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Che cosa porti nella tua valigia?

Un percorso didattico e altri materiali per accogliere bambini e famiglie in una scuola dell’infanzia multiculturale e per ricominciare insieme. Di Antonella Sada. 

di Redazione GiuntiScuola05 settembre 20178 minuti di lettura
Che cosa porti nella tua valigia? | Giunti Scuola

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Una valigia da aprire insieme

A settembre si torna dalle vacanze: il ricominciare a frequentare la scuola , anche per i bambini che già si conoscono, riserva sempre qualche novità. Come una valigia non è mai uguale quando si parte e quando si torna, così è ogni bambino in questo ritrovarsi: il bagaglio delle cose fatte insieme e delle conquiste raggiunte è ora mescolato alle nuove esperienze dei mesi estivi. Aprire insieme questa metaforica valigia è sempre molto piacevole: ne escono ricordi di oggetti trovati, immagini di posti visitati, racconti con le nuove parole imparate. Se poi la valigia è di un bimbo o una famiglia appena arrivata allora il suo contenuto è tutto da esplorare: ci sono le emozioni e le paure di conoscere la scuola, i bisogni e le aspettative, le capacità e le difficoltà.
Settembre quindi non è solo il tempo di riaprire i cancelli, di rincontrare i colleghi, di prepararsi a sentire lo schiamazzo dei bambini nel cortile, ma è il momento di cominciare a pensare – ripensare – al modo di fare scuola tenendo conto del contenuto di questa valigia.
Uno spunto operativo su come utilizzare la valigia come metafora di tutto quel prezioso bagaglio di esperienze che il bambino porta con sé anche da terre lontane è visionabile nel percorso didattico allegato.
Prima di cominciare a programmare proposte operative il gruppo docente non deve però trascurare il tempo della riflessione sulle pratiche educative e organizzative già adottate per dare loro vigore o cercare nuove strategie per coinvolgere sempre più le famiglie nella vita della scuola, superando diffidenze e tendenza a delegare. In una scuola dell’infanzia multiculturale, come quella di cui sono coordinatrice, è il momento di interrogarsi sull’accoglienza delle famiglie e degli alunni, migranti e non , e sul modello di integrazione che si vuole adottare.

L’accoglienza in pratica

A proposito di accoglienza, vorrei rileggerne la definizione, riportata nel dizionario e ripercorrere insieme i tre significati della parola: ricevere, accettare, contenere .
Ricevere : sembra la parte più semplice perché fa pensare che basti aprire la porta a chi arriva per definirsi accoglienti. Il primo impatto con una realtà nuova è spesso determinante nel formare l’opinione che si ha di un luogo e condiziona la relazione che si istaurerà con esso: è importante quindi non trascurare il primo approccio con la scuola. Questo generalmente avviene all’atto dell’iscrizione .
Predisporre una modulistica in lingua non è sufficiente. In questa fase occorre prestare attenzione più al clima relazionale che alla comunicazione vera e propria. Il personale di segreteria spesso non dispone di tempo e risorse sufficienti e la fretta unita alla burocrazia da espletare possono intimorire i nuovi arrivati. Nella nostra scuola da anni il personale docente affianca quello di segreteria nel momento delle iscrizioni: a volte un sorriso, la disponibilità all’ascolto e a trovare soluzioni pratiche ai piccoli problemi crea le basi della fiducia verso la scuola e previene malcontenti e conflitti.

Accettare è un cammino bidirezionale

Accettare le differenze di stili educativi e ritmi di vita adottati da famiglie di origine diverse non significa agire nell’ottica di assimilare. Espressioni come “…tra qualche mese si sarà adeguato alle nostre richieste” o “è la scuola che stabilisce le regole e la famiglia si adatta” troppo spesso racchiudono la convinzione che la diversità sia quasi un ostacolo da superare il prima possibile e mirano a un modello etnocentrico che elimini le distanze culturali. Dall’altro lato, l’accettazione non è neppure da intendersi come azione passiva, in cui le differenze sono tollerate per evitare conflitti. Così facendo si correrebbe il rischio di creare un multiculturalismo che enfatizza le diversità e crea anarchia e scontento.
L’accettazione che si auspica nella nostra scuola è b asata sull’ ascolto dei bisogni, il confronto e la negoziazione e cerca, anche nello stabilire le regole, di trovare un punto di incontro. Per fare questo è buona pratica cercare di individuare per ciascuna sezione un genitore rappresentante di classe di provenienza culturale diversa per garantire, anche all’interno degli organi collegiali come il Consiglio di Interclasse, una pluralità di vedute nelle fasi decisionali della vita della scuola.
Uno degli argomenti di confronto è dato dal regolamento di scuola che si configura come patto tra l’istituzione e la famiglia e contiene gli impegni reciproci. Annualmente, dopo averlo analizzato e aver apportato eventuali modifiche, il documento viene sottoscritto dalle famiglie e dai docenti.

Tenere insieme tanti bisogni

L’esperienza di anni di accoglienza di famiglie straniere nella scuola ci ha portato a credere che sia compito dei docenti far sì che il bagaglio di timori e dubbi non resti chiuso nella valigia. Forte è il rischio che tutto ciò che non viene esplicitato crei aspettative latenti non condivise che sono di ostacolo ad un autentico rapporto di fiducia. Spesso queste aspettative emergono in situazioni di crisi, quali un malessere del bambino o un litigio tra pari, che scatenano tensioni nel rapporto genitore-docente.
È indispensabile dare un tempo all’ascolto delle famiglie prima che questi aspetti emotivi prendano il sopravvento: un utile strumento può essere un questionario, da compilare nei primi colloqui, per indagare quello che le famiglie si attendono dalla scuola ma anche quali reazioni pensano che il bambino potrà avere nell’impatto con nuovi adulti e compagni. Ci si confronta e si concordano le modalità di gestione di eventuali crisi e difficoltà. In questi incontri, come in altre occasioni, il problema della comprensione legata alla lingua può essere superato con la presenza di mediatori, quando le risorse della scuola lo consentono, o molto più semplicemente con la collaborazione di altre mamme linguisticamente più competenti già frequentanti, che spesso sono liete di poter offrire un loro contributo.
Negli anni passati abbiamo constatato che la cura dei bambini diventa uno degli ostacoli alla partecipazione dei genitori alla vita della scuola. Questi, per essere presenti chiedono di portare i figli con loro agli incontri. La nostra scuola si è quindi organizzata, grazie a mamme volontarie ed educatrici disponibili, per offrire un servizio di vigilanza dei piccoli i cui genitori sono impegnati con le insegnanti. Oltre ad essere efficace per l’utenza, questo servizio può essere trasformato in un’occasione di conoscenza. In particolare nella riunione per i nuovi iscritti prima dell’avvio dell’anno scolastico, mentre genitori e insegnanti compilano una scheda di colloquio e i bambini giocano, i colleghi osservano con il metodo carta-penna le interazioni tra pari e ne ricavano informazioni per formare i gruppi-sezione.

Ricevere-accettare-contenere non sono quindi processi che si possono improvvisare e neanche racchiudere in formule preconfezionate. Sono azioni che necessitano di costante riflessione da parte di docenti, preparati e disponibili al dialogo, perché si concretizzino in un’accoglienza serena e avviino un cammino di autentica integrazione, come ben esplicitato nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo della Scuola dell’Infanzia e del Primo ciclo d’istruzione: “La presenza di insegnanti motivati, preparati, attenti alle specificità dei bambini e dei gruppi di cui si prendono cura, è un indispensabile fattore di qualità per la costruzione di un ambiente educativo accogliente, sicuro, ben organizzato, capace di suscitare la fiducia dei genitori e della comunità.”
Buon lavoro a tutti!

Scuola dell'infanzia

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