Matematica/Italiano - Problemi in cucina

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Matematica nella Scuola primaria: appunti da un convegno

Lezione modello matematica

Addizioni, sottrazioni e problemi

Problemi, tabelline e rappresentazioni matematiche

Insegnare matematica significa spesso dover fare i conti con pregiudizi, emozioni, paure e stereotipi di genere, con bambini e bambine che non si sentono portati o che temono di sbagliare in una materia ritenuta difficile. Che cosa pu&ograve; fare l&rsquo;insegnante?

Secondo noi &mdash; e parlo al plurale perch&eacute; le ricerche che abbiamo condotto sono state realizzate insieme a Rosetta Zan, co-coordinatrice del progetto Problemi al centro &mdash; l&rsquo;insegnante pu&ograve; fare moltissimo, soprattutto nei primi livelli scolari, quindi nella scuola primaria. Molti dei pregiudizi e degli stereotipi di cui parlava sono infatti indotti dalle pratiche didattiche o, pi&ugrave; in generale, da ci&ograve; che accade a scuola. 
&Egrave; vero che esiste, ed &egrave; stato studiato, un condizionamento da parte degli adulti di riferimento &ndash; genitori o familiari &ndash; e che quindi alcuni stereotipi nascono e si rinforzano in contesti extra-scolastici. Ad esempio, molti stereotipi di genere sull&rsquo;apprendimento della matematica sono perpetuati e consolidati proprio in famiglia. 
La matematica, per&ograve;, &egrave; una di quelle discipline in cui atteggiamenti e convinzioni si formano in modo determinante a scuola: il ruolo dell&rsquo;insegnante, nel bene e nel male, &egrave; enorme. E quanto pi&ugrave; precoce &egrave; il livello scolastico, tanto maggiore &egrave; la possibilit&agrave; di imprimere un segno positivo o negativo. Spesso si dice che la matematica &egrave; una materia difficile. S&igrave;, &egrave; difficile, ma come lo sono tutte le discipline se affrontate in modo significativo. Il punto non &egrave; che sia difficile, ma avere paura del &ldquo;difficile&rdquo;. 
La scuola, e in particolare gli insegnanti di matematica, dovrebbero lavorare sul piacere di affrontare le cose complesse, sapendo che si pu&ograve; sbagliare e non avendo paura dell&rsquo;errore. 
L&rsquo;idea di fondo &egrave; che a scuola si va per imparare cose nuove, interessanti, importanti, complesse. 
La paura di sbagliare e l&rsquo;ansia di errore sono l&rsquo;&ldquo;anti-scuola&rdquo; e, tuttavia, sono tra le emozioni pi&ugrave; diffuse, soprattutto in matematica. 
L&rsquo;insegnante dovrebbe invece creare fin da subito un clima in cui si lavora su attivit&agrave; difficili, ma con la consapevolezza che l&rsquo;errore &egrave; parte naturale del processo. 
Uno dei fattori pi&ugrave; importanti nella nascita della paura di sbagliare, secondo la nostra ipotesi, &egrave; che spesso sono gli insegnanti stessi ad avere paura dell&rsquo;errore dei bambini. Di conseguenza, fanno scelte didattiche volte a ridurre le occasioni di errore. Ma i bambini se ne accorgono: &ldquo;Mi dai cose facili perch&eacute; ti d&agrave; fastidio se sbaglio&rdquo;. Invece, se propongo attivit&agrave; complesse, condividendo la difficolt&agrave; e affrontandola insieme, l&rsquo;effetto &egrave; diverso. 
&Egrave; questo che sperimentiamo nel progetto Problemi al centro: i problemi proposti sono apparentemente pi&ugrave; complessi di quelli tradizionali, ma sviluppano competenze pi&ugrave; significative e, sorprendentemente, riducono la paura di sbagliare. Molti insegnanti ci dicono: &ldquo;Ho provato il progetto perch&eacute; le attivit&agrave; mi sembravano interessanti, e ho notato che la paura di sbagliare cala notevolmente.&rdquo; E infatti il progetto si chiama Problemi al centro &ndash; matematica senza paura: le due idee sono strettamente legate.

&ldquo;Matematica senza paura&rdquo;, ce l&rsquo;ha spiegato molto bene. Ma che cosa significa concretamente mettere i problemi al centro della didattica quotidiana?

&Egrave; un tema rilevante per la scuola primaria, dove si lavora moltissimo sui problemi &mdash; spesso sui cosiddetti &ldquo;problemi verbali&rdquo;. La ricerca condotta prima del progetto ha mostrato che, in realt&agrave;, spesso si parla di &ldquo;problemi&rdquo; come etichetta: sopra un&rsquo;attivit&agrave; c&rsquo;&egrave; scritto problema, ma ci&ograve; che si chiede agli alunni &egrave; di natura puramente riproduttiva. Un vero problema, invece, dovrebbe essere una situazione nuova che mette in gioco conoscenze e competenze, richiedendo un pensiero produttivo, non semplicemente la ripetizione di una procedura. 
Molti dei problemi proposti nei libri o nelle attivit&agrave; tradizionali sono in realt&agrave; esercizi: l&rsquo;insegnante mostra come si fa qualcosa e poi la ripropone in molte varianti. Questo genera nei bambini la preoccupazione tipica: &ldquo;Come lo devo fare? Posso farlo cos&igrave;?&rdquo;. Segno che percepiscono di dover solo scegliere la procedura giusta, non comprendere o costruire un ragionamento. 
Mettere i problemi al centro significa proporre attivit&agrave; che richiedano pensiero produttivo, in cui la procedura non sia evidente. 
Naturalmente non si tratta di problemi &ldquo;impossibili&rdquo;: l&rsquo;insegnante deve proporre sfide affrontabili con le conoscenze e le competenze degli alunni, ma non banali. 
L&rsquo;obiettivo non &egrave; che tutti risolvano il problema, ma che tutti lo affrontino, mettendo in gioco le proprie risorse cognitive. 
Nel progetto Problemi al centro suggeriamo, ad esempio, di dedicare almeno un&rsquo;ora a settimana a questo tipo di attivit&agrave;, in modo stabile e riconosciuto. Non deve essere l&rsquo;attivit&agrave; &ldquo;speciale&rdquo; del giorno di festa, ma una parte integrante del fare matematica. In questo modo l&rsquo;insegnante comunica agli alunni che d&agrave; valore a quel tipo di lavoro. Un altro elemento fondamentale &egrave; l&rsquo;atteggiamento dell&rsquo;insegnante: non deve risolvere i problemi per gli studenti, ma aiutarli a porsi le giuste domande per superare i momenti di blocco. Solo cos&igrave; l&rsquo;attivit&agrave; mantiene il suo valore formativo.

E per quanto riguarda la valutazione? Ha qualche suggerimento per una valutazione formativa in matematica?

&Egrave; un tema enorme e molto critico. La valutazione &egrave; strettamente legata agli aspetti emotivi &mdash; ansia, paura, motivazione estrinseca &mdash; e incide profondamente sul modo in cui gli studenti vivono l&rsquo;apprendimento. Molti studi mostrano come una valutazione centrata solo sul risultato favorisca una motivazione a evitare il fallimento, non ad apprendere. In matematica il problema &egrave; ancora pi&ugrave; evidente: si ritiene che la valutazione sia &ldquo;oggettiva&rdquo;, basata sul numero di errori. Ma se l&rsquo;errore &egrave; considerato negativo, si alimenta la paura di sbagliare &mdash; e questo, come dicevo, &egrave; l&rsquo;anti-scuola. 
La valutazione formativa invece si basa sull&rsquo;interpretazione dei processi, non solo dei risultati. Per farla bene, l&rsquo;insegnante deve osservare come l&rsquo;alunno ragiona, quali decisioni prende, quali strategie adotta. Questo &egrave; possibile solo in attivit&agrave; di tipo produttivo, non in compiti di mera riproduzione. A volte, infatti, chi d&agrave; una risposta sbagliata ha sviluppato processi di pensiero molto pi&ugrave; significativi di chi risponde correttamente per caso. Il compito dell&rsquo;insegnante &egrave; valorizzare quei processi, individuando punti di forza e aree di miglioramento. Un aspetto strettamente legato alla valutazione formativa &egrave; lo sviluppo della competenza argomentativa: saper spiegare e giustificare le proprie scelte. 
Si parte dal semplice &ldquo;raccontami cosa hai fatto&rdquo; per arrivare al &ldquo;spiegami perch&eacute; l&rsquo;hai fatto&rdquo;. Questo passaggio &egrave; complesso, ma fondamentale: parlare di matematica aiuta a sviluppare pensiero riflessivo e consapevolezza. 
Purtroppo, molti studenti non sono abituati a farlo. Lo vedo anche all&rsquo;universit&agrave;, quando insegno a Scienze della Formazione Primaria: all&rsquo;inizio le future maestre restano bloccate quando chiedo di spiegare come hanno risolto un problema. Per loro, la matematica &egrave; solo &ldquo;6&rdquo; &ndash; il risultato &ndash; e non &ldquo;come hai fatto ad arrivare a 6&rdquo;. 
Ci&ograve; dimostra che nel loro percorso scolastico il processo non &egrave; mai stato valorizzato, e con esso nemmeno una vera valutazione formativa. Quindi, il mio consiglio &egrave;: lavorare sistematicamente sulla esplicitazione dei processi di pensiero, perch&eacute; &egrave; l&igrave; che si costruisce apprendimento autentico.

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Quali sono le strategie utili per la didattica della matematica nella scuola primaria? Ne abbiamo discusso nella puntata di <a href="https://www.giuntiscuola.it/formazione/corso/tu-tu-con-gli-esperti-dentro-le-discipline" target="_blank">A tu per tu con gli esperti Dentro le discipline</a> con Pietro Di Martino, professore ordinario di Didattica della Matematica all&rsquo;Universit&agrave; di Pisa. Nei suoi studi e nelle sue ricerche si occupa anche di difficolt&agrave; e atteggiamenti negativi verso la matematica, ed &egrave; direttore scientifico, insieme a Rosetta Zan, del progetto Giunti Scuola <a href="https://www.giuntiscuola.it/problemi-al-centro-vi-edizione" target="_blank">Problemi al centro</a>, che da anni coinvolge numerose classi e insegnanti di scuola primaria.

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