C&rsquo;&egrave; tuttavia una disciplina che la scuola ancora non pratica a sufficienza, che &egrave; la curiosit&agrave; verso la curiosit&agrave;. Il desiderio di scoprire come si fa a diventare curiosi, che &egrave; la leva fondamentale per evitare il morbo della noia e della disattenzione, quando rischia di infiltrarsi nelle nostre classi. Questa curiosit&agrave; si allena con il dialogo, imparando a rallentare, approfondire e dare respiro a emozioni e ragionamenti non previsti da ascoltare con attenzione.

Negli anni mi sono accorto, infatti, che le curiosit&agrave; sono contagiose. Che se uno &egrave; fissato e coltiva una curiosit&agrave; tutta sua, spesso ha piacere di condividerla.

E allora sogno una scuola in cui si preveda un tempo per la curiosit&agrave;. Un tempo da strutturare e da organizzare con cura come in una sorta di libero mercatino delle passioni, dove tutti possano offrire le loro curiosit&agrave; agli altri e possano essere messi nella condizione di scegliere liberamente di frequentare le proposte che preferiscono.

L&rsquo;ultima, ma non meno importante, responsabilit&agrave; sta nel chiederci: noi maestre e maestri quanto coltiviamo le nostre curiosit&agrave; da condividere in classe?

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PICCOLA STORIA DELLA CURIOSIT&Agrave;

Gli elefanti non sono animali curiosi: nessuno di loro si &egrave; mai domandato che cosa ci fosse dall&rsquo;altra parte dell&rsquo;Oceano Atlantico. Fu cos&igrave; che l&rsquo;onore di scoprire l&rsquo;America tocc&ograve; a Cristoforo Colombo.

Le galline non sono animali curiosi: nessuna di loro ha mai fatto esperimenti con le muffe. Ed ecco perch&eacute; non &egrave; stata una gallina a scoprire la penicillina, ma il professor Fleming.

Orsi, trichechi, cani, gatti, macachi guardano la luna da milioni di anni senza mai provare la voglia di andarci. In conseguenza di ci&ograve; il primo terrestre a passeggiare nel cosmo non &egrave; stato un orso, un tricheco, eccetera, ma il colonnello Leonov.

L&rsquo;uomo &egrave; un animale curioso, l&rsquo;ippopotamo no. Basandovi su questa semplice osservazione potrete facilmente distinguere, in uno scompartimento ferroviario, gli uomini dagli ippopotami. E ricordate anche che non c&rsquo;&egrave; peggior ippopotamo di quello che si finge di essere un uomo.

Gianni Rodari

La curiosit&agrave; delle discipline

La curiosit&agrave; dei sensi

Come sempre le favole di Rodari hanno una morale esplicita e una comicit&agrave; che la stempera, alleggerendola con una risata. La morale &egrave; chiara e fa al caso nostro: se c&rsquo;&egrave; una caratteristica e una qualit&agrave; innegabile di noi esseri umani, questa &egrave; racchiusa nel nostro essere curiosi.

L&rsquo;intera storia dell&rsquo;umanit&agrave; non esisterebbe se non fossimo straordinariamente curiosi, cio&egrave; capaci di non accontentarci di ci&ograve; che troviamo gi&agrave; fatto.

Se dunque a scuola incontriamo una bambina o un bambino privo di curiosit&agrave; dobbiamo farci almeno due domande: se per caso non sappiamo riconoscere la sua curiosit&agrave; perch&eacute; si orienta verso cose che a noi non interessano, o quali mancanze abbia subito e in quali disagi si sia trovato a vivere, per avere attenuato o perduto questa fondamentale tensione elementarmente umana.

La scuola e noi insegnanti abbiamo allora la grande responsabilit&agrave; di restituire la curiosit&agrave; a coloro ai quali sia stata rubata e a moltiplicare campi del sapere e metodi per rendere affascinanti e desiderabili curiosit&agrave; fino ad allora mai incontrate o contemplate.

Gi&agrave;, ma come?

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La curiosit&agrave; della curiosit&agrave;

Oltre a queste che chiamerei curiosit&agrave; del corpo, ci sono curiosit&agrave; pi&ugrave; astratte, come il desiderio di scoprire perch&eacute; i greci si vestivano con quelle strane tute bianche o perch&eacute; inventarono la filosofia e la democrazia insieme a tragedie terribili. Perch&eacute; Galileo si fiss&ograve; a guardare il cielo, perch&eacute; Marco Polo volle conoscere la Cina, perch&eacute; Dante sogn&ograve; di andare all&rsquo;inferno e pure in paradiso e perch&eacute; Gandhi immagin&ograve; di sfidare l&rsquo;esercito pi&ugrave; potente del mondo con la nonviolenza.

Queste sono curiosit&agrave; che la scuola organizza per discipline.

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Quando avevo undici anni, con alcune compagne e compagni di scuola, decidemmo di fare un giornalino.

Avevamo deciso di stamparlo con il ciclostile, ma non trovavamo il titolo. Volevamo scegliere il nome di un animale e ricordo che ci domandavamo quale fosse quello pi&ugrave; curioso. Poi, non trovandone uno sufficientemente convincente, decidemmo di chiamare la nostra piccola pubblicazione mensile semplicemente: &ldquo;Il Curioso&rdquo;. Per nostra grande fortuna, uno dei ragazzi del nostro gruppetto aveva i genitori che lavoravano a &ldquo;Paese sera&rdquo;, il quotidiano dove scriveva Gianni Rodari. Cos&igrave;, con l&rsquo;irruenza della nostra giovanissima et&agrave;, non esitammo ad andare da lui per chiedergli di regalarci una storia per la prima pagina del primo numero del nostro &ldquo;Curioso&rdquo;. Gianni fu molto gentile e in quattro e quattr&rsquo;otto scrisse per noi una breve favola che intitol&ograve; &ldquo;Piccola storia della curiosit&agrave;&rdquo;, di cui fummo molto orgogliosi.

Condivido con voi questo prezioso dono, finora rimasto inedito.

La mia idea &egrave; che la curiosit&agrave; si annidi innanzi tutto nei nostri sensi.

Ci sono i curiosi d&rsquo;udito, capaci di riconoscere al volo una melodia o una canzone, ricordare un ritmo, emozionarsi riconoscendo tra i rumori del traffico urbano il canto di un uccello.

Ci sono i curiosi della vista che si perdono a osservare come scolora il cielo al tramonto o nel vedere i riflessi delle luci di un palazzo specchiarsi in una vetrina; che sostano attenti del tempo di fronte a un quadro e che felici sfogliano un libro d&rsquo;arte. Collezionano fotografie di animali e distinguono le diverse specie da dettagli che solo loro sanno trovare.

Ci sono i curiosi del gusto, che sentono l&rsquo;acquolina in bocca prima ancora di assaporare i loro piatti preferiti e sono persino in grado di sognarli.

Ci sono, i pi&ugrave; rari, curiosi d&rsquo;odorato, che sanno distinguere i fiori dai loro profumi e sono in grado di sentire la fragranza dell&rsquo;aria dopo una pioggia o quando arriva la primavera, e distinguono magari anche le puzze che infestano le citt&agrave;.

Ci sono infine i curiosi del tatto che sono felici quando immergono le loro mani nel fango, nella creta o nella farina e che, se potessero, rotolerebbero in un prato scosceso senza fermarsi pi&ugrave;.

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La curiosit&agrave; a scuola

È la curiosità che ci distingue dagli ippopotami

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