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“Cinema a rotoli”: giocando con una storia popolare

"Petruzzo" è una storia popolare con parole da toccare e che può essere raccontata dai bambini con una messa in scena davvero particolare. Di Antonio Di Pietro

di Redazione GiuntiScuola21 maggio 20195 minuti di lettura
“Cinema a rotoli”: giocando con una storia popolare | Giunti Scuola

Petruzzo” è una fiaba toscana “cumulativa”, cioè ogni volta che si narra una nuova cosa si ripete anche quanto raccontato precedentemente. Un dispositivo che possiamo incontrare in molte storie e canti popolari.

La propongo perché, grazie alla ripetizione delle stesse parole, può essere narrata in autonomia anche dai bambini che non padroneggiano la lingua italiana.

Ecco la storia.

Petruzzo

Una mattina il papà di Petruzzo si svegliò con un po' di mal testa e mal di pancia. Aveva la febbre e non poteva andare a lavorare nel suo orto. Allora, la mamma chiese a suo figlio: «Petruzzo vai nell'orto a cogliere il cavolo per tuo papà che si sente male».

Petruzzo rispose: «No, non ci voglio andare!».
E la mamma: «Come, non ci vuoi andare! Allora dirò al bastone che ti picchi. Bastone, picchia Petruzzo che non vuole andare nell'orto a cogliere il cavolo per il papà che sta male».
Ma il bastone: «No, non voglio picchiare Petruzzo!».
E la mamma: «Allora dirò al fuoco che ti bruci. Fuoco, brucia il bastone, che non vuole picchiare Petruzzo che non vuole andare nell'orto a cogliere il cavolo per il papà che sta male».
Ma il fuoco: «No, io il bastone non lo brucio!».

E la mamma: «Allora dirò all'acqua che ti spenga. Acqua, spegni il fuoco che non vuole bruciare il bastone, che non vuole picchiare Petruzzo che non vuole andare nell'orto a cogliere il cavolo per il papà che sta male».
Ma l'acqua: «No, il fuoco io non lo spengo!».
E la mamma: «Allora dirò alla mucca che ti beva. Mucca, bevi l'acqua che non vuole spegnere il fuoco, che non vuole bruciare il bastone, che non vuole picchiare Petruzzo che non vuole andare nell'orto a cogliere il cavolo per il papà che sta male».
Ma la mucca: «No, io l'acqua non la bevo!».
E la mamma: «Allora io chiamo la corda che ti leghi. Corda, lega la mucca che non vuole bere l'acqua, che non vuole spegnere il fuoco, che non vuole bruciare il bastone, che non vuole picchiare Petruzzo che non vuole andare nell'orto a cogliere il cavolo per il papà che sta male».

Ma la corda: «No, io non voglio legare!».
E la mamma: «Allora dirò al topo che ti rosicchi. Topo, rosicchia la corda che non vuole legare la mucca, che non vuole bere l'acqua, che non vuole spegnere il fuoco, che non vuole bruciare il bastone, che non vuole picchiare Petruzzo che non vuole andare nell'orto a cogliere il cavolo per il papà che sta male».
Ma il topo: «No, la corda non la rosicchio!».
E la mamma: «Allora dirò al gatto che ti mangi. Gatto, mangia il topo, che non vuole rosicchiare la corda, che non vuole legare  la mucca, che non vuole bere l'acqua, che non vuole spegnere il fuoco, che non vuole bruciare il bastone, che non vuole picchiare Petruzzo che non vuole andare nell'orto a cogliere il cavolo per il papà che sta male».

Disse il gatto: «Mangio, mangio!».
Disse il topo: «Rosicchio, rosicchio!».
Disse la corda: «Lego, lego!».
Disse la mucca: «Bevo, bevo!».
Disse l'acqua: «Spengo, spengo!».
Disse il fuoco: «Brucio, brucio!».
Disse il bastone: «Picchio, picchio!».
Disse Petruzzo: «Vado! Vado!».

Parole da toccare

Per accertarmi che tutta la storia sia realmente compresa, metto le parole in un contenitore di latta: un cavolino di Bruxelles, un pezzo di legno raccolto sulla spiaggia, alcuni fiammiferi, un barattolino con l'acqua, una piccola mucca (giocattolo), una corda, un giocattolo a molla a forma di topo, un gatto (giocattolo).

Così quando nomino una “parola cumulativa”, tiro fuori dal contenitore l'oggetto corrispondente e il più delle volte lo utilizzo come tramite relazionale: passando di mano in mano il cavolino, battendo (per finta) il bastone sulla testa dei bambini, accendendo un fiammifero, schizzando i bambini con l'acqua, facendo il solletico con la corda, facendo partire il topo! E chi riceve il topo è invitato a raccontare la storia.

Dopo aver detto «Mangio, mangio!», metto prima il gatto nel contenitore di latta, poi il topo, la corda... e, quando è tutto rimesso a posto, apro e chiudo il coperchio muovendolo come una bocca che dice: «Vado! Vado!».

Cinema a rotoli

Invito i bambini a disegnare (con le matite) gli elementi della storia: il fuoco, il topo, il bastone... Poi, chiedo di ritagliare i disegni.

In un secondo momento, srotolo una striscia di carta da pacchi marrone e invito i bambini a disporci sopra i disegni seguendo la sequenza della storia.

Incollati i disegni prendo una scatola da scarpe e la taglio in modo da creare la struttura: fori tondi laterali dove mettere tubi di cartone sui quali scocciare la striscia di carta e un'apertura per vedere i disegni.

Poi racconto la storia con il “cinema rotoli”. Il video si riferisce all'anno scolastico 2018-19.

Il “cinema a rotoli” resta disposizione dei bambini che in modo autonomo lo utilizzano per raccontare la storia fra di loro.

Da parte mia, la prossima volta racconterò “Petruzzo” in fiorentino.

Questa esperienza si è svolta all'interno del progetto “Conoscersi... per stare bene insieme” del Comune di Prato .

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