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Sport: ponte fra le età e le culture
Lo sport è un efficace mezzo di comunicazione e di interazione tra culture diverse. E la "lingua" dello sport offre grandissime possibilità di dialogo interculturali e interdisciplinari.
La grande attualità dello sport – del calcio, soprattutto, e non sempre nelle sue forme più esaltanti – ci suggerisce di riproporre un articolo di Vinicio Ongini apparso su "La Vita Scolastica n. 4, 2009". Vinicio Ongini ci racconta come lo sport possa essere un efficace mezzo di comunicazione e di integrazione tra culture diverse. Insomma, lo sport che spesso è al centro della cronaca per eccessi e violenze, può – se ben indirizzato – costituire una palestra concreta per imparare il rispetto e praticare la tolleranza.
Ambrogio, un bambino di 8 anni, ha visto piangere per la prima volta il nonno quando è morto il calciatore della squadra dell’Inter, Giacinto Facchetti: un campione, un eroe, il capitano della squadra quando il nonno era piccolo.
Quante altre passioni, quante altre “lingue”, quali altre narrazioni sono condivise dai figli e dai padri, dai nipoti e dai nonni? Lo sport offre possibilità di dialogo , di scambio, di comunicazione tra le generazioni. La prima volta allo stadio “insieme” al padre o al fratello maggiore, durante i tanti viaggi in palestra, in piscina o a danza accompagnati dalle madri o dalle nonne: talvolta è in questi momenti che generazioni diverse si sintonizzano proprio attraverso la “lingua” dello sport .
In altri contesti è molto più difficile: i gusti musicali, il modo di vestirsi, perfino il modo di mangiare sono spesso diversi e contrapposti tra figli e genitori, tra ragazzi e adulti. A volte lo sport diventa davvero l’unico spazio narrativo comune, un luogo di incontro, di incrocio, di tregua tra le generazioni.
Come fanno i bambini a sapere i nomi di Coppi e Bartali e di Pelé e di Gigi Riva, e perfino di Silvio Piola, campione dell’era fascista? A volte sono i padri o i nonni che raccontano ai figli i nomi e le storie di quando loro erano ragazzi, oppure sono i media che assolvono a questa funzione.
Ma non sono solo queste le potenzialità educative dello sport. Soprattutto nei giochi di squadra,
lo sport diventa luogo di condivisione di regole
; squadra non si nasce, si diventa. E spostandoci a scuola potremmo dire:
classe non si nasce, si diventa
.
Un grande libro interdisciplinare
C’è un “sapere” e un “leggere” di sport da parte dei ragazzi che è fatto di notizie, dati tecnici, numeri, nomi, storie, racconti. Una nomenclatura un po’ ossessiva che però è anche veicolo di socialità, di fantasia, di storie avventurose, di apprendimenti linguistici.
Basta pensare ai simboli delle squadre e delle città, ai colori delle bandiere e delle divise: Atalanta, per esempio, prima squadra, in ordine alfabetico, dell’album delle figurine Panini del campionato di calcio, è il nome della squadra di calcio di Bergamo, ma anche il nome di un’eroina della mitologia greca, prototipo della donna sportiva.
Atalanta non voleva sposarsi e quando le si presentava un pretendente lo sfidava a una corsa, consentendogli anche di partire in vantaggio. Se non fosse riuscita a raggiungere l’avversario-pretendente, avrebbe acconsentito alle nozze, se invece lo avesse raggiunto e superato lo avrebbe ucciso.
La bandiera invece è uno dei simboli più ricorrenti della ritualità sportiva (le bandiere dei tifosi, l’alzabandiera dei vincitori ecc.), è un indicatore della nazionalità, del Paese di appartenenza, ma è anche una passione infantile: “Sai di che colore è la bandiera della Nigeria?”; “E quella dell’Albania?”…
Anche i ragazzi della Via Pal lottavano per la bandiera, anche i pirati ne hanno una. In questo senso dunque il mondo dello sport si configura come un grande contenitore di testi e di immagini che in varie forme si rivolgono e si fanno leggere dai ragazzi.
Un grande e caotico libro di divulgazione, un’enciclopedia bizzarra, decifrata e consumata dai ragazzi con diletto.
Basta pensare all’
Almanacco del Calcio che è un vero e proprio dizionario
, un librone fatto solo di date, numeri, classifiche, e c’è anche l’elenco degli atleti che hanno preso “la scarpa d’oro”!
Le materie scolastiche ci sono tutte , o quasi. La Matematica: le classifiche , i goal, i numeri dei giocatori, i secondi, i metri, i chilometri…; la Geometria: i rettangoli, i cerchi , gli angoli dei campi da gioco, delle palestre e delle piscine…; la Geografia dell’Italia e del mondo: il Milan e il Messina in che regioni sono? E il Kosovo, esattamente dov’è? Che lingua vi si parla, che maglia ha? La Storia: perché Israele non ha partecipato ai Giochi del Mediterraneo che si sono svolti in Abruzzo a luglio 2009?
Ci sono la letteratura per l’infanzia e la mitologia
: erano grandi campioni di scherma Robin Hood e i Tre moschettieri, il torneista Lancillotto, la pallavolista Nausicaa e il maratoneta Pinocchio (come corre quando scappa, e che ritmo!).
E ancora: le parole dello sport imparate dai bambini stranieri prima ancora di parlare l’italiano. E la musica:
gli inni nazionali
, i cori e le canzoncine dei tifosi.
Poi c’è l’araldica : i simboli delle squadre e delle città, i colori delle bandiere, delle maglie, delle divise, il bestiario degli stemmi: la lupa per la Roma, il galletto per la Francia, i leoni del Camerun…
Lo sport e l’intercultura
E poi c’è, sempre di più, l’intercultura : i giocatori stranieri delle nostre squadre di calcio sono immigrati? Che rapporto c’è tra la presenza di giocatori stranieri e la presenza di famiglie e bambini stranieri nelle nostre scuole? Gli alunni rumeni e albanesi probabilmente sanno che nella Fiorentina gioca un calciatore rumeno, mentre nella Lazio gioca un calciatore albanese. Ma nel Brescia giocano un calciatore polacco, uno ceco, uno ghanese, un marocchino, due ungheresi e uno del Costarica. Un gruppo classe davvero multiculturale: quale interlingua useranno in campo e in allenamento? E fuori dal gioco?
La presenza di questi campioni potrebbe essere lo spunto per parlare e scambiare idee e informazioni sui Paesi di provenienza . Il punto di forza è che questi personaggi sono conosciuti anche dai compagni di scuola italiani, tanto più se sono romanisti, laziali o tifosi del Brescia o della Fiorentina.
Questo permette di condividere storie, interessi, riferimenti, frammenti narrativi . Quando l’Italia era un Paese di emigrazione prevalevano i giocatori provenienti proprio dai Paesi dei nostri emigranti, oggi invece nelle squadre di calcio sono presenti in modo significativo anche i Paesi delle nuove e più recenti immigrazioni: Romania, Albania, Bosnia, Ucraina.
Partendo dalle storie di alcuni calciatori si potrebbero fare dei ragionamenti con i bambini su che cosa significa essere stranieri e italiani, avere più identità e cittadinanze. Il calciatore brasiliano Kakà, che giocava nel Milan, ha detto in una intervista: “Sono contento di essere diventato anche italiano”. Aveva infatti appena ricevuto la cittadinanza italiana, era brasiliano, ma anche italiano.
Le squadre di calcio sono diventate multietniche e assomigliano sempre di più alle nostre classi.
Non a caso intercultura e Inter, nel senso della squadra vincitrice dell’ultimo campionato di calcio, condividono lo stesso prefisso…
Per saperne di più
- M. Valeri, Black italians. Atleti neri in maglia azzurra , Palombi, Roma 2006.
- F. Caon, V. Ongini, L’intercultura nel pallone. Italiano L2 e integrazione attraverso il gioco del calcio , Sinnos, Roma 2008.