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Tra cura e apprendimento

Linee pedagogiche per il sistema integrato 0-6 e Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia: a che punto siamo?

di Diana Penso20 luglio 20221 minuto di lettura
Tra cura e apprendimento | Giunti Scuola

La capacità di rinnovare la scuola sta nei processi vivi e reali, nelle persone che incontrano bambini e producono conoscenze e crescita

Parlare di sistema integrato zerosei è una grande conquista, ma al tempo stesso un percorso tutto da pensare e costruire. C’è bisogno di una formazione coerente con l’intero impianto e quindi di una preparazione condivisa per lo sviluppo di esperienze e di sperimentazioni, per costruire quel “lessico comune” e quella “continuità verticale” richiamati dalle Linee pedagogiche e dagli Orientamenti nazionali. Negli Interventi strategici per la realizzazione del sistema integrato zerosei vengono rintracciati alcuni possibili temi da approfondire:

  • sviluppo tipico e atipico del bambino in età compresa tra i tre mesi e i sei anni; 
  • continuità orizzontale, relazione con le famiglie e contesto; 
  • continuità verticale nella costruzione di un percorso comune e condiviso; 
  • curricolo nel rapporto tra Orientamenti educativi e Indicazioni nazionali
  • osservazione, progettazione, documentazione, valutazione, autovalutazione; 
  • organizzazione contesti educativi inclusivi; 
  • ruolo delle tecnologie digitali per la sana crescita dei bambini. 

 

GLI INTRECCI NECESSARI

La formazione tra nido e scuola dell’infanzia negli anni è stata spesso differenziata e separata: nella progettazione, nei modi di organizzare spazi e tempi, nella strutturazione delle attività.

In alcune realtà educative permane ancora l’idea di una distanza tra il nido, vissuto come luogo di cura e accudimento, e la scuola dell’infanzia, concepita in genere, nell’ultimo anno di frequenza, come preparatoria alla primaria.

Queste posizioni tendono a separare gli aspetti affettivi ed emotivi dai saperi formali, quasi che occuparsi del benessere e della cura del bambino non abbia niente a che fare con l’apprendimento e trascurando il fatto che nei processi della conoscenza esiste sempre un intreccio relazionale ed emotivo. Come ci spiega la teoria dell’attaccamento (John Bowlby), le dimensioni della cura e dell’ascolto non sono utili solo per il benessere fisico del bambino, ma attraverso l’esperienza della cura, creano legami affettivi e mentali, costruiscono rappresentazioni di sé e dell’altro sulla base della presenza, della vicinanza, della disponibilità di chi si occupa di lui.

È vero il fatto che da 0 a 6 anni le competenze si accrescono, si arricchiscono ed evolvono e che c’è bisogno di ampliare le capacità dei bambini, nel rispetto e nella specificità delle diverse età. Ma sviluppare competenze non vuol dire anticipare in modo artificioso e forzato lo sviluppo dei bambini, in maniera tale che ne stravolge il ciclo naturale di vita e i tempi di sviluppo.

Dunque, un percorso nuovo dovrebbe mettere insieme tutti questi aspetti.

 

IL BISOGNO DI FORMAZIONE

Qualsiasi progetto di cambiamento, per essere realizzato, deve passare attraverso lo sviluppo della professionalità e, quindi, di competenze pedagogiche, culturali, relazionali. Non basta una cornice normativa per produrre innovazione.

C’è bisogno, insomma, di formazione. Il termine stesso “form-azione” contiene il significato di “dare forma alla persona”, nel senso di produrre cambiamenti nei modi di pensare e agire.

La formazione consiste “nell’acquisizione di conoscenze, di capacità, di atteggiamenti, di capacità pratica e operativa, in modo che l’apprendimento non si collochi in una distanza astratta, ma sia invece collegato alla possibilità per la persona che apprende, di partecipare attivamente al mondo sociale, culturale e professionale” (Gian Piero Quaglino).

Secondo quest’approccio, essa non è riproduzione pedissequa di esperienze acquisite o precostituite, quanto costruzione di situazioni in cui sia possibile inventare novità, rompere abitudini e scoprire idee.

 

Image | Giunti Scuola

QUATTRO ITINERARI POSSIBILI

Possiamo dunque pensare ad alcune tematiche da sviluppare:

  1. la conoscenza delle competenze dei bambini delle diverse fasce d’età, la cui costruzione passa attraverso molte dimensioni. Nelle situazioni di routine, il bambino apprende osservando, imitando, seguendo le indicazioni suggerite dal contesto nel quale si trova, dalla sua organizzazione, dalle interazioni. L’esperienza delle piccole cose, dei gesti quotidiani e delle routine, non forniscono solo conoscenze “pratiche”, ma accrescono le abilità e le capacità del singolo, sviluppano intelligenza, articolano le “mappe concettuali” che si strutturano nella mente per “leggere” e interpretare il mondo;
  2. la costruzione di un gruppo di lavoro, nel quale sia possibile confrontare esperienze, raccontarsi, comunicare, costruire relazioni, collaborare…;
  3. la valorizzazione dei momenti della cura, intesi come insieme di attività che hanno a che fare con l’attenzione per il benessere dei bambini. La pedagogia della cura dovrebbe rivolgersi anche all’organizzazione degli ambienti, degli arredi, dei materiali;
  4. il pensiero riflessivo, riflettere sull’azione vuol dire “restituire significato” a ciò che si fa abitualmente, “cogliere il senso” sul perché fare certe attività piuttosto che altre, organizzare gli spazi e i materiali in un modo o in un altro. In sintesi, porre lo sguardo su aspetti consueti della vita quotidiana, riconoscerne il valore ed esplicitarne gli apprendimenti.

 

LA NUOVA SFIDA

Per realizzare questa prospettiva, occorre che nidi e scuole dell’infanzia s’incontrino superando i propri confini, mettendo a disposizione tradizioni, saperi, competenze, strumenti, tecniche. È un processo lungo che richiede tempo, cura, motivazione, capacità e impegno a stabilire relazioni. Una costruzione in connessione, che si realizza in gruppo, che richiede coinvolgimento e motivazione; un processo complessivo dove le componenti logico-razionali dello sviluppo si incontrano con quelle emotive e affettive.

 

Scuola dell'infanzia

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