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Imparare dagli errori

L’insegnante che considera l’errore come “porta” della conoscenza favorisce un clima sereno in classe e la piena attivazione delle potenzialità dei bambini

di Clotilde Iadeluca10 dicembre 202011 minuti di lettura
Imparare dagli errori | Giunti Scuola

«Nessuno può evitare di fare errori; la cosa più grande è imparare da essi»
K. Popper

Molti di noi, pensando all’errore, sicuramente ricordano un quaderno su cui spiccavano dei segni tracciati a matita rossa, un’immagine a cui si associa una sensazione di disagio perché sembrava quasi che quei segni ti guardassero negli occhi e ti manifestassero il disappunto per un apprendimento mancato, per uno studio elaborato in maniera inadeguata. 
Anche oggi l’errore è vissuto in modo negativo, se l’obiettivo è il raggiungimento di una competenza; l’insegnante, avendo come riferimento la griglia di valutazione proposta dalla scuola, considera inadeguata una prestazione al di sotto del livello ritenuto idoneo.


La semplice correzione dell’errore

In quest’ottica, quando la risposta è carente, viene attivato un percorso didattico finalizzato alla correzione dell’errore, attraverso esercizi di recupero.
Se l’errore compare di nuovo può accadere che l’alunno si senta colpevolizzato, anche solo per un atteggiamento che percepisce di disapprovazione, per cui la sua attenzione si focalizza non verso l’errore in sé ma verso il tentativo di evitare l’errore stesso. Nel tempo, in alunni fragili, questo meccanismo può suscitare frustrazione e senso di insicurezza.

La tolleranza dell’errore
Al contrario, l’insegnante può dimostrare una certa tolleranza all’errore, disponibilità ad accettarlo e ad “alleggerire” il peso delle sue conseguenze; indubbiamente questa situazione educativa favorisce nel bambino un comportamento più spontaneo e rilassato e la possibilità di attivare senza pressioni o paure le proprie potenzialità e spesso anche i propri limiti. Tuttavia, in questa prospettiva, se il potenziamento viene lasciato alla maturazione spontanea, viene limitata la possibilità di comprendere a fondo l’esperienza dell’errore e rimangono in ombra quelle strategie che gli potrebbero permettere una conoscenza più ampia dei propri punti di forza, evitando successivi possibili insuccessi. In pratica, non viene sfruttata l’opportunità che il contesto classe può offrire.

La ricerca di ipotesi 
La terza via è un’azione didattica centrata sulla ricerca di ipotesi, un eventuale laboratorio in cui analizzare l’attività realizzata per far emergere i processi che sono stati attivati e dare “ali al pensiero” attraverso spunti di riflessione e ampliando il proprio punto di vista.
In questa prospettiva l’errore è ammesso ma viene individuato, connotato e discusso all’interno del gruppo per confrontarsi e imparare a utilizzare le strategie di controllo di tipo metacognitivo, in un processo di graduale comprensione e di formulazione di proposte in linea con le difficoltà individuate.

L’errore diventa in questo modo una tappa lungo un percorso e la correzione coinvolge la percezione di se stessi capaci di elaborare proposte per superare le difficoltà. Ecco che gradualmente scompare il senso di colpa, il disagio che deriva dalla preoccupazione di sbagliare; il bambino si percepisce competente e assume un ruolo attivo nella costruzione delle proprie conoscenze, guidato dall’insegnante che lo affianca in questo percorso di crescita. Un cartello realizzato dai bambini della mia classe esprime questa consapevolezza: «Chi sbaglia non è sbagliato, l’errore ci è amico».
Scrive Pietro: «Per superare l’errore bisogna confrontare le nostre idee e così troviamo la chiave che ci fa uscire dal labirinto dell’errore: la strategia!» (Figura 1).


Quando l’errore è in agguato...

In terza elementare, interrogata in geografia, mentre descrivevo un territorio ne citai le “coste alte e frastagliate”; la mia maestra mi chiese allora di descriverle: ingarbugliai una risposta senza senso, che fece ridere tutti... in realtà non avevo mai visto delle coste alte e frastagliate, non avevo idea di che cosa fossero.
Un bambino che ha avuto la possibilità di conoscere più ambienti diversi arricchisce con le sue osservazioni la nuova conoscenza; a me quei termini “alte e frastagliate” non richiamavano alcuna esperienza diretta e rimanevano un’informazione isolata, semplicemente memorizzata, di cui non ero in grado di spiegare il significato.
Quindi ogni errore ha una sua storia, un motivo per cui emerge, non è soltanto quello che l’insegnante osserva in quel momento, ma ha alle spalle esperienze realizzate oppure non realizzate nel passato.

L’importanza delle conoscenze precedenti
Soprattutto nella scuola primaria l’apprendimento non è un accumulo di notizie da associare tra loro, ma è organizzazione del pensiero; le conoscenze precedenti sono necessarie per acquisire correttamente quelle nuove e per porre basi per quelle che verranno: sono i “mattoncini” delle nuove conoscenze. Se ci sono errori alla base, anche le informazioni che si aggiungono formeranno una sequenza di errori nella rete delle proprie conoscenze.
Molto illuminante a questo proposito la metafora di Bruner (1990): insegnare qualcosa ai ragazzi senza verificare le conoscenze precedenti è come appendere un cappotto senza prima vedere se ci sono dei ganci liberi. Se non ci sono ganci liberi, o se ci sono troppi cappotti sullo stesso gancio, l’indumento che cerchiamo di appendere cadrà a terra. Può accadere che nella mente il gancio per attaccare l’informazione manchi: allora viene fuori l’errore.

L’errore è una tappa necessaria in un percorso di crescita in cui ricostruire le proprie conoscenze

È importante sviluppare quei prerequisiti indispensabili a collegare i contenuti dei nuovi apprendimenti, facendo precedere la lezione dall’accertamento di quanto si conosce sull’argomento, con ipotesi, curiosità, disegni e con eventuali ganci visivi costruiti insieme ai ragazzi, come la mappa della Figura 2 sul testo narrativo che è servita per renderne chiare le componenti.
Nessun errore è uguale all’interno di un gruppo classe; lo stesso errore può avere origini e motivazioni diverse.
È chiaro che ognuno deve trovare le strategie per comprendere il motivo del proprio errore e deve fare ipotesi per trovare le parti di un puzzle in cui inizialmente tutto è confuso; occorre trovare i punti di riferimento e partire secondo una logica non casuale. Errori commessi per distrazione, per esempio, sono diversi da quelli che sfuggono perché assorbiti dalla stesura di un testo; in quel caso affiorano perché si presta maggiore attenzione al contenuto che non alla correttezza di quello che si scrive.

Prodotto o processo?
L’apprendimento è un processo di crescita delle conoscenze che si attiva attraverso la riorganizzazione e la trasformazione di risposte non corrette da parte del bambino. La valutazione fa parte di ogni percorso formativo; è importante che la chiave di lettura non sia l’errore in sé ma il processo che porta il bambino a sbagliare.
Come realizzare una valutazione che offra veramente indicazioni di un apprendimento significativo e non una semplice memorizzazione? Come rendere la valutazione scolastica efficace, in modo che concorra al miglioramento dell’apprendimento?
Si è affermato più volte che l’attenzione del docente deve spostarsi dal prodotto al processo, per guidare il bambino a divenire consapevole del differente cammino cognitivo che di volta in volta utilizza e delle strategie più utili per superare le incertezze del percorso scolastico.
L’insegnante non può limitarsi a osservare e valutare il risultato, ossia il prodotto finale dell’apprendimento, individuando i vari tipi di errori che emergono, come avviene a ogni appuntamento nell’anno scolastico per la valutazione sommativa. È importante rilevare in itinere l’articolato processo del percorso su cui è avviato il bambino, capire come ha affrontato i vari passaggi e quale tipo di ragionamento ha fatto sbocciare l’errore nel quaderno o nella mente dei nostri alunni, per essere in grado di rinforzare il processo quando occorre.
La forza e l’efficacia della didattica risiedono infatti nella possibilità di avere informazioni sul processo di apprendimento di tutti gli alunni e di metterlo in relazione a un intervento adeguato e tempestivo.


“Tutti uniti siamo forti”

Oltre alla potenzialità positiva dell’errore, che permette di sottoporre a “critica” una conoscenza per migliorarla, ci sono molti aspetti su cui si potrebbe discutere e attività didattiche che sarebbe utile progettare e avviare; soprattutto andrebbe messa in evidenza la riflessione sul coinvolgimento emozionale e il senso di inadeguatezza che accompagnano il percorso scolastico dei bambini di scuola primaria, che risultano più marcati nelle aree in cui si manifestano le difficoltà maggiori.
Secondo Vygotskij (2007) è proprio l’informazione scambiata con il gruppo dei pari durante l’interazione che modella il cambiamento in positivo e motiva la co-costruzione delle idee durante l’interscambio, da cui è possibile ricavare regole che possono essere generalizzate e trasferite in contesti nuovi e diversi. Ne sono convinti anche i miei alunni:

«Il confronto con i compagni serve ad arricchirti e anche ad arricchire i tuoi compagni con le tue scoperte. Come in un campo di fiori, c’è chi sboccia prima e chi sboccia dopo».

In questa prospettiva l’errore non è visto come un apprendimento mancato o una competenza carente, ma come una tappa necessaria in un percorso di crescita in cui ognuno ristruttura le proprie conoscenze attraverso un processo di condivisione e le ricostruisce anche in modo autonomo e personale, secondo i propri livelli e i propri punti di forza. Questa ricchezza del gruppo può essere utilizzata nella didattica inclusiva come motore della conoscenza, ma anche come possibilità per gli alunni di tenere distanti emozioni intrusive e svalutanti in favore di un percorso attivo e orientato a migliorare il proprio processo cognitivo, grazie al confronto e all’apporto delle “scoperte” che puoi condividere.
Il grande Gianni Rodari ci ha proposto di giocare con l’errore per equilibrare il valore negativo che in genere gli viene attribuito.
Questo non per eliminare le imprecisioni, ma per spiegare ai bambini che gli errori capitano e talvolta possono essere divertenti:

«Gli errori sono necessari, utili come il pane e spesso anche belli: per esempio la torre di Pisa».

Image | Giunti Scuola


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
  • Bruner J. (1990), Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, Armando, Roma.
  • Cornoldi C. (1995), Metacognizione e apprendimento, il Mulino, Bologna.
  • Domenis L.C. (2005), Un errore utile, Erickson, Trento.
  • Goleman D. (1997), Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano.
  • Greenstein L. (2017), La valutazione formativa, UTET, Torino.
  • Pinto G. (2017), Apprendimento cooperativo. Relazioni e apprendimento in classe, Psicologia e scuola, monografie, n.s. 37, 52, Giunti, Firenze.
  • Vygotskij L.S. (2007), Pensiero e linguaggio, Giunti, Firenze.