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Alla scoperta delle nostre lingue
Il racconto del progetto “Noi e le nostre lingue” condotto nella scuola primaria torinese. Per valorizzare la diversità linguistica delle classi e potenziare le abilità di ascolto e di riflessione linguistica. Di Cecilia Andorno e Silvia Sordella (Università di Torino).
L’educazione plurilingue si può fare
La classe plurilingue pone sfide didattiche impegnative, ma offre anche risorse preziose valorizzabili per l'educazione linguistica. La
varietà delle lingue e dei dialetti
di cui i bambini sono portatori è una ricchezza spesso sommersa e non sempre pienamente colta neppure da parte degli insegnanti di classe; di più, anche quando sono consapevoli del potenziale insito nel patrimonio dei propri alunni, gli insegnanti possono manifestare esitazioni e incertezze sulla sua spendibilità nell'attività didattica ordinaria, e ancor più sui modi con i quali tale potenziale può essere sfruttato (Sordella 2015). Così, le attività che vengono proposte per la
valorizzazione del plurilinguismo e della diversità linguistica
hanno spesso il carattere dell'occasionalità, e raramente sono al centro dell'attenzione, per lo più affiorando sotto il tema dell'interculturalità, ad esempio attraverso la scoperta di un lessico plurilingue impiegato in ambiti culturalmente sensibili alla diversità e vicini all'esperienza dei bambini, come quello della cucina o delle feste tradizionali.
Eppure, la sensibilizzazione alla varietà delle lingue può costituire un valore di per sé, come riconosciuto anche in vari documenti MIUR. Le
Raccomandazioni per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura
(
Diversi da chi?
, a cura dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura, MIUR) sottolineano come l’integrazione scolastica abbia puntato soprattutto su misure compensative, in merito alle carenze nella lingua nazionale, ma "riconoscendo molto poco i saperi acquisiti e le competenze di ciascuno, ad esempio, nella lingua materna". Lo stesso documento sottolinea invece come la varietà delle lingue presenti in classe possa rappresentare "un’opportunità di
arricchimento per tutti, sia per i parlanti plurilingue, che per gli autoctoni
, i quali possono precocemente sperimentare la varietà dei codici e crescere più aperti al mondo e alle sue lingue." D'altronde, le stesse Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione in più punti sottolineano l'importanza e
l'utilità della riflessione sul plurilinguismo
, sia come risorsa in sé sia come veicolo primario per "l’alfabetizzazione culturale e sociale". Dunque, educazione linguistica plurilingue non solo si fa, occasionalmente, e "si può fare", sfruttando il naturale plurilinguismo della classe, ma, in ottica ministeriale, "si deve fare".
Il progetto "Noi e le nostre Lingue" si è sviluppato a partire da questi assunti di partenza.
Il progetto "Noi e le nostre lingue"
Il progetto è nato nell'a.s. 2015/16, per lungimirante iniziativa dell'Ufficio Inclusione del Settore Servizi Educativi della Città di Torino e con il coordinamento scientifico delle scriventi, per conto dell'Università di Torino - Dipartimento di Studi Umanistici. Proseguirà nell'a.s. 2016/17 all'interno del
protocollo d'intesa "Le Nostre Lingue"
recentemente firmato fra il Comune di Torino e l'USR Piemonte. Il progetto prevede l'organizzazione di laboratori di esplorazione delle lingue da svolgersi nelle classi IV e V della scuola primaria, durante le ore curricolari e alla presenza degli insegnanti di classe.
I laboratori sono condotti da studenti-borsisti dell'università, con un background di formazione linguistica e glottodidattica, sotto la supervisione delle scriventi, come referenti scientifico-didattiche. In ogni laboratorio operano due figure: uno studente in qualità di tutor di classe segue lo sviluppo dell'intero laboratorio, mentre un secondo studente, diverso ad ogni incontro, funge da "testimone" della propria lingua madre. Attraverso la figura dei testimoni gli alunni sono invitati ad esplorare la varietà delle lingue incarnata dalla varietà dei testimoni via via ospiti del laboratorio; il tutor di classe guida gli alunni ai percorsi di scoperta, incanalando la riflessione e raccordandola fra i vari incontri; la presenza dell'insegnante di classe assicura l'ulteriore raccordo delle attività svolte in laboratorio con la regolare attività curricolare di educazione linguistica.
La diversità linguistica della classe e la grammatica induttiva
I riferimenti scientifici del progetto sono fondamentalmente due. Da un lato, il progetto è ispirato alle posizioni del
CAdre de Référence pour les Approches Plurielles
(
CARAP
: Candelier et al. 2011, trad. it. in Curci & Lugarini 2012). Come noto, l'intendimento del quadro, nell'ottica della promozione della varietà linguistica e culturale che è alla base anche del CEFR-QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento) del Consiglio d'Europa, è quello di stimolare e incoraggiare un approccio "plurale" all'educazione linguistica, ovvero un approccio che coinvolga la varietà delle lingue come componente ineludibile e centrale del sapere linguistico, attraverso "attività di insegnamento-apprendimento che coinvolgono contemporaneamente più varietà linguistiche e culturali" (Curci & Lugarini 2012:6). Fra le varie azioni suggerite come opportune per ottenere questo risultato, figura quella dell'
Eveil aux Langues
(lett. 'risveglio alle lingue'), che è così definito dagli estensori del quadro: "si ha éveil aux langues quando una parte delle attività riguarda lingue che la scuola non ha intenzione di insegnare" (Curci & Lugarini 2012:7). Un'attività di éveil aux langues include quindi anche, ma non esclusivamente, la lingua di scolarizzazione e le lingue in corso di apprendimento scolastico, così come tutte le lingue e varietà di cui gli alunni possono aver avuto esperienza (lingue di origine parlate a casa, dialetti e lingue minoritarie del contesto locale…) (Curci 2012:iii). Scopo delle attività è sviluppare contemporaneamente atteggiamenti, attitudini e conoscenze circa il linguaggio, le lingue e la loro diversità. Si tratta, in quest'ottica, di incoraggiare la competenza plurilingue, non attraverso l'insegnamento delle lingue, ma attraverso la valorizzazione delle competenze e delle risorse possedute dagli individui come conseguenza del loro essere naturalmente "animali parlanti" e come parte della propria biografia linguistica, inclusa naturalmente l'esperienza scolastica.
Da questa posizione del CARAP è disceso inevitabilmente, nelle prospettive delle scriventi, un riferimento ad una educazione linguistica che, per quel che attiene alla riflessione grammaticale, adotta un approccio induttivo di esplorazione e scoperta. Come già affermava Altieri Biagi (1978:74) in un periodo di grande fermento in merito all'utilità didattica della riflessione grammaticale, "l'importanza della riflessione linguistica risiede - soprattutto - nella sua capacità di attivare processi di «pensiero». La lingua […] offre un terreno particolarmente idoneo all'esercizio di operazioni come l'osservazione, il riconoscimento di analogie e di differenze autorizzanti classificazioni, l'«ordine», la generalizzazione e l'astrazione concettuale". Un simile effetto di stimolo al pensiero analitico e osservativo può derivare solo da una riflessione linguistica condotta almeno in parte in modo induttivo, che chieda agli alunni non tanto o non solo di dotarsi di un apparato terminologico e concettuale con cui riconoscere fenomeni noti, ma soprattutto di servirsene per esplorare fatti di lingua ancora non conosciuti.
Un simile metodo di lavoro è stato esemplarmente illustrato da
Maria G. Lo Duca nei suoi
Esperimenti grammaticali
(Lo Duca 1997), laboratori di scoperta della grammatica italiana condotti in classi di alunni italofoni. In questi laboratori, prevalentemente condotti in classi di scuola superiore, ma in parte anche nella scuola primaria, gli alunni erano incoraggiati alla (ri)costruzione di categorie e fenomeni grammaticali (ad es. accordo, temporalità, definitezza, valenza) in modo induttivo, attraverso l'osservazione del comportamento di frasi e parole dell'italiano, appoggiandosi alla propria competenza linguistica implicita di parlanti nativi. La grammatica, in questo modo, non risulta una componente esterna alla lingua, imposta ad essa per disciplinarne i comportamenti, ma al contrario la descrizione del funzionamento effettivo della lingua, come i parlanti sono in grado di ricostruirlo attraverso la riflessione metalinguistica.
Le attività e le lingue proposte
I laboratori di
Noi e le nostre lingue
coniugano le due prospettive su descritte. Il loro obiettivo è quello di avvicinare gli alunni all'osservazione della varietà delle lingue, ma anche alla scoperta di fenomeni interlinguisticamente ricorrenti, a partire dal livello dei suoni (e dei sistemi di scrittura), fino alla composizione e all'ordine delle parole, con lo scopo di stimolare la loro curiosità linguistica, di accrescere la loro capacità di ascolto, osservazione e riflessione sulla lingua, e di consolidare le conoscenze metalinguistiche trasmesse nelle ore di insegnamento curricolari. Le lingue su cui sono incentrati i laboratori
variano ogni volta
, e solo occasionalmente, e mai per tutta la classe, fanno parte del repertorio linguistico individuale degli alunni. Gli alunni non possono quindi appoggiarsi sulla propria competenza di parlanti della lingua osservata, ma, facendo riferimento ai dati linguistici proposti dal "testimone", devono ricorrere alle proprie capacità di ascolto e osservazione per arrivare, guidati dal tutor di classe, alla scoperta: di suoni, elementi lessicali, fenomeni grammaticali. Le osservazioni sono inoltre sempre condotte su
testi che consentono di collocare la lingua e il testimone nel contesto culturale d'origine
, aprendo quindi anche alla curiosità verso la varietà interculturale.
Nel primo anno di sperimentazione (2015/16) sono state coinvolte sei classi di III, IV e V di scuole primarie torinesi. Nel corso dei dieci incontri di ogni laboratorio, le lingue proposte sono state l
'arabo, il cinese, il persiano, il medumba o baganté
(lingua della famiglia Niger-Congo parlata in Camerun) e, all'interno del repertorio italiano, il dialetto di Calitri. La scelta delle lingue è stata occasionata, accanto ad aspetti pratici quali la disponibilità di "testimoni" della lingua in questione, dalla volontà di rappresentare lingue di varie parti del mondo, di mostrare la varietà presente anche sul territorio italiano, di rappresentare almeno alcune delle lingue presenti nelle classi, ma anche lingue sconosciute a tutti, su cui la percezione di estraneità fosse comune. Alla varietà delle lingue si è sommata la varietà dei tipi testuali proposti:
lettere, canzoni, racconti, proverbi
; e del canale coinvolto, che è stato di volta in volta prevalentemente l'orale o lo scritto.
Gli incontri si sono svolti secondo uno schema ricorrente:
- una fase di
contestualizzazione
, in cui gli alunni sono condotti a una prima conoscenza del testimone, della sua storia linguistica e della sua lingua e, attraverso la discussione comune, ad avvicinarsi al tema dell'incontro riportandolo alla propria esperienza;
- una prima fase di
immersione
nella lingua in cui il testimone racconta, canta o legge un testo nella sua lingua. In questa fase gli alunni sono invitati ad ascoltare o osservare, senza una preoccupazione maggiormente analitica, ma con l'ausilio di strumenti di contestualizzazione (gesti, immagini) che consentono di iniziare a fare ipotesi sul significato del testo;
- una successiva fase di
ricostruzione
del senso complessivo del testo e di osservazione guidata di singoli fenomeni: la forma dei segni grafici, le peculiarità di suoni specifici, l'attribuzione di significato a singole parole, l'ordine in cui sono collocate le parole o il loro comporsi di forme ricorrenti... In questa fase, che è la più consistente, testimone e tutor lavorano in sinergia nel guidare le osservazioni degli alunni incanalandole verso l'obiettivo previsto e invitando alla comparazione con le lingue del proprio repertorio, accogliendo le osservazioni impreviste e che talvolta consentono connessioni con temi già toccati in altri incontri del laboratorio o all'interno del programma scolastico. In questa fase, i bambini sono chiamati soprattutto ad esplorare e sperimentare, con attività estremamente diversificate: scrivere, disegnare, ritagliare, incollare, ripetere suoni, muoversi secondo istruzioni… La fase di ricostruzione si chiude mettendo a fuoco le scoperte cui si è giunti, senza l'obiettivo di "esaurire" l'argomento voluto, ma in modo che le conclusioni possano essere sfruttate in seguito e raccordate alle conoscenze già possedute. Il cinese ha ideogrammi, l'arabo invece ha un alfabeto; l'arabo e il persiano hanno alcuni suoni comuni, che non ci sono in italiano; il medumba ha un ordine delle parole diverso dall'italiano, non ha gli articoli e un curioso modo di fare il plurale; il dialetto di Calitri ha molte parole che assomigliano a quelle italiane; il persiano non ha gli articoli prima del nome ma forma i diminutivi come l’italiano…
- una fase finale di
realizzazione
di un prodotto, eventualmente ripresa dall’insegnante dopo il laboratorio, che suggella l'incontro avvenuto con la lingua ospite dell'incontro: il proprio nome scritto nella lingua scoperta quel giorno, un disegno che illustra la storia ascoltata, un proverbio inventato prendendo a modello quelli sentiti…
Il laboratorio si è concluso con una
verifica dell'apprendimento
, in termini di richiamo delle competenze metalinguistiche messe in gioco e di verifica delle capacità di ascolto e riconoscimento di parole su un testo in una lingua sconosciuta.
“Il cinese ha gli ideogrammi; l’arabo ha l’alfabeto…”
I risultati del primo anno di laboratorio sono stati estremamente incoraggianti, sia in termini di soddisfazione da parte di tutti gli attori coinvolti (alunni, insegnanti, tutor e testimoni linguistici), sia in termini di risultati relativi al
potenziamento delle abilità di ascolto e di riflessione metalinguistica
(Andorno e Sordella, in prep.).
Un risultato particolarmente apprezzabile è stato, da un lato, la constatazione che, durante le attività proposte, gli alunni mettevano in gioco le conoscenze grammaticali acquisite nelle precedenti esperienze curricolari, e, dall’altro, il riscontro, da parte degli insegnanti di classe, di un riutilizzo delle competenze costruite nel percorso laboratoriale nelle varie occasioni di riflessione sulla lingua: a dimostrazione che un'educazione linguistica orientata al plurilinguismo non è da intendersi come una attività in più del curricolo scolastico, ma come il naturale compimento dell'educazione linguistica propriamente intesa.
In un'ottica futura, accanto alle riedizioni prossime del progetto in cui si sperimenteranno ulteriori attività e ambiti di indagine, un potenziamento dei risultati derivanti dalla sperimentazione potrebbe derivare anche da un
maggiore coinvolgimento degli insegnanti nella progettazione delle proposte didattiche
, anche a seguito di un percorso di formazione loro dedicato, incentrato sui meccanismi fondamentali di funzionamento del linguaggio al di là delle singole realizzazioni nelle diverse lingue storico-naturali.
Bibliografia
Altieri Biagi, M.L. (1978),
Didattica dell'italiano
, Milano, Bruno Mondadori.
Andorno, C., Sordella, S. (in prep.),
Usare le lingue seconde nell'educazione linguistica: una sperimentazione nella scuola elementare nello spirito dell'Eveil aux langues.
Candelier M., Camilleri-Grima A., Castellotti V., de Pietro J.-F., Lörincz I., Meißner F.-J., Noguerol A., Schröder-Sura A., Molinié M. (2011), L
e CARAP - Un Cadre de Référence pour les Approches plurielles des langues et des cultures – Compétences et ressources, Conseil de l’Europe, Strasbourg
- Graz, trad. it. a cura di Anna Maria Curci e Edoardo Lugarini (2012), supplemento al numero speciale di
Italiano LinguaDue 2
.
Curci, A.M. (2012), Il quadro di riferimento degli approcci plurali alle lingue e alle culture (CARAP),
Italiano LinguaDue 2
, i-iii.
Lo Duca, M.G. (1997),
Esperimenti grammatical
i, Firenze, La Nuova Italia
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (2012),
Indicazioni Nazionali per la costruzione del curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione
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Osservatorio Nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l 'intercultura del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (2015),
Diversi da chi? Raccomandazioni per l'integrazione degli alunni stranieri e per l' intercultura
.
Sordella, S. (2015),
L'educazione plurilingue e gli atteggiamenti degli insegnanti
, Italiano LinguaDue 1, 60-110.
Per saperne di più
Leggi La mia lingua conta! Per la giornata internazionale della lingua Madre di Graziella Favaro.