Qualcuno pensa che il cooperative learning sia una gabbia per l&rsquo;attivit&agrave; dell&rsquo;insegnante, costretto a seguire un metodo rigido. Non &egrave; cos&igrave;, perch&eacute; i metodi rappresentano, soprattutto nelle fasi iniziali, un sostegno e una possibile risposta alla domanda &ldquo;come fare?&rdquo;, ma non sono il&nbsp;cooperative learning.

&ldquo;Impastare&rdquo; in modo differente gli &ldquo;ingredienti principali&rdquo; aggiungendone di nuovi, o inventare procedure efficaci per le classi nelle quali si opera &egrave; invece fondamentale. Quello che conta &egrave; ottenere come risultato lo sviluppo dei profili di padronanza delle competenze.

Qualcun altro ritiene che l&rsquo;apprendimento cooperativo limiti lo sviluppo delle individualit&agrave; e delle eccellenze. Non &egrave; cos&igrave;: il fine &egrave; infatti la differenziazione delle modalit&agrave; e degli strumenti per l&rsquo;apprendimento, in modo che ognuno possa migliorare continuamente e mirare alla propria, personale eccellenza. Anzi, il cooperative learning &egrave; riconosciuto come forma per la personalizzazione degli apprendimenti, per l&rsquo;inclusione, per lo sviluppo delle eccellenze.

Un&rsquo;ulteriore credenza &egrave; legata all&rsquo;idea che in questa metodologia di insegnamento dominino i &ldquo;migliori&rdquo;, che lavorano anche per tutto il gruppo, mentre gli altri permangono passivi. Invece, organizzare efficacemente i gruppi significa attribuire a ognuno pari opportunit&agrave; e responsabilit&agrave;, compiti e ruoli specifici, con revisioni continue del lavoro e valutazioni, sia individuali che di gruppo.

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Apprendimento cooperativo e false credenze

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