Shoah: il dottor Korczak, maestro dei bambini abbandonati

Salì sul treno diretto al campo di sterminio di Treblinka per non lasciare soli i piccoli arrestati dai nazisti: un allievo sopravvissuto racconta la storia in un libro

di Cristiana De Santis21 gennaio 20193 minuti di lettura
Shoah: il dottor Korczak, maestro dei bambini abbandonati | Giunti Scuola
 

È un piccolo libro prezioso: è il racconto dell’esperienza dell’ebreo polacco Itzchak Belfer e si intitola Il mio maestro Janusz Korczak .

L’autore (del testo e delle illustrazioni che lo accompagnano) è uno dei pochi sopravvissuti testimoni di un’esperienza educativa straordinaria: dai sette ai quindici anni della sua vita fu ospite della Casa degli orfani fondata a Varsavia dal pediatra e pedagogo Janus Korczak (all’anagrafe Henrik Goldszmit) insieme con la sua collaboratrice Stefa (Stefania) Wilczynska . Alcuni conoscono forse la storia del dottore che salì sul treno diretto al campo di sterminio di Treblinka per non lasciare soli i suoi bambini (192 in tutto) arrestati dai nazisti: un piccolo corteo preceduto dalla bandiera verde dell’infanzia – lo stendardo di Re Matteuccio I, il re bambino protagonista di un libro per ragazzi di Korczak. Pochi conoscono le sue idee e i suoi scritti (in particolare Come amare un bambino , pubblicato nel 1919), che hanno ispirato la “Convenzione Internazionale sui diritti dell’infanzia”, adottata dall’ONU nel 1989. Eppure tutti siamo ormai disposti ad accettare come un dato di fatto che “il bambino non è un adulto in miniatura”, ma “una persona di oggi” che bisogna rispettare nella sua integrità.

Uno sguardo nuovo sull'infanzia

Attraverso il racconto di Itzchak , riuscito a scappare in Russia e poi in Israele, scopriamo in che modo il dottor Korczak arrivò a portare uno sguardo nuovo sull’infanzia abbandonata.
Attraverso le pagine del libro impariamo ad aspettare una risposta, come i bambini che affidavano alla casella di posta le lettere al dottore, guardiamo dal basso verso l’alto il bambino più grande che ci affianca come mentore, pronti a diventare responsabili di un piccolo a nostra volta, impariamo a litigare (maschi o femmine che siamo) e a presentare le nostre istanze al Tribunale dei bambini, discutiamo ed elaboriamo le regole della vita in comune nel Parlamento dei bambini , partecipiamo alla redazione di un vero giornale scritto dai bambini per altri bambini, leggiamo libri nella biblioteca della casa, partecipiamo a Olimpiadi autorganizzate.
“Vivevamo così, centosette bambini, in un regno indipendente dove gli adulti avevano i nostri stessi diritti, e viceversa. Non esisteva un regno come il nostro in tutto il mondo, ma spero davvero che ce ne sarà un altro, prima o poi.” - scrive Belfer.

Un insegnante che non perde la speranza

Come insegnava Korczak? In un modo nuovo e originale, come ci racconta un grande pedagogista vivente, Philippe Meirieu, in un albo illustrato realizzato insieme con il disegnatore Pef: Korczak. Perché vivano i bambini (Edizioni Junior, 2014):
“Per interessarli, porta loro degli oggetti di tutti i tipi – una forchetta, un pezzo di legno, un guanto… – perché ci possano imbastire delle storie! Il guanto diventa un re, la forchetta un drago: ecco che scoppia la battaglia… A partire da questi racconti spiega la grammatica, insegna la storia, parla di educazione tecnica, e perfino di matematica…”.
A colpirci, tuttavia, non è solo il metodo, ma l’atteggiamento dell’insegnante, che riesce ad avvicinare ragazzi di strada, a trasmettere fiducia a ragazzini abbandonati, invitandoli a superarsi: “Quando li si prende sul serio, anche i ragazzi più terribili finiscono sempre per mostrarsi degni della fiducia che si accorda loro” – diceva il dottore.
Torniamo dunque a leggerlo a scuola: per metterci nei panni di un bambino ebreo ai tempi dell’occupazione nazista o in quelli di un insegnante visionario che non perde la speranza nel futuro.

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