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Intelligenza matematica

Come (non) aiutare i bambini: ne parliamo con Cesare Cornoldi, Università di Padova

di Chiara Tacconi12 febbraio 20215 minuti di lettura
Intelligenza matematica | Giunti Scuola

Cesare Cornoldi è uno dei massimi esperti sui temi delle difficoltà e dei disturbi dell’apprendimento. Psicologo, presidente AIRIPA, è stato professore ordinario di Psicologia generale e direttore del Master in Psicopatologia dell’apprendimento, del Servizio per i Disturbi dell’Apprendimento e del laboratorio Lab.D.A.
Coordina il comitato direttivo della rivista Psicologia e Scuola.
All’attività accademica affianca da sempre quella di formazione e divulgazione, sia per insegnanti che per genitori e famiglie.


1. Al di là dei luoghi comuni, ci sono persone “portate” o “negate” per la matematica?

È difficile pensare a un’abilità matematica unica, perché sono molti i processi coinvolti. Sono differenti gli aspetti messi in gioco anche nel bambino piccolo, ma è indubbio che le sollecitazioni maggiori per un alunno che inizia la scuola primaria riguardano numero e calcolo, ambito per il quale spesso si parla di intelligenza numerica. Se facciamo riferimento a questa particolare componente dell’abilità matematica, si può pensare che effettivamente ci siano bambini più portati e altri meno portati.
Meglio però non enfatizzare questo aspetto perché fonte di equivoci. Bisogna infatti tenere conto che:
• i normali apprendimenti di numero e calcolo proposti dalla scuola sono potenzialmente di notevole semplicità, per cui tutti i bambini, che non abbiano un disturbo specifico, dovrebbero poterci arrivare senza grande fatica;
• se i bambini non raggiungono gli obiettivi, agiscono a questo punto molto più i fattori motivazionali e metacognitivi che quelli di abilità;
• molto importante è l’esperienza e, quindi, critici sono i ruoli di scuola e famiglia.

Dunque, un’abilità numerica esiste, ma pesa marginalmente sul successo nell’apprendimento, mentre può evidenziare il suo ruolo in particolari condizioni (rapidità di apprendimento e di esecuzione, compiti nuovi o complessi).


2. In che modo avvicinare i bambini alla matematica?

Il mio punto di vista è in un certo senso paradossale.

Penso infatti che non si debbano avvicinare i bambini alla matematica, ma si debba evitare di allontanarli.
Sappiamo che i bambini posseggono un’innata intelligenza matematica e, in particolare, un innato interesse per le quantità. Si tratta in primo luogo di sfruttare queste predisposizioni e valorizzarle, traducendole in situazioni matematiche vere e proprie. Poi occorrerà individuare eventuali fattori di disaffezione e controllarli.
Nei miei lavori ho dato molta importanza alla metacognizione che aiuta a rendersi conto del lavoro della propria mente e degli stati d’animo che possono indurre un’antipatia per la matematica. Credo che la metacognizione conti molto nel bambino, ma che essa sia influenzata anche dalle metacognizioni di genitori e insegnanti. Ecco, per esempio, perché l’idea che esista un’abilità matematica (e che essa sia una manifestazione dell’intelligenza) è pericolosa: essa, infatti, fatta propria da genitori e insegnanti, anche per predire e spiegare l’insuccesso in matematica, in acquisizioni che invece sono perfettamente alla portata dell’alunno, può essere alla base di ansie, paure e fughe dalla matematica.


3. L’insegnante incontra bambini con difficoltà, disabilità o ad alto potenziale. Come rendere la matematica inclusiva?

Ci sono casi particolari in cui l’apprendimento di aspetti della matematica può costituire un problema. In particolare, si tratta di bambini con disabilità intellettiva o con un disturbo specifico dell’apprendimento matematico.
Per i primi suggerisco la possibilità di raggiungere gli stessi obiettivi, operando una semplificazione nelle richieste e nelle attività, per esempio concretizzando le situazioni matematiche più astratte.
Per i secondi bisognerà poi fare ricorso a tutto il bagaglio di suggerimenti e di misure compensative/dispensative previste per i DSA.


4. Quali consigli ai genitori per sostenere un percorso di familiarizzazione con la matematica?

Come anticipavo, ritengo che il primo compito di insegnanti e genitori di bambini che si affacciano all’insegnamento strutturato della matematica sia quello di non fare danni, valorizzando la motivazione, agendo maieuticamente sulle conoscenze preesistenti, evitando di trasmettere idee metacognitive fuorvianti.
Una bella ricerca italiana, che ha fatto il giro del mondo, ha mostrato l’influsso pernicioso delle mamme che sono convinte che le donne riescano meno bene in matematica degli uomini: le loro figlie, a parità di abilità, riescono meno bene e desistono prima di fronte a un insuccesso.
Proprio perché sono convinto che tutti i bambini potenzialmente non solo amano la matematica, ma anche sono predisposti a sviluppare le loro intuizioni e ad apprendere concetti matematici nuovi, mi sono impegnato nel costruire situazioni che possono essere avviate dai genitori e poi essere più sistematicamente sviluppate dagli insegnanti già durante la scuola per l’infanzia.
Se i bambini arrivano alla primaria ben predisposti emotivamente e preparati a sviluppare le basi della matematica, forse eviteremo le disaffezioni successive.

PER SAPERNE DI PIù

Cornoldi, C. (2020). Mi preparo in matematica per la scuola primaria. Firenze: Giunti EDU.

Image | Giunti Scuola
Scuola dell'infanzia

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