Anche quest&rsquo;anno prende avvio il &ldquo;Piano estate&rdquo;, con uno stanziamento di 400 milioni di euro per finanziare attivit&agrave; di inclusione, socialit&agrave; e potenziamento delle competenze per il periodo di sospensione estiva delle lezioni. Il Piano, di carattere biennale, &egrave; rivolto alle scuole primarie e secondarie statali e paritarie e potrebbe coinvolgere circa un milione di studenti.

L&rsquo;obiettivo, stando alle dichiarazioni del ministro Valditara, &egrave; quello di concepire la scuola come un punto di riferimento per gli studenti e per le famiglie anche d&rsquo;estate, con sport, attivit&agrave; ricreative, laboratori o attivit&agrave; di potenziamento, ricorrendo a tutte le collaborazioni possibili con gli enti locali e le associazioni del terzo settore. Insomma, una scuola, a detta del Ministro, che si vuole caratterizzare come un luogo aperto, parte integrante della comunit&agrave; per tutto l&rsquo;anno, realizzando attivit&agrave; di aggregazione e formazione soprattutto per i bambini e i ragazzi che, in estate, non possono fruire di altre esperienze di arricchimento personale e di crescita a causa delle esigenze lavorative dei genitori o di particolari situazioni familiari.

Idea vecchia, vecchi problemi

Nulla da eccepire, ovviamente, sulle motivazioni. Quella di tenere aperte le scuole anche d&rsquo;estate &egrave; una vecchia idea formulata all&rsquo;epoca dal ministro Berlinguer e poi ripresa periodicamente dai ministri successivi, ma ha sempre esercitato uno scarso appeal tra il personale scolastico, per una serie di ragioni:

a) la frettolosit&agrave; con cui vengono emanate di solito queste proposte, non consentendo un&rsquo;adeguata programmazione;

b) la scarsa disponibilit&agrave; dei docenti a prestare servizio d&rsquo;estate (anche se con remunerazione aggiuntiva);

c) una rendicontazione finanziaria finale alquanto macchinosa;

d) la difficolt&agrave; a gestire le attivit&agrave; in sinergia con il territorio. Riguardo quest&rsquo;ultimo aspetto, lo stesso Ministero implicitamente rileva questi problemi prevedendo che, oltre alle scuole, siano gli enti locali o agenzie del terzo settore a organizzare e gestire le attivit&agrave;, in alcuni casi anche con un contributo da parte delle famiglie. In questo contesto &egrave; facile prevedere che molte scuole sceglieranno questa seconda via, delegando la gestione delle attivit&agrave; al territorio e configurandosi di fatto come una sorta di ufficio pagatore nei confronti delle agenzie esterne.

Tre aspetti collaterali

Un discorso serio sull&rsquo;apertura delle scuole nel periodo estivo dovrebbe avere un respiro pi&ugrave; ampio e tenere presenti tre aspetti collaterali:

1) prima di tutto emendarlo dalla estemporaneit&agrave; che da sempre lo caratterizza. &Egrave; deleterio avere come orizzonte una annualit&agrave; o un biennio, a meno che non si concepisca il piano come una esperienza controllata in vista di una generalizzazione;

2) l&rsquo;apertura estiva delle scuole andrebbe considerata all&rsquo;interno di una revisione pi&ugrave; generale del calendario scolastico, per verificare la possibilit&agrave; di un aggiustamento pi&ugrave; funzionale anche in relazione a possibili sconfinamenti nel periodo estivo;

3) ci&ograve; presuppone che gli edifici scolastici siano adeguatamente climatizzati per garantire lo svolgimento di attivit&agrave; di vario tipo in condizioni agevoli.

Di questi problemi non vi &egrave; traccia nelle proposte ministeriali; ecco perch&eacute; l&rsquo;apertura estiva degli edifici scolastici rischia di tradursi in una seccatura organizzativa per la scuola, oppure in una sua trasformazione in un istituto cassiere che assegna fondi a enti locali e agenzie del terzo settore.

Piano estate per tenere aperte le scuole: funzionerà?