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Per fare i conti con la tristezza
Conoscere per prevenire il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo

La tristezza nei bambini
C'è sempre un po’ di difficoltà a pensare che i bambini possano essere tristi. Li immaginiamo come al riparo da questa emozione perché dotati di anticorpi naturali quando invece non è così. Infinite possono essere le situazioni quotidiane che accompagnano l’emozione della tristezza, che possono riguardare le relazioni con i genitori a casa, le offese dei compagni, a scuola o durante il gioco. La tristezza è spesso legata alle perdite o alle separazioni non “gravi”, come possono essere la sottrazione di un oggetto o la perdita in un gioco, l’esclusione da un gruppo, la presa in giro di un compagno o un/a amico/a che trascura. Il problema è come accorgersene. Perché, in effetti, la loro tristezza non è facile da percepire, dato che non ne parlano mai apertamente, non la confidano e anche perché hanno difficoltà a “tradurre in parola” ciò che sentono. Nelle situazioni di bullismo in cui subiscono prepotenze o vengono offesi con derisioni, quando si sentono minacciati e provano quella dolente sensazione di esclusione da un gioco o dall’attenzione degli amici e se vengono rifiutati, di solito i bambini mostrano la tristezza in modo particolare. Diventano aggressivi o iperattivi, oppure apatici e disinteressati alle attività abituali, o dormono e mangiano più del necessario e, anche se non piangono, si isolano o parlano e interagiscono poco con gli altri. Gli adulti, quando si accorgono della loro tristezza, tendono subito a consolarli o a ridimensionare quell’emozione così difficile da accettare. Provano a sdrammatizzare, e lo fanno perché temono che la tristezza possa diventare estesa e difficile da gestire. Vorrebbero vederli sempre sorridenti e felici, quindi cercano di farli ridere sviando l’attenzione su altre cose, o ancor peggio, dicendo frasi inutili o controproducenti come: “Su non piangere!” o “Non è niente di grave”. Invece la tristezza non va negata, né superata in fretta, men che meno sminuita. Questo potrebbe portare i bambini a sentirsi incompresi o colpevoli di non essere felici. La tristezza, come tutte le emozioni, è utile e va accolta perché deve essere elaborata e serve per affrontare e superare il dolore.
Riflettere sulla tristezza con i bambini
Leggiamo ai bambini la storia di Sofia.
La tristezza di Sofia
A scuola la pausa è finita da un pezzo, ma Sofia se ne sta nascosta in un angolo del giardino. Ha la testa dentro la sua piccola corazza e non ne vuol sapere di uscire!
È proprio triste! Nessuno la vede, ma dagli occhi le scendono caldi lacrimoni e tutto il mondo le appare nero, più nero del carbone.
Cos’è successo? Vi ricordate i compagni bulletti che la prendono sempre in giro? Proprio quelli, questa mattina le hanno nascosto, non si sa dove, il quaderno dei compiti.
Sofia era sicura di averlo portato, ma quando la maestra le ha chiesto di mostrarglielo, lei non lo aveva!
In fondo alla classe, intanto, il gruppetto se la rideva, e lei rossa rossa fino al collo cercava quel suo quaderno che non c’era! Ha vuotato più volte il suo piccolo zaino, ma niente. Del quaderno neanche l’ombra. La maestra infuriata, guardandola severa, l’ha sgridata davanti a tutta la classe facendole fare proprio una brutta figura!
Che amarezza non potersi difendere… e, soprattutto, che tristezza sentirsi non creduti!
Silenziosa e sconfitta, Sofia non sa con chi parlare e a chi raccontare la sua disperazione.
Come farà a tornare a casa? Cosa dirà la mamma al sapere che maestra tartaruga l’ha sgridata in quel modo?
Sotto la grande quercia Sofia piange e trema senza che nessuno veda la sua sconfinata tristezza.
[Finale] Ma forse no. Non si accorge subito che qualcuno è arrivato piano piano a cercarla.
È Patty, la sua cara amica che la conosce bene e sa dove trovarla nei momenti difficili.
Patty si avvicina e dolcemente le dice:
“Sofy non essere triste. Io ti credo e penso che quei quattro ti abbiano fatto uno scherzo. Non preoccuparti quando la scuola finisce e tutti sono via andremo a cercare il tuo quaderno dove nessuno ha provato e vedrai che lo troveremo!”.
È a quel punto che la testolina di Sofia fa capolino con gli occhi ancora umidi dalle lacrime, e lei, incredula, si fa abbracciare e stringere dalla sua amica!
Fa bene sentire le zampine di Patty che la accarezzano e sapere che la sua amica le crede!
Attività con la storia
- Dopo la lettura, chiediamo ai bambini di disegnare la parte della storia che hanno percepito come più triste.
- Possiamo invitarli a riscrivere il finale (indicato nel testo); può essere fatto in modo collettivo, a gruppi o individualmente.
- Chiediamo in quale parte del corpo si può sentire la tristezza, poi domandiamo come è il viso di un bambino triste e come si muove quando cammina. Sperimentiamolo tutti insieme camminando nell’aula con espressioni tristi sul viso; poi possiamo anche invitarli a recitare delle brevi scenette in cui rappresentare situazioni tristi.
- Se l’età e il gruppo lo permettono, domandiamo a ciascuno di raccontare quando a scuola si ci sente tristi.
Proseguiamo il lavoro sulla tristezza con la filastrocca di Serafino.
Quanto è triste Serafino!
Serafino è molto triste piange tanto e non resiste. Se si sveglia a notte fonda lui si alza e vagabonda. Quando cade sai di botto sente il becco un poco rotto e non sa che cosa fare ma neppure chi chiamare.
Serafino è molto triste piange tanto e non resiste. Ha sognato un gatto grosso che lo offende a più non posso e gli dice “Brutto mostro!” poi lo sporca con l’inchiostro lo rincorre nel pollaio lo spaventa ed è un guaio perché sveglia tutti quanti che poi urlano e son tanti!
Serafino è molto triste piange tanto e non resiste. Lui a scuola non sta bene quando pensa alle sue pene a chi lo prende in giro e lo tiene sotto tiro. Quanto è brutta la faccenda se gli ruban la merenda, ma non parla con nessuno perché è triste e sta a digiuno. Piange tanto Serafino giorno e notte sul cuscino.
Serafino è molto triste piange tanto e non resiste. L’amarezza è proprio tanta ma c’è un gallo che lo incanta e al risveglio quel galletto che sai canta sopra il tetto lui va pazzo ad ascoltare e si lascia anche abbracciare si fa dar tante carezze con cui fugge le tristezze.
Serafino non è più triste, Con gli amici lui resiste! Gioca canta e va di gioia ride salta e non si annoia!
Attività con la filastrocca
- Leggiamo la filastrocca con la drammaturgia (voce e mimica) adeguata all’emozione della tristezza, per far emergere i momenti in cui gli allievi possono sentirsi soli e tristi perché presi in giro.
- Invitiamo i bambini a ripetere in coro il “ritornello” della filastrocca.
- Dopo aver letto più volte la filastrocca, chiediamo loro di mimare con il corpo ogni strofa. Per esempio, per la prima “scena” possiamo invitarli a muoversi come un sonnambulo che cammina nel buio e inciampa, cade, sente dolore e solitudine.
- Possiamo in alternativa prevedere di affidare ogni strofa a un paio di bambini, con il compito di mimare – e quindi senza usare le parole – quello che viene raccontato.
- Proponiamo ai bambini la lettura della filastrocca mentre tutti sono in cerchio e si guardano. Chiediamo loro di mimare la tristezza con il viso, con gli occhi e lo sguardo.
- È possibile anche chiedere a un volontario di andare al centro del cerchio per mimare ogni strofa che leggiamo, mentre i compagni e le compagne devono rifare gli stessi suoi gesti.
- Proponiamo una “passeggiata delle emozioni”, suggerendo di immaginare di camminare per la strada o nel parco con paura, rabbia, vergogna e tristezza.
- Possiamo anche aggiungere, come “proposta empatica”, di muoversi nella stanza in fila indiana. Il/La bambino/a in cima alla fila cammina mostrando con i movimenti e la postura del corpo le 4 emozioni (secondo le indicazioni che diamo noi) e gli altri dietro devono imitarle.
La tristezza a scuola
A scuola la tristezza fatica a essere riconosciuta e anche accettata. Spesso le ragioni per cui i bambini sono tristi e manifestano tale emozione apertamente, come abbiamo visto, sono legate alla perdita di qualcosa di molto caro, per esempio se perdono il peluche preferito o lo dimenticano da qualche parte, se l’animale di casa sta male o se muore. Ma si sentono molto tristi e soli anche se un compagno o un’amica non li salutano, li offendono o li prendono in giro. Di certo, i bulli, che in gruppo escludono un compagno, fanno sentire i bambini soli e tristi e fanno provare un senso di abbandono.
Abbiamo il compito di accogliere la tristezza del bambino e di consolarlo, ma allo stesso tempo di evitare che il nostro intervento possa distrarlo dalle sue emozioni e sminuire i suoi sentimenti tentando di farlo ridere. Importante è invece stare con lui nella tristezza, fargli sentire la vicinanza dell’adulto che condivide il dolore.
Attività per la tristezza e per l’ascolto empatico
- Guardiamo insieme la piccola sequenza del film Inside out che affronta la tristezza e l’ascolto empatico (https://www.youtube.com/watch?v=t-asXorVstM).
- Come prassi quotidiana, è consigliabile il rituale mattutino del circle time.
- Riflettiamo su quale forma e colore potrebbe avere la tristezza e chiediamo agli allievi di rappresentarla con un disegno.
- Domandiamo con quali parole si potrebbe raccontare la tristezza.
- Chiediamo con quali suoni si emette la tristezza e poi invitiamoli a usare suoni diversi pensando alle possibili variazioni della tristezza (molto, poco, lievemente o profondamente triste) e a come possono essere espressi con i suoni e le intonazioni (alti o bassi, profondi o lievi…).
- Realizziamo una “Storia-Patchwork”. Proviamo a costruire una storia con un personaggio che si chiama Tristezza. Facciamo prima descriverne l’aspetto, i suoi gusti, le cose che fa, i suoi interessi e le sue preferenze, e chiediamo ai bambini di fargli fare un’esperienza di tristezza a scuola, a casa, con i compagni in giardino ecc. Possiamo creare questa storia tutti insieme o dividerla in tante parti quanti possono essere i gruppi in cui dividere la classe e affidarne una a ogni gruppo. Poi uniremo i vari pezzi di storia. Alla fine, invitiamo tutti a disegnare la storia costruita insieme e a raccontarla.
- Creiamo le scatole della tristezza e del sorriso. Prendiamo due scatole, su una scriviamo TRISTEZZA e sull’altra SORRISO. Invitiamo i bambini a scrivere, in modo anonimo e senza farlo vedere a nessuno, su un bigliettino cosa li rende tristi e su un altro cosa li fa sorridere e stare bene; poi chiediamo di inserirli nelle rispettive scatole. A turno, ogni allievo pesca nella scatola della tristezza e interpreta con la mimica e i gesti la tristezza descritta nel foglietto. Successivamente pescherà nella scatola dei sorrisi e procederà nello stesso modo.
Per approfondire
- Maiolo, G. (2019). Mio figlio tra bullismo e cyberbullismo. Vittima, bullo o complice? Firenze: Giunti EDU.
Il volume aiuta le famiglie a orientarsi nella complessità dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo, ad affrontare le problematiche connesse e a sostenere il proprio figlio che ne sia vittima e/o a intervenire in modo adeguato qualora sia bullo o complice.
È suddiviso in tre sezioni:
- CONOSCERE, descrive con taglio divulgativo le caratteristiche dei fenomeni;
- CAPIRE, inquadra le situazioni problematiche vissute dai ragazzi coinvolti in tali dinamiche e aiuta le famiglie a comprenderle alla luce delle conoscenze acquisite;
- INTERVENIRE, fornisce suggerimenti e indicazioni operative su come e cosa fare per aiutarli, spiegando come sostenerli e come intervenire, se e quando rivolgersi alle autorità e chiedere il sostegno degli specialisti.