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Ascolto e pratica musicale: effetti e benefici
La musica come esperienza formativa ed estetica per promuovere un benessere complessivo nel processo di crescita degli individui

Negli ultimi due decenni numerose ricerche svolte con le metodologie della psicologia sperimentale e delle neuroscienze cognitive si sono interessate in modo sempre più crescente al fenomeno dell’ascolto e della pratica musicale e di come le attività musicali possano avere effetti visibili e misurabili su cervello, corpo e comportamento, a partire dagli ultimi mesi di gravidanza fino ad arrivare alla fine del ciclo di vita. Le evidenze scientifiche supportano la promozione e l’applicabilità di attività centrate sulla musica in ambito scolastico e più in generale educativo, oltre che sociale e clinico (Matarrelli e Brattico, 2024).
Se è vero che un corpo consistente di tali ricerche è stato svolto in ambito internazionale, soprattutto europeo e nord-americano, nel nostro territorio nazionale esistono numerose e rilevanti realtà associazionistiche e istituzioni educative che possono essere un terreno fertile per condurre ricerche nel settore della psicologia e neuroscienze della musica.
Musica e funzionamento emotivo e socio-relazionale
La pratica della musica si configura come esperienza estremamente arricchente, pervasiva, coinvolgente poiché in grado di attivare simultaneamente diverse funzioni cerebrali: attenzione, apprendimento, memoria, emozione, analisi uditiva, pianificazione e aspettativa, o funzioni comportamentali e fisiologiche come risposte motorie, respirazione e frequenza cardiaca (Brattico & Varankaite, 2019; Matarrelli & Brattico, 2024). L’esperienza di ascolto e pratica musicale costante nel corso degli anni produce, secondo vari studiosi, neuroplasticità, ovvero cambiamenti adattivi sia nella morfologia che nel funzionamento di diverse aree e circuiti cerebrali che sottostanno non solo a funzioni uditive, motorie ma anche cognitive, emotive e relazionali (Reybrouck et al., 2021). Emerge, quindi, la notevole potenzialità della pratica musicale nel sostenere e rafforzare abilità e funzioni afferenti a domini anche non musicali, tramite il cosiddetto transfer effect ad abilità “vicine” e “lontane”. Per esempio, la pratica musicale può influenzare le abilità “vicine” come il processing uditivo e le abilità motorie fini.
D’altro canto, l’abilità musicale ritmica e di percezione dell’intonazione può sostenere funzioni che sottendono abilità “lontane” come il linguaggio, allenando attenzione uditiva, memoria fonologica di lavoro e dunque la capacità di percepire ed elaborare la durata sillabica e la struttura ritmica di parole e frasi. Questo spiega, per esempio, l’effetto positivo degli interventi musicali sulle abilità linguistiche e di lettura in bambini con dislessia.
Lippolis e colleghi (2021) hanno effettuato una ricerca su quasi trecento studenti provenienti da tre scuole medie musicali del Sud Italia, per stabilire la misura degli effetti dei programmi musicali proposti sullo sviluppo delle abilità cognitive durante la preadolescenza. I risultati hanno mostrato che negli studenti del curriculum musicale coinvolti nella pratica individuale e in ensemble sono stati rilevati vantaggi cognitivi rispetto agli studenti del curriculum standard, in particolare relativi alla memoria di lavoro visuo-spaziale e all’intelligenza fluida.
Musica e funzioni esecutive
La pratica di uno strumento musicale si associa inoltre a una migliore prestazione nei compiti legati alle funzioni esecutive, che sono essenziali in quanto predicono il successo scolastico e il benessere mentale. Evidenze sperimentali in merito sono state ottenute da studi sia comportamentali che neuroscientifici che si sono focalizzati sulla pratica orchestrale ispirata ad “El Sistema”, modello fondato in Venezuela da José Antonio Abreu (vedi i due Box): i bambini che avevano seguito pochi mesi di corsi orchestrali mostravano un miglioramento nelle funzioni di controllo inibitorio e di attenzione sostenuta e selettiva, e mostravano una maggiore attivazione di regioni cerebrali coinvolte nel controllo cognitivo durante l'esecuzione di un compito di controllo inibitorio (Fasano et al., 2022).
BOX/Il modello “El Sistema”: le orchestre sociali
Le tipologie di attività a cui i bambini e ragazzi sono esposti con le orchestre sociali ispirate ad El Sistema sono le seguenti.
1. Lezioni di strumento individuali e in orchestra: i bambini/ragazzi sono immersi sin da subito nella pratica orchestrale e sono così esposti a un’esperienza, suonare uno strumento musicale, in cui si recluta l’intero sistema corpo-mente-cervello; infatti, per produrre precisi “gesti musicali”, ovvero atti motori intenzionali che permettono di produrre un suono così come descritto dallo spartito musicale, il musicista deve coordinare gli arti, le dita o la bocca. Al fine di elaborare, valutare e regolare i suoni prodotti si attiva, in un ciclo di feedback, un complesso sistema di risposte uditive, somato-senso-motorie, interocettive e limbiche (ovvero relative al sistema emotivo) (Reybrouck, Vuust & Brattico, 2021).
2. Attività di body percussion e legate al movimento: il docente, attraverso la tecnica del call and response, propone pattern ritmici attraverso il corpo (schiocco di dita, battito di mani, petto, cosce, piedi) e i bambini ripetono in gruppo. In un secondo momento ogni bambino propone il proprio ritmo e il gruppo risponde ripetendolo. In ambito scolastico sarebbe utile proporre un'attività di questo tipo ma anche la co-costruzione di una partitura informale in cui ciascun simbolo è associato a un particolare movimento corporeo.
3. Attività vocali e corali: attraverso la tecnica del call and response (stessa modalità delle attività di body percussion) e il metodo Kodály, i bambini seguono il docente che produce sette movimenti e gesti definiti con la mano destra e imparano che ogni gesto è associato a una determinata nota (vedi Figura 1). Anche in questo modo i bambini/ragazzi allenano il complesso sistema di risposte uditive e somato-senso-motorie, interocettive e cognitive (attenzione e memoria di gesti della mano).
BOX/Le orchestre sociali e il modello della “didattica reticolare”
Un altro esempio è costituito da “MusicaInGioco”, un’associazione di promozione delle orchestre sociali che dal 2010 si ispira al modello proposto da “El Sistema”; qui si adotta la “didattica reticolare” (Sibilio, 2013) che permette una interazione tra alunni e insegnanti. La didattica reticolare è un modello che si basa sulla progettazione di ambienti di apprendimento costruiti per consentire percorsi attivi e consapevoli in cui lo studente sia orientato e non diretto. I concetti da apprendere sono intesi come nodi di una grande rete esplorata secondo criteri ed esigenze dettate dagli insegnanti e dagli alunni stessi. Nella didattica reticolare appare centrale la dimensione sociale della conoscenza poiché il gruppo classe ha in sé la potenzialità di un apprendimento efficace che consiste nella costruzione di significati e di abilità imparando dagli altri e con gli altri.
Un esempio: la didattica reticolare in MusicaInGioco prevede l’uso della body percussion, ovvero l’arte di produrre con il corpo dei suoni connotati da diversa intensità e qualità timbrica. Quest’attività viene proposta secondo diverse modalità di interazione “reticolare”.
1. Lettura ritmica: gli alunni leggono uno spartito nel quale ogni nota corrisponde a un gesto sonoro corporeo, ad esempio la nota Fa sul corpo si riproduce battendo il petto, il Do con il “clop” del battito di mani.
2. Ripetizione di ritmi: il gruppo ripete in call and response ritmi proposti dal docente o dagli alunni stessi.
3. Improvvisazione idiomatica (legata a un genere musicale) e non idiomatica, ovvero una creazione estemporanea libera.
4. Improvvisazione non procedurale (per esempio, sonorizzazione di un racconto) e procedurale, ovvero rispondere a stimoli direttivi veicolati da gesti corporei intenzionali che indicano diverse dinamiche. Questa pratica di insegnamento permette di lavorare in gruppo e contemporaneamente su “nodi” di conoscenza interconnessi (senso del ritmo, percezione ritmica, lettura ritmica, ascolto cosciente, dinamica, percezione timbrica, coordinazione motoria ecc.) per costruire competenze sociali quali il rispetto del turno, l’ascolto degli altri, i processi di autoregolazione e l’ascolto cosciente.
Gli effetti della pratica musicale
La musica può essere considerata un vero e proprio stimolo emotivo che è in grado di comunicare, indurre e modulare stati emozionali (Reybrouck et al., 2021). Si pensi all’esperienza di ascolto di un brano che piace particolarmente: può provocare reazioni fisiologiche (pelle d’oca, accelerazione o rallentamento del battito cardiaco) e alterare il nostro stato emotivo (ad esempio, alcuni brani inducono esperienza emotiva di gioia, altri di tristezza). La musica, inoltre, fornisce una strategia alternativa per regolare le emozioni e anche per condividerle. Fare e ascoltare musica, infatti, sono attività intrinsecamente sociali, possiedono l’enorme potenziale di unire le persone, di coinvolgerle in esperienze sociali significative e divertenti, conducono in maniera spontanea alla costruzione di un’interazione e di legami sociali senza richiedere un eccessivo sforzo cognitivo o fisico. Ricerche comportamentali suggeriscono che la pratica musicale di gruppo favorisce lo sviluppo di competenze emotive, empatiche e di comportamenti prosociali; fare esperienze condivise musicali facilita la costruzione di relazioni interpersonali e lo sviluppo del senso di connessione sociale (Matarrelli et al., 2023).
Musica e formazione del sé e dell'identità
Perché viviamo quella musicale, come esperienza piacevole e gratificante? Cosa motiva una persona a fare esperienza musicale, sia essa di ascolto, di performance e di apprendimento? Il recente studio di Fasano e colleghi (2023) ha coinvolto un gruppo di 27 bambini di età compresa tra 10 e 11 anni a cui hanno proposto l’ascolto di brani musicali valutati come piacevoli, durante la scansione di risonanza magnetica funzionale (fMRI): analizzando l’attivazione dinamica degli stati cerebrali più frequenti è stato evidenziato che si attiva la rete funzionale che comprende le regioni di ricompensa e gratificazione orbitofrontali (soprattutto nei preadolescenti più sensibili alla ricompensa musicale valutata tramite un questionario).
L’esperienza individuale della musica può essere definita “estetica”, ovvero un’esperienza in cui ci si concentra sullo stimolo e si susseguono processi percettivi, cognitivi, affettivi per giungere alla valutazione basata su proprietà formali dello stimolo e sulla rilevazione degli stati soggettivi (Brattico & Varankaite, 2019).
Durante l’esperienza estetica della musica si mette in atto un sofisticato processo di attribuzione di senso attraverso meccanismi di memoria, immaginazione e coscienza, attivando processi di immaginazione riflessiva, in cui si immaginano storie e immagini (Reybrouck et al., 2021). Questi processi sono mediati dalla connettività della rete neurale Default Mode Network (DMN), che si suppone sia responsabile dell’esperienza di un sé connotato da coerenza, continuità e stabilità. Reybrouck e colleghi (2021) propongono che l’aumento della connettività del DMN durante l’ascolto musicale possa essere ricollegato all’importanza della musica per il pensiero introspettivo e, in generale, per la formazione del sé specialmente in adolescenza. Si suppone, dunque, che i processi neurali che sottendono all’esperienza estetica musicale medino anche i processi di percezione dell’identità (Matarrelli et al., 2023) e per questo motivo la musica potrebbe avere una forte valenza trasformativa nel periodo dell’adolescenza.
In relazione a questo, un’attività che potrebbe favorire la formazione dell’identità nei ragazzi, in linea con le proposte di Tatiana Chemi, do cente in Danimarca (Chemi, 2014), potrebbe consistere nell’ascolto creativo-estetico ovvero una forma di ascolto attivo di brani musicali (particolarmente adatti i poemi sinfonici, ad esempio di Liszt, Borodin o Respighi), con la consegna di ascoltare e creare una storia adeguata: questo favorirebbe sia processi sensoriali ed emotivi-edonici che processi frontali come il monitoraggio del sé e l’intenzionalità. Si potrebbero così stimolare a scuola la creatività, il pensiero immaginativo e introspettivo poiché lo stimolo musicale diverrebbe “proiettivo”. Inoltre, l’ascolto creativo-estetico andrebbe a esercitare una capacità di contemplazione assorta e concentrata rivolta dall’interno all’esterno e viceversa, capacità di estrema importanza nella scuola odierna.
Conclusioni
Evidenze empiriche mostrano che la pratica musicale può portare a benefici solidi e duraturi sul comportamento, contribuendo a promuovere un benessere complessivo grazie alla sua capacità di influenzare in modo significativo le reti neurali coinvolte in una varietà di processi uditivi e non uditivi, che sottendono a funzioni cognitive, emotive e socio-relazionali. La ricerca in psicologia e neuroscienze della musica acquisisce particolarmente valore proprio nel momento in cui orienta concretamente il lavoro di quanti sono coinvolti nel processo di crescita e cambiamento degli individui.
L’educazione musicale non può consistere in una mera trasmissione e riproduzione del sapere, piuttosto è mediata da una costruzione creativa e condivisa del significato e dell’estetica musicale, che richiede una partecipazione personale e riflessiva nei processi di apprendimento e insegnamento. Proponiamo, quindi, che l’educazione musicale possa divenire un’esperienza tramite la quale imparare ad apprezzare l’arte e la bellezza. Questo perché, ne siamo convinti, la bellezza nella musica e nell’arte rappresenta una dimensione educativa essenziale per la persona.
Brattico, E., Varankaitė, U. (2019). Aesthetic empowerment through music. Musicae Scientiae, 23(3), 285-303.
Carioti, D., Danelli, L., Guasti, M. T., Gallucci, M., Perugini, M., Steca, P., Paulesu, E. (2019). Music education at school: too little and too late? Evidence from a longitudinal study on music training in preadolescents. Frontiers in psychology, 10, 2704.
Chemi, T. (2014). The artful teacher: A conceptual model for arts integration in schools. Studies in Art Education, 56(1), 370-383.
Fasano, M. C., Brattico, E., Lorenzen, I. S., Gargiulo, A., Kringelbach, M. L., Semeraro, C., Cassibba, R. (2022). The impact of orchestral playing on children's lives. In Arts and mindfulness education for human flourishing (pp. 106-123). Routledge.
Fasano, M. C., Cabral, J., Stevner, A., Vuust, P., Cantou, P., Brattico, E., Kringelbach, M. L. (2023). The early adolescent brain on music: Analysis of functional dynamics reveals engagement of orbitofrontal cortex reward system. Human Brain Mapping, 44(2), 429-446.
Lippolis, M., Müllensiefen, D., Frieler, K., Matarrelli, B., Vuust, P., Cassibba, R., Brattico, E. (2022). Learning to play a musical instrument in the middle school is associated with superior audiovisual working memory and fluid intelligence: A crosssectional behavioral study. Frontiers in Psychology, 13, 982704.
Matarrelli, B., Brattico, E. (2024). Gli effetti dell’apprendimento musicale su cervello-corpo-mente: evidenze recenti dalla ricerca in psicologia e neuroscienze della musica. Hogrefe, numero 109, marzo 2024.
Matarrelli, B., Lippolis, M., Brattico, E. (2023). Musica per il flourishing individuale e collettivo: le frontiere della ricerca in Psicologia e Neuroscienze della Musica. Menti in azione: prospettive di Psicologia applicata, 35-55.
Reybrouck, M., Vuust, P., Brattico, E. (2021). Neural correlates of music listening: Does the music matter? Brain Sciences, 11(12), 1553.
Sibilio, M. (2013). La didattica semplessa. Napoli: Liguori Editore.