre” nella frase nucleare “Marta traduce una versione dal latino all’italiano”).

Le cinque valenze verbali possono realizzare fino a sette configurazioni strutturali possibili, rappresentabili attraverso alcuni schemi grafici a struttura radiale (vedi figura), così come proposti da Francesco Sabatini.

Image | Giunti Scuola

La Grammatica valenziale e le Indicazioni nazionali per il curricolo

Pur richiamando l’autonomia del docente nella scelta del «modello grammaticale di riferimento che gli sembra più adeguato ed efficace», le Indicazioni nazionali fanno espliciti riferimenti alla terminologia e al modello della GV. «Riconoscere se una frase è o no completa, costituita cioè dagli elementi essenziali (soggetto, verbo, complementi necessari)» è, infatti, uno degli Obiettivi di apprendimento al termine della classe terza della scuola primaria, per quanto concerne gli Elementi di grammatica esplicita e riflessione sugli usi della lingua.

La completezza di una frase e il fatto che alcuni elementi della stessa siano necessari ed essenziali sono aspetti fondanti della GV, che non fanno parte delle prassi tradizionali di analisi della frase.

Altri riferimenti alla GV si trovano negli Obiettivi d’apprendimento al termine della classe quinta della scuola primaria: «Riconoscere la struttura del nucleo della frase semplice (la cosiddetta frase minima): predicato, soggetto, altri elementi richiesti dal verbo».

Il concetto di nucleo della frase semplice richiama apertamente il modello valenziale, secondo il quale il nucleo della frase semplice è costituito dal verbo e da tutti i suoi argomenti, cioè dagli elementi richiesti dal verbo stesso.

 

Alcune indicazioni utili per fare Grammatica valenziale a scuola

Occorre evitare di trasformare questo efficace modello nell’ennesima “folla” di etichette da memorizzare o ancora in attività che non valorizzano l’esercizio dell’intelligenza. Per questo, qui di seguito, proviamo a fornire tre indicazioni da seguire:

  1. Lentezza e rispetto dei tempi (distesi) di apprendimento. Un buon curricolo di educazione linguistica per la scuola primaria rispetta le caratteristiche cognitive di bambine e bambini. Nella scuola primaria si può ragionevolmente mettere al centro la frase nucleare. Per esempio, attraverso lo stimolo di diversi canali d’apprendimento, si può iniziare a focalizzare l’attenzione delle classi sulle frasi, a partire dai primi anni della scuola primaria (con verbi della comunicazione di base monovalenti e bivalenti con oggetto diretto) e gradualmente “complessificare” l’oggetto di osservazione (con verbi bivalenti con oggetto indiretto, con verbi zerovalenti, con verbi trivalenti, con verbi tetravalenti). Si può, infine, nelle classi quinte, concludere il percorso sulla frase, prevedendo solo brevi anticipazioni sulle aree funzionali oltre la frase nucleare con attività euristiche di scoperta.
  2. Etichette solo quando necessarie. Non introduciamo etichette se non necessarie. Iniziamo con parole a misura di bambina e bambino (per esempio «il soggetto e il verbo vanno sempre d’accordo; il verbo vuole delle amiche e degli amici intorno a sé»).
  3. Alcune attività sono sfidanti cognitivamente anche per persone adulte. Riconoscere la valenza di un verbo o costruire in modo astratto frasi nucleari a partire da un verbo può essere complesso. È l’insegnante che fornisce frasi e chiede alle classi di osservarle e rappresentarle smontandole nei pezzi costitutivi oppure fornisce grafici vuoti e chiede alla classe, attraverso anche stimoli iconici, di formare delle frasi da inserire nei grafici.
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