Buon anno, scuola!

Cara scuola, buongiorno! 

Caro studente…

Alla scoperta di sogni ed emozioni

La Gioia di ricominciare

Rami per giocare e decorare

Tenere insieme sicurezza e benessereIl rientro negli spazi della scuola sarà regolato da norme per la salute e la sicurezza, mai come questa volta severe, ma da rispettare. Riguardo alle regole, purtroppo manca una mediazione pedagogica. Bisogna trovare in modo intelligente una connessione tra il benessere dei bambini e la sicurezza, che si potrebbe assicurare anche in luoghi colorati e fatta vivere ai bambini in forma di gioco attivo.&nbsp; Ricominciare dagli spazi aperti&nbsp;Almeno all’inizio, il rientro potrà avvenire in tutti gli spazi aperti vicini alla scuola, luoghi di maggiore libertà di movimento e azione. Lo “spazio educativo” del rientro non potrà essere uguale allo spazio educativo tradizionale, ma nemmeno assomigliare a un campo minato pieno di rischi da evitare. Liberiamoci dalla logica del “qua sì, qua no” ma usiamo l’organizzazione degli spazi come una forma flessibile incentivante all’autonomia, alla scoperta, nella logica detta dell’“adattamento ragionevole” degli spazi-ambienti dove possano coesistere stili di vita comune serena e attiva, con un altrettanto sereno rispetto della sicurezza. Far diventare le regole di sicurezza apprendimento attivo, è più utile che continuare ad avere ansie adulte in stile “bambini, attenti, qui no!”. E, anche se forse non si potrà toccarsi, imparare a mimare abbracci fortissimi e bacioni lunghi lunghi da mandarci a vicenda.

Mettiamoci nei panni di bambini e genitori


 Cosa sarà passato nelle loro menti? Cosa e come hanno vissuto? Rispecchiamoci nelle loro esperienze di questi mesi, ricostruiamo come e quanto siamo riusciti a mantenere un qualche rapporto con ogni bambino e con i suoi genitori. L’errore più grande sarebbe ripartire dicendo semplicemente: “Ciao, dove eravamo rimasti?”. È vero, spesso i bambini hanno doti di resilienza non comuni, a volte maggiori di noi adulti, ma anche loro hanno vissuto l’incertezza e il brivido del nulla. Pensate a ognuno secondo l’età, il carattere, la famiglia, la loro esperienza educativa con voi. Prima del rientro, sentia

Mettiamoci nei panni di bambini e genitoriCosa sarà passato nelle loro menti? Cosa e come hanno vissuto? Rispecchiamoci nelle loro esperienze di questi mesi, ricostruiamo come e quanto siamo riusciti a mantenere un qualche rapporto con ogni bambino e con i suoi genitori. L’errore più grande sarebbe ripartire dicendo semplicemente: “Ciao, dove eravamo rimasti?”. È vero, spesso i bambini hanno doti di resilienza non comuni, a volte maggiori di noi adulti, ma anche loro hanno vissuto l’incertezza e il brivido del nulla. Pensate a ognuno secondo l’età, il carattere, la famiglia, la loro esperienza educativa con voi. Prima del rientro, sentiamo le mamme e i papà, facciamo il punto di come stanno i bambini, raccogliamo segni e significati del loro crescere chiusi in casa e delle assenze (della maestra, dei compagni, del mondo).Facciamo tesoro dell’esperienza e condividiamolaPropongo che questa riflessione diventi un momento di scambio tra gli insegnanti, per fare tesoro insieme di un’esperienza educativa del tutto inedita.Partiamo da domande come:• che cosa abbiamo appreso?• in che cosa oggi siamo diversi?• che cosa salviamo e cosa scartiamo perché obsoleto, stonato, del nostro fare prima della chiusura?• serve qualcosa di nuovo?Facilitiamo il ritorno alla vita sociale dei bambiniDopo tanti mesi senza scuola, senza i suoi riti e i suoi ritmi, e soprattutto senza relazione con i compagni, i bambini devono tornare a imparare che sono appunto bambini, non solo figli. È proprio questo il ruolo dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia.Osserviamo se vi sono segni di questo ritorno a essere solo figli, qui ci aiuta John Bolwby, il grande studioso inglese dell’attaccamento e della perdita nell’infanzia. Ogni bambino, a qualsiasi età dell’infanzia, riesce a essere ben accolto in un ambiente tra pari, se riesce a fare il salto dall’attaccamento verso la madre (e il padre) all’educatore che si prende cura di lui.Si tratta di un attaccamento secondo, con dinamiche simili al primo, che ha un valore fondamentale per imparare a stare al mondo da soli. Quando si interrompe questo secondo attaccamento, scattano nel bambino forme di difesa non facili da gestire, inaspettate. Potrebbe perfino arrivare a dimenticarci o a rifiutare di riprendere i rapporti. Potrebbe considerare sgradevole il ritorno in un ambiente da cui è stato sottratto. Molto dipende anche da come ha vissuto i mesi lontano dalla scuola, ma è un aspetto esistenziale che va compreso, non nascosto, ma neppure clinicizzato.Pensiamo una nuova accoglienzaDopo la possibile regressione al ruolo di figli nei mesi di confinamento, potrebbe esserci bisogno di una “nuova accoglienza”. Non si parte da zero, ma da livelli diversi di complessità e difficoltà, che dipendono anche da come si sono evolute le relazioni con i genitori, nei mesi senza scuola.Per i bambini, il ritorno alla vita sociale normale (pur con alcuni accorgimenti) ha un grande significato emotivo, relazionale, di sviluppo. Per questo parlo di “ri-nascita” della relazione educativa, una rinascita da curare bene.La regressione nei rapporti sociali non è una malattia e non può essere letta in chiave di psicopatologia: I care e non to cure (diffidiamo di alcuni messaggi meta-psicoterapeutici di “cure” per il rientro alla normalità…). Serve una relazione educativa forte, un nuovo incontro pensato bambino per bambino, che dica la felicità di stare di nuovo insieme.L’arte pedagogica di moltissimi insegnanti ed educatori del nostro sistema 0-6 capisce bene di cosa sto parlando. Lo sa, ce l’ha nell’anima educativa.Qui conta pensarci seriamente, non lasciare al caso i primi giorni del rientro, non aspettarsi che bastino palloncini o musichette o bandierine di festa per pensare che è passata la nottata. Serve un plus di attenzione, ovviamente pieno di gioia.

Mettiamoci nei panni di bambini e genitoriCosa sarà passato nelle loro menti? Cosa e come hanno vissuto? Rispecchiamoci nelle loro esperienze di questi mesi, ricostruiamo come e quanto siamo riusciti a mantenere un qualche rapporto con ogni bambino e con i suoi genitori. L’errore più grande sarebbe ripartire dicendo semplicemente: “Ciao, dove eravamo rimasti?”. È vero, spesso i bambini hanno doti di resilienza non comuni, a volte maggiori di noi adulti, ma anche loro hanno vissuto l’incertezza e il brivido del nulla. Pensate a ognuno secondo l’età, il carattere, la famiglia, la loro esperienza educativa con voi. Prima del rientro, sentiamo le mamme e i papà, facciamo il punto di come stanno i bambini, raccogliamo segni e significati del loro crescere chiusi in casa e delle assenze (della maestra, dei compagni, del mondo).Facciamo tesoro dell’esperienza e condividiamolaPropongo che questa riflessione diventi un momento di scambio tra gli insegnanti, per fare tesoro insieme di un’esperienza educativa del tutto inedita.Partiamo da domande come:• che cosa abbiamo appreso?• in che cosa oggi siamo diversi?• che cosa salviamo e cosa scartiamo perché obsoleto, stonato, del nostro fare prima della chiusura?• serve qualcosa di nuovo? Facilitiamo il ritorno alla vita sociale dei bambiniDopo tanti mesi senza scuola, senza i suoi riti e i suoi ritmi, e soprattutto senza relazione con i compagni, i bambini devono tornare a imparare che sono appunto bambini, non solo figli. È proprio questo il ruolo dell’asilo nido e della scuola dell’infanzia.Osserviamo se vi sono segni di questo ritorno a essere solo figli, qui ci aiuta John Bolwby, il grande studioso inglese dell’attaccamento e della perdita nell’infanzia. Ogni bambino, a qualsiasi età dell’infanzia, riesce a essere ben accolto in un ambiente tra pari, se riesce a fare il salto dall’attaccamento verso la madre (e il padre) all’educatore che si prende cura di lui.Si tratta di un attaccamento secondo, con dinamiche simili al primo, che ha un valore fondamentale per imparare a stare al mondo da soli. Quando si interrompe questo secondo attaccamento, scattano nel bambino forme di difesa non facili da gestire, inaspettate. Potrebbe perfino arrivare a dimenticarci o a rifiutare di riprendere i rapporti. Potrebbe considerare sgradevole il ritorno in un ambiente da cui è stato sottratto. Molto dipende anche da come ha vissuto i mesi lontano dalla scuola, ma è un aspetto esistenziale che va compreso, non nascosto, ma neppure clinicizzato.Pensiamo una nuova accoglienzaDopo la possibile regressione al ruolo di figli nei mesi di confinamento, potrebbe esserci bisogno di una “nuova accoglienza”. Non si parte da zero, ma da livelli diversi di complessità e difficoltà, che dipendono anche da come si sono evolute le relazioni con i genitori, nei mesi senza scuola.Per i bambini, il ritorno alla vita sociale normale (pur con alcuni accorgimenti) ha un grande significato emotivo, relazionale, di sviluppo. Per questo parlo di “ri-nascita” della relazione educativa, una rinascita da curare bene.La regressione nei rapporti sociali non è una malattia e non può essere letta in chiave di psicopatologia: I care e non to cure (diffidiamo di alcuni messaggi meta-psicoterapeutici di “cure” per il rientro alla normalità…). Serve una relazione educativa forte, un nuovo incontro pensato bambino per bambino, che dica la felicità di stare di nuovo insieme.L’arte pedagogica di moltissimi insegnanti ed educatori del nostro sistema 0-6 capisce bene di cosa sto parlando. Lo sa, ce l’ha nell’anima educativa.Qui conta pensarci seriamente, non lasciare al caso i primi giorni del rientro, non aspettarsi che bastino palloncini o musichette o bandierine di festa per pensare che è passata la nottata. Serve un plus di attenzione, ovviamente pieno di gioia.

Bentornata vita... per tutti, grandi e piccoli

Ci siamo attesi tanto

Dove trovi questo contenuto