“Perché il bambino morde?”

Il morso dei bambini a familiari, educatori, estranei, coetanei: quali possono essere le cause? Di Martina Valizzone, psicologa

di Redazione GiuntiScuola07 febbraio 20193 minuti di lettura
“Perché il bambino morde?” | Giunti Scuola

 

A cura di Pazienti.it

Molti bambini mordono, soprattutto nella fascia d’età compresa tra 1 e 3 anni. Mordono altri bambini, fratellini o sorelline, mamme, papà, estranei ed educatori, sia a casa che all’asilo e questo accade perché durante l’infanzia i bambini utilizzano diverse modalità per esprimere il proprio mondo interiore: gridano, piangono, fanno i capricci e, talvolta, mordono.
Il morso nei bambini è un comportamento che spesso destabilizza genitori ed educatori eppure, proprio perché è una delle forme di espressione dell’infanzia, entro certi limiti deve essere considerata una manifestazione fisiologica e come tale non deve destare eccessiva preoccupazione.
Fino ai 18-24 mesi, mordere è una delle modalità attraverso le quali il bambino esplora il mondo che lo circonda, oggetti e persone compresi. Ogni piccola scoperta passa dalla sua bocca. I bambini più grandi invece attraverso il morso esprimono il proprio vissuto emotivo, quindi:

- rabbia;
- tristezza;
- frustrazione;
- curiosità;
- richiesta di attenzione;
- eccitazione;
- stanchezza;
- noia;
- paura;
- desiderio di difendere “il proprio territorio”.

Nonostante fino ai 2 anni sia un comportamento fisiologico, è sempre bene porre dei limiti al bambino che morde, per fargli capire poco a poco che si tratta di un comportamento che provoca dolore agli altri, e che quindi va evitato.
 

Come far capire ai bambini che è un comportamento sbagliato?


Prima di tutto è bene ricordare che ogni bambino ha bisogno nel suo quotidiano di adulti non giudicanti e presenti che osservino le dinamiche infantili dando loro il giusto peso, intervenendo solo quando si è davanti ad una difficoltà reale.
Di seguito troverete una lista di consigli pratici utili a far comprendere al bambino che mordere le persone è un comportamento sbagliato, assolutamente da evitare:

- nel caso il bambino stia attraversando la fase di dentizione, è necessario fornirgli diverse tipologie di giocattoli refrigerati di modo tale che le occasioni di mordere altro o altri siano ridotte al minimo;
- quando il bambino morde un’altra persona, è bene spiegargli che può mordere un oggetto, ma non può mordere le persone perché fa loro del male. Tutte le volte che il bambino morde un altro bambino o un educatore è bene ricordargli che quel comportamento è sbagliato. La ripetizione costante aiuta i bambini ad apprendere un comportamento. Se il bimbo non si confronta con una risposta ferma e decisa da parte degli adulti che si prendono cura di lui (risposta che dovrebbe essere uguale e coerente, ogni volta che si verifica un episodio del genere), smettere di mordere sarà più difficile. Quindi è preferibile che famiglia ed educatori si confrontino sulle modalità di gestione del bambino in modo da fornire la stessa coerente risposta e agire all’unisono per porre fine a questo comportamento;
- non utilizzare sistemi equivalenti: tipo schiaffi, sculacciate, pizzicotti o morsi perché questo confermerebbe l’idea che il morso serve a far valere le proprie ragioni e che chi morde è il più forte;
- quando il bambino morde per rabbia o frustrazione, il genitore o l’educatore devono intervenire cercando di calmarlo, prendendolo in braccio e parlandogli, aiutandolo a verbalizzare il proprio vissuto emotivo (questo con i bimbi più grandi). Stargli accanto, anche senza parlare, aiuterà il bambino a capire che non è solo e che può contare sulla vicinanza e l’aiuto degli adulti per sentirsi meglio.

E per il futuro? 


È importante, in questi casi, non preoccuparsi eccessivamente: mordere durante l’infanzia non dev’essere visto come il probabile sintomo del fatto che, nel futuro, un bimbo che morde sarà un bambino incline alla violenza o poco socievole. Mordere, fino ai 3 anni circa, può essere considerato un comportamento tipico che va controllato e gestito ma che, nella maggior parte dei casi, si risolve in maniera autonoma con la crescita del bambino.

 

 

 

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