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Specchi e finestre: uno sguardo interculturale per combattere il pregiudizio

Come mi vedo? E come vedo gli altri? E che cosa ci accomuna tutti? Un percorso in tre tappe contro il pregiudizio

di Catia Gaiba03 giugno 20194 minuti di lettura
Specchi e finestre: uno sguardo interculturale per combattere il pregiudizio | Giunti Scuola
Uno sguardo interculturale per combattere i pregiudizi: è questo il titolo di un progetto di ricerca-azione realizzato quest’anno scolastico nel nostro Istituto (capofila di una rete di scuole di scopo) all’interno del Programma Nazionale FAMI per la formazione dei dirigenti, insegnanti e personale ATA di scuole ad alta incidenza di alunni stranieri. Il progetto ha avuto lo scopo di implementare e rafforzare le competenze del personale scolastico sui temi interculturali con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’inclusione scolastica.

L’idea iniziale del gruppo di lavoro è stata quella di osservare e riflettere sui pregiudizi e gli stereotipi nelle varie fasce d’età e proporre attività per il loro superamento. L’idea di fondo è quella di far acquisire ai bambini maggiore consapevolezza di sé e degli altri, aiutarli a decentrarsi, sviluppare le capacità empatiche per imparare ad accogliere la diversità.

 

Specchi: io mi vedo così….

Nel piano generale sono state previste tre fasi, in parte riviste durante il percorso. Nella prima fase della ricerca si è proposto ai bambini di raccontare come si vedono, riflettere su sé stessi in base a caratteristiche socialmente significative. Alla scuola dell’infanzia abbiamo utilizzato lo specchio: i bambini hanno giocato con la propria immagine riflessa e hanno tentato di realizzare una prima rappresentazione di sé stessi costruendo uno specchio personalizzato.  Hanno scelto tra immagini divise per categorie (cibo, giochi, sport, elementi naturali, simboli emozionali) quelle più adatte a definire le loro preferenze e le hanno adoperate come decorazioni e come sollecitatori  per raccontarsi. Questa attività è stata ripetuta in vari momenti dell’anno anche per verificare i progressi linguistici dei bambini.

In base alle scelte dei bambini,  abbiamo individuato le caratteristiche ricorrenti e più rappresentative assegnando un colore ai gruppi.  I bambini hanno scelto liberamente di appartenere a una o all’altra piccola comunità contrassegnata da un adesivo del  colore. Abbiamo discusso insieme  sul significato del gruppo come insieme di persone accumunate da una caratteristica o interesse.

“Mi piace mangiare il pane,
suonare,
mi diverto a tagliare con le forbici
e giocare a palla…” 

 

Finestre: come vedo gli altri

Nella seconda fase, abbiamo proposto l’osservazione dell’altro da sé. Abbiamo selezionato delle foto di personaggi famosi per tutti e tre gli ordini di scuola e abbiamo chiesto ai bambini di indovinare la loro identità facendo riferimento a caratteristiche socialmente rilevanti (professione, sport, nazionalità…). Abbiamo registrato e trascritto questi racconti ed è stato interessante confrontare le risposte tra i diversi livelli scolastici monitorando come influiscono i condizionamenti sociali con il crescere dell’età, quando e/o come compaiono i pregiudizi.

E tutto ciò che ci accomuna

L’ultima fase ha previsto un gioco di decentramento che aveva lo scopo di rimescolare le storie e le caratteristiche individuali, offrendo una prospettiva inclusiva. I bambini sono stati invitati a trovare nei diversi gruppi gli elementi che accomunano tutti al di là delle differenze. Gli insegnanti, con domande e sollecitazioni mirate, hanno stimolato il rimescolamento degli alunni e la formazione di nuovi gruppi a partire da ciò che unisce. Alla scuola dell’infanzia l’ultima domanda posta ai bambini è stata “A chi piace giocare?” tutti i bambini si sono ritrovati in un unico macro-gruppo con il colore arcobaleno. Ecco  il dialogo tra insegnante e bambini: 

Insegnante: come mai adesso siete tutti qui?
Bambina: perché siamo tutti arcobaleno
Insegnante: come è potuto succedere?
Bambino: perché a tutti piace giocare!

Le fasi di realizzazione del percorso sono state intervallate da momenti di monitoraggio e rivalutazione sempre in un confronto costruttivo tra insegnanti di diversi ordini di scuola. Come docente sperimentatore, mi sento di testimoniare l’importanza di una prospettiva aperta e verticale, soprattutto per la realizzazione di una didattica interculturale.

Nota: La R-A ha coinvolto docenti sperimentatori della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado  con il coordinamento di un Tutor Michele Galeazzi, collega della primaria frequentante il Master OGISCOM (Organizzazione e gestione delle Istituzioni scolastiche in contesti multiculturali) presso l’Università di Macerata. Quest’ultimo ha guidato le attività occupandosi di selezionare le esperienze, monitorare le pratiche e redigere i report.

 

 
 
 
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