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Che fare se c’è un ritardo nello sviluppo?

"Nella scuola dell’infanzia dove insegno c’è un bimbo di quasi 4 anni con un evidente ritardo nel linguaggio: conosce poche parole, che usa a stento (piuttosto indica quello che vuole), tende a non guardare negli occhi gli interlocutori e a volte sembra un po’ assente. Quando si arrabbia perché magari vuole qualcosa e noi non capiamo, e questo accade almeno una volta al mese, mette in atto comportamenti aggressivi con gli altri e talvolta anche autolesionistici (tipo mordere i compagni o anche mordersi la mano) che ci preoccupano molto. I genitori non danno peso alle difficoltà del bambino e sono convinti che prima o poi farà un salto nello sviluppo. Il papà dice che anche lui da piccolo ha parlato tardi ed era molto vivace, ma poi si è normalizzato andando a scuola. Mi chiedo se, per il bene del bambino, sia importante insistere con i genitori, esprimendo loro con decisione le nostre preoccupazioni e invitandoli a contattare uno specialista, o se lasciar perdere e fidarci del loro punto di vista." Insegnante di Firenze

di Paolo Moderato22 settembre 20221 minuto di lettura
Che fare se c’è un ritardo nello sviluppo? | Giunti Scuola

Capita spesso che i primi ad accorgersi che qualcosa non va in un bambino siano gli insegnanti di scuola dell’infanzia. Questo accade soprattutto nelle famiglie in cui il bambino potenzialmente problematico è il primo figlio, e i genitori non hanno quel riferimento sulle tappe evolutive tipiche fornito da un fratello maggiore. Gli insegnanti invece hanno un campione ampio e vario di bambini su cui effettuare osservazioni, oltre naturalmente all’esperienza accumulata in anni di contatto con bambini. L’argomento è molto delicato: segnalare sì, segnalare no. Come sappiamo, molti disturbi del neurosviluppo non hanno correlati biofisici evidenziabili, né marker biologici che consentano di formulare una diagnosi certa o ad alta probabilità. Il disturbo dello spettro dell’autismo è uno di questi: la diagnosi avviene solo a livello di osservazione comportamentale, con tutte le conseguenze che ciò comporta, in termini di falsi positivi, cioè attribuire una diagnosi di autismo a chi non lo è, o negativi, ossia il contrario.

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Risponde Paolo Moderato

L’importanza di interventi precoci di sostegno educativo

Partendo da questa premessa, il mio consiglio è di insistere, seppur con delicatezza, nel suggerimento di consultare uno specialista, astenendosi comunque dal formulare ipotesi diagnostiche o nell’attribuire etichette. Si può descrivere in termini operazionali alcuni comportamenti che sembrano “strani” nel contesto scolastico, chiedendo se si verificano anche a casa o in altri contesti, o alcune abilità che risultano carenti rispetto ai compagni di pari età: linguaggio descrittivo, richieste, attenzione condivisa. Ci sono diverse spiegazioni ad alcuni ritardi o deficit comunicativi, fortunatamente non è sempre e solo autismo. Tuttavia, data la prevalenza attuale del disturbo, prestare particolare attenzione ad alcuni “campanelli d’allarme” e attivarsi in tempo può consentire interventi precoci che aumentano la possibilità di recupero del ritardo o del deficit.

Al di là dei differenti modelli di intervento, infatti, tutti gli specialisti concordano sull’importanza di interventi precoci di sostegno educativo.

L’efficacia degli interventi

Gli interventi comportamentali moderni, basati sui principi scientifici dell’apprendimento, che si fondono in una visione evolutiva e naturalistica, sono quelli che godono di maggior efficacia clinica. Inoltre, sono quelli che, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, possono essere applicati anche nel contesto classe. Non si chiede all’insegnante di fare il terapista, ma di continuare a fare il suo lavoro di insegnante, applicando le metodologie che si sono dimostrate efficaci con i bambini che hanno bisogni speciali, in collaborazione con uno specialista.

Un’ultima raccomandazione. Per un genitore, sentirsi dire che il proprio figlio è “diverso” può essere molto traumatico e dar luogo a reazioni di rifiuto, negazione, aggressività, tanto più forti quanto meno si è reso conto di questa diversità. Quindi non ci stancheremo mai di raccomandare delicatezza nella comunicazione.

Per approfondire

  • Moderato, P. (2020). Mio figlio non parla, è autismo? Firenze: Giunti EDU.

Il volume guida le famiglie a orientarsi nella complessità del disturbo affiancando alle spiegazioni scientifiche una serie di suggerimenti che possono aiutare ad affrontare la quotidianità. Attraverso un percorso condiviso, l’Autore guida i genitori a capire cos’è l’autismo, come richiedere sostegno agli specialisti e come intervenire nei diversi contesti sociali, con specifiche attività illustrate passo per passo.

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