Due punti fondamentali della mia proposta di modello gerarchico sono rappresentati:

<ul>
	<li style="text-align:justify">dalla ipotesi che l&rsquo;intelligenza si articoli in tante forme, le quali assumono un ruolo di diversa importanza nel funzionamento della mente;</li>
	<li style="text-align:justify">dalla distinzione tra intelligenza di base e intelligenza in uso, che costituisce l&rsquo;esplicitazione nella vita delle proprie potenzialit&agrave; intellettive.</li>
</ul>

In questo modello, la metacognizione &ndash; e una sua manifestazione fondamentale, le strategie &ndash; rappresenta una delle vie in cui l&rsquo;intelligenza di base si attualizza nella intelligenza in uso. Inoltre, la metacognizione, inclusiva della decisione e del monitoraggio strategico, agisce direttamente sulle strutture pi&ugrave; centrali della mente, poich&eacute; coinvolge consapevolezza e controllo della mente stessa, anche se poi la specifica strategia messa in atto pu&ograve; interagire, a seconda dei casi, con qualsiasi componente della mente, e quindi a diverso livello gerarchico.

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In molti suoi lavori, ha insistito sull&rsquo;importanza di portare gli alunni a essere pi&ugrave; strategici.

Potrebbe condividere qualche esempio?
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In risposta a questi bisogni, quali modalit&agrave; si possono mettere in atto per una classe realmente inclusiva?
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Quali strategie didattiche possono essere d&rsquo;aiuto?
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Mi pare che ci sia unanimit&agrave; nel pensare che l&rsquo;identificazione dei bisogni e la definizione di un progetto educativo debbano essere individualizzati.

Ci sono troppe differenze nelle et&agrave;, nelle caratteristiche, nelle problematiche per credere che possa esistere un progetto o una panacea universale. Idealmente, tuttavia, si possono considerare alcune priorit&agrave; fondamentali, legate alla possibilit&agrave; che la persona cresca in modo armonioso e raggiunga i traguardi che sono alla sua portata, realizzando un adattamento soddisfacente al contesto sociale in cui vive e si trover&agrave; a vivere.

Poich&eacute; credo molto nell&rsquo;importanza di rendere il bambino strategico, mi sono impegnato nel corso degli anni in varie direzioni e con varie proposte. In generale ho sviluppato la convinzione che sia importante sviluppare un atteggiamento strategico. Anche su questa rivista ho riportato una specie di decalogo che ricorda le caratteristiche del good strategy user. E tra i vari accorgimenti che menziono agli insegnanti, vorrei ricordare quello di abituare il bambino a riflettere sulla mente con qualche attivit&agrave; metacognitiva, ad affrontare in maniera esemplificativa alcune situazioni che si prestano all&rsquo;uso di diverse strategie e a far riportare agli stessi alunni le strategie utilizzate, come fare esempi delle strategie utilizzabili per aiutarsi, in tutte quelle situazioni di apprendimento non facile. Gli insegnanti bravi lo fanno implicitamente quando organizzano la lezione in modo che i contenuti siano pronti per essere affrontati strategicamente, per esempio, fornendo una organizzazione ben definita, sviluppando i vari punti, ricordando etimologie mnemoniche e collegamenti. Pu&ograve; anche essere utile fare esplicito riferimento alle strategie, come abbiamo cercato di fare con alcuni libri di testo di Giunti Scuola, in cui abbiamo specificamente inserito richiami a strategie che il bambino potrebbe &ndash; e non &ldquo;dovrebbe&rdquo; &ndash; utilizzare.

Strategia, proprio nel suo significato originale che, ahim&egrave;, rimanda alla sfera militare, implica la capacit&agrave; di non farsi trascinare dalle circostanze, ma al contrario di guidarle, attraverso la scelta di modalit&agrave; funzionali e la loro attiva implementazione. Normalmente, proprio gli alunni pi&ugrave; deboli sono quelli meno strategici. Essi si lasciano andare, sono passivi e subiscono le proposte e le richieste, anche (e forse ancor di pi&ugrave;) relativamente a quelle in cui sono in difficolt&agrave;, senza prendere nessuna delle iniziative che potrebbero essere loro d&rsquo;aiuto. I filosofi sofisti greci avrebbero detto che anche questa &egrave; una scelta strategica perch&eacute; induce una modalit&agrave; difensiva, un implicito disimpegno ed eventualmente strategie di livello pi&ugrave; basso, semiautomatiche. Per esempio, nello studio, la scelta di leggere pi&ugrave; volte il testo al fine di memorizzarlo &egrave; comunque un&rsquo;opzione, e pu&ograve; anche essere considerata una strategia che, tra l&rsquo;altro, in casi di acquisizione meccaniche e procedurali, pu&ograve; funzionare.

Ma nell&rsquo;apprendimento significativo questa strategia non funziona: &egrave; dispendiosa, poco gratificante, poco efficace.

Spetta, dunque, all&rsquo;insegnante promuovere un atteggiamento metacognitivo e strategico pi&ugrave; avanzato e abituare il bambino a considerare le possibili strategie, per poi sceglierne una e successivamente implementarla con ragionevolezza.

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Pensando alle classi di oggi, quali sono secondo lei le priorit&agrave; per i bambini e le bambine?
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Lei ha elaborato un modello gerarchico dell&rsquo;intelligenza.

In questo modello come si inseriscono le strategie?
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Moltissimo &egrave; stato detto e scritto sulla inclusivit&agrave;. Io penso che l&rsquo;inclusivit&agrave; non sia una formula didattica, ma una modalit&agrave; che tipicamente (anche se non necessariamente) faciliti il raggiungimento degli obiettivi che menzionavo. Credo per&ograve; che le differenze individuali abbiano davvero un peso fondamentale nel determinare il modo ottimale per la realizzazione di una scelta inclusiva. Questo richiede ovviamente flessibilit&agrave; e realismo.

Noto, comunque, che uno degli aspetti cruciali dell&rsquo;inclusivit&agrave; &egrave; rappresentato dalla possibilit&agrave; del bambino con Bisogno Educativo Speciale (BES) di poter stare con gli altri, sentirsi come gli altri, sfruttare la grande capacit&agrave; del fattore sociale di favorire apprendimento e benessere. Questi aspetti possono essere concretizzati in vari modi, ma in questo momento seguo con particolare attenzione due dei tanti elementi sociali che si sviluppano nella classe inclusiva: la prosocialit&agrave; e l&rsquo;apprendimento collaborativo, in particolare nel lavoro in coppia. Osservo, infatti, che questi due elementi aiutano in modo particolare bambini e bambine che presentano difficolt&agrave; relazionali.

Inclusivit&agrave; e strategie didattiche: ne abbiamo parlato in questa intervista con Cesare Cornoldi, uno dei massimi esperti sui temi della memoria, dell&rsquo;apprendimento e dei suoi disturbi. Professore emerito presso il Dipartimento di Psicologia Generale dell&rsquo;Universit&agrave; di Padova, Presidente del Laboratorio per i Disturbi dell&rsquo;Apprendimento (Lab.D.A.), di AIRIPA (Associazione Italiana per la Ricerca e l&rsquo;Intervento in Psicopatologia dell&rsquo;Apprendimento), Direttore della rivista &ldquo;Psicologia Clinica dello Sviluppo&rdquo; e Coordinatore del Comitato scientifico della rivista &ldquo;Psicologia e scuola&rdquo;.

<a href="https://www.giuntiscuola.it/articoli/strategie-imparare-5-idee" target="_blank">Strategie di studio a cura di Cesare Cornoldi</a>.

Bambini e bambine strategici per una classe inclusiva

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