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Emozione e cognizione a scuola

Promuovere nei bambini la consapevolezza e la gestione emotiva in contesti multipli

di Daniele Fedeli20 maggio 20221 minuto di lettura
Emozione e cognizione a scuola | Giunti Scuola

Apartire dai primi anni Novanta dello scorso secolo, con gli studi sul costrutto dell’intelligenza emotiva, è stato riconosciuto il ruolo centrale delle emozioni non solamente per il benessere psicologico e sociale della persona, ma anche per l’apprendimento, l’attività sportiva, ecc. (Salovey & Mayer, 1990).

 

Emozione e cognizione

Grazie alle ricerche di studiosi come Antonio Damasio o Joseph LeDoux, è emerso chiaramente che le emozioni svolgono un ruolo fondamentale nel supportare e indirizzare processi cognitivi, come l’attenzione e la memoria: un umore felice facilita nel bambino il recupero delle tracce mnestiche e favorisce la creatività (ad esempio, nel raccontare una storia); uno stato di lieve ansia aumenta la concentrazione sul compito (come avviene quando è necessario terminare un disegno e si avvertono i primi segni di stanchezza); la rabbia motiva ad impegnarsi maggiormente nel tentativo di raggiungere i propri obiettivi personali (come capita talvolta nei giochi di gruppo), ecc. Potremmo affermare che non esiste emozione che non abbia un preciso impatto sui processi di apprendimento scolastico.
L’errore di Cartesio (al pari di molti filosofi o psicologi del passato) è stato quello di separare in modo netto cognizione ed emozione, come se fossero due camere stagne tra loro non comunicanti. In realtà, soprattutto in età evolutiva, processi emotivi e cognitivi interagiscono continuamente, partendo dal presupposto che l’apprendimento nei più piccoli richiede la presenza di una relazione di attaccamento (col genitore ma anche con l’insegnante e altre figure adulte di riferimento) sicura emotivamente, dalla quale il bambino possa partire per esplorare il mondo (non solamente fisico ma anche sociale e cognitivo) e ritornarvi in caso di difficoltà. In caso contrario, inevitabilmente il bambino limiterà l’esplorazione dei mondi e, di conseguenza, le proprie possibilità di apprendere (Fedeli, 2012).

 

Gli estremi emotivi

Le criticità riguardano gli estremi emotivi, sia in eccesso sia in difetto. Da un lato, infatti, reazioni emotive eccessive possono dar luogo a condotte sregolate ma soprattutto possono compromettere l’efficacia dei processi cognitivi: ad esempio, una paura troppo elevata rispetto al compito rende il bambino distraibile, caotico nel modo di procedere e talvolta può arrivare a bloccarlo totalmente nella memorizzazione, nell’eloquio, ecc.
Alla stessa maniera, uno stato alterato di rabbia rende impulsivo il bambino non solo a livello comportamentale ma anche cognitivo, inducendolo a compiere spesso errori di distrazione, a non percepire adeguatamente gli stimoli, ecc. Ma anche emozioni sregolate di segno positivo, come la felicità, possono ostacolare il corretto svolgersi dei processi cognitivi, favorendo la comparsa di approcci rapidi al compito o ampliando eccessivamente il focus percettivo e attentivo, così che il bambino non riesce adeguatamente ad inibire i distrattori.
All’altro estremo, anche una carenza di emozioni (quella condizione indicata in passato come alessitimia e oggi ridefinita in termini di anaffettività o callosità emozionale) risulta disfunzionale, in quanto l’allievo diventa apatico, lento nell’attivarsi ed incapace di sostenere lo sforzo protratto in un compito.
Partendo allora dal costrutto di intelligenza emotiva, i percorsi educativi, spesso indicati con l’espressione di alfabetizzazione emozionale, hanno come obiettivo principale quello di insegnare ai bambini a sperimentare e modulare tutte le emozioni, facendo così in modo che siano di supporto e non di ostacolo all’apprendimento. In altri termini, la persona emotivamente regolata è quella che riesce ad attuare delle strategie (semplici o complesse) per ridurre stati emotivi troppo intensi e soprattutto inadeguati rispetto al contesto ed all’attività in corso. Allo stesso tempo, però, deve essere in grado di aumentare il proprio coinvolgimento emotivo in un compito, soprattutto nei momenti di stanchezza, noia, ecc.

 

L’alfabetizzazione emotiva alla scuola primaria

Alla scuola primaria, nel caso in cui i bambini non presentino particolari problematicità sul piano affettivo, è possibile individuare alcuni obiettivi educativi di un percorso di alfabetizzazione emotiva. In particolare, risulta funzionale lavorare su due piani:

  1. innanzitutto, promuovere negli allievi una maggiore consapevolezza delle emozioni provate, facendo attenzione ad esempio ai segnali corporei, alle situazioni che più frequentemente le elicitano, ecc. Attraverso attività di circle time, role playing, narrazione, ecc. possiamo promuovere questa maggiore consapevolezza della propria vita emotiva, che invece spesso risulta limitata proprio nei soggetti con vari disturbi della sfera affettiva;

  2. in secondo luogo, sollecitare forme progressivamente più mature di autoregolazione, basate non più solamente sull’evitamento della situazione emotigena (come avveniva in anni precedenti) ma su differenti modi di interpretare e dare significato agli eventi vissuti.

Al fine di ottenere cambiamenti significativi nei bambini, è però essenziale che queste attività siano proposte con un’adeguata frequenza e soprattutto siano strettamente collegate con la quotidianità a scuola, sfruttando cioè ogni occasione per riflettere sulle emozioni, comunicarle, interpretarle e dare loro un senso personalmente significativo.

 

Per saperne di più
  • Cartesio, A. (1994). L’errore di Cartesio. Milano: Adelphi.
  • Fedeli, D. (2012). Attaccamento e apprendimento. Pedagogia delle basi relazionali dell’apprendimento. Bergamo: Junior.
  • LeDoux, J. (2014). Il cervello emotivo. Milano: Baldini & Castoldi.
  • Salovey, P. & Mayer J.D. (1990). Emotional Intelligence. Imagination, Cognition and Personality. 9, 3, 185-211.

 

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