Multicultura

Osservatorio Scuola Primaria • Anteprima novembre 2011

Scuola: sarà trascurata dal nuovo ministro?

Dalla comparsa della pandemia in Europa e in Italia sembra passata un’eternità; in realtà è solo poco più di un anno, un tempo che però ha stravolto la nostra vita e il nostro pensiero quasi quanto un’era storica.Quando a marzo 2020 ci siamo ritrovati a casa, rinchiusi dentro le nostre quattro mura, privati delle nostre professionalità nei servizi educativi e apparentemente delle nostre libertà, abbiamo cominciato a pensare che “sarebbe andato tutto bene” e che probabilmente da questa lezione avremmo tratto degli insegnamenti importanti.Abbiamo puntato il dito sulle criticità, sulle negatività, su ciò che non sarebbe più potuto essere come prima, salvo poi dimenticarcene colpevolmente.&nbsp; 1. La presenza a tutti i costiIn educazione è successo proprio questo. Inizialmente abbiamo assistito a una rincorsa frenetica alla presenza a tutti i costi, spinti dalla convinzione che senza di noi le famiglie e i bambini si sarebbero persi dentro chissà quale labirinto cretese e forse presupponendo di avere un ruolo più importante di quello che in realtà avevamo.Poi, dopo l’eccitazione iniziale per un qualcosa che rincorreva la celeberrima DAD (Didattica A Distanza), una volta che i contagi sono cominciati a diminuire c’è stata la corsa a chi apriva prima, a chi lo faceva meglio e a chi lo sponsorizzava di più. Alla fine i servizi hanno riaperto ma da lì a cantare vittoria il passo era ed è ancora molto lungo.2. Le riaperture e le difficoltàPassata la mandata estiva fatta di bolle, triage e numeri estremamente bassi siamo arrivati a settembre. Ancora una volta l’unico pensiero è stato quello di tornare a garantire un servizio, e fino qui tutto bene perché così doveva essere, facendo però i conti con due fattori importanti: l’inevitabile calo della domanda e la fuga di parte del personale educativo che si è orientato verso il mondo della scuola e in particolare del 3-6.Sulla prima questione ho sempre notato un certo ottimismo, in certi momenti anche fuori luogo poiché le molte limitazioni presenti nei protocolli inevitabilmente avrebbero inciso, senza dimenticarci che nella frequenza 0-3 non vige l’obbligo di frequenza. Purtroppo c’è stata in questa prima fase una diatriba con i pediatri, che giustamente dal loro punto di vista e professionale, non hanno ritenuto lecito prendersi delle responsabilità non normate. Poi c’è stata la questione del triage e inevitabilmente il respingimento di molte bambine e bambini, che ha creato frizioni e problematiche sia da parte del personale educativo che da parte delle famiglie.Insomma, molto è stato lasciato alla libera interpretazione del singolo, anche se c’erano delle regole scritte. Questo non ha agevolato una ripartenza già di per sé difficoltosa. 3. Il contraccolpo psicologico&nbsp;Un altro aspetto che è sembrato essere ignorato del tutto è stato il contraccolpo psicologico che questo passaggio ha lasciato nelle persone. Per molti mesi, e ancora oggi, assistiamo ad un bollettino giornaliero che parla di contagiati, ricoverati nelle terapie intensive e purtroppo di centinaia di migliaia di morti. Se andiamo a rileggere le pagine di storia che ci raccontano le epidemie del passato, ci rendiamo conto come il segno lasciato da queste pestilenze sia stato molto forte e di come la popolazione ha impiegato a volte anche decenni per ritornare a una quotidianità accettabile. Invece noi abbiamo dato per scontato che tutte le persone, una volta calati i contagi, sarebbero ripartite come se niente fosse; l’evidenza ci dice esattamente il contrario, non solo perché c’è la paura di con, ma anche perché ci siamo scoperti estremamente fragili.&nbsp; 4. La fuga delle educatrici verso la scuola&nbsp;Certo, è stato giusto ripartire, non poteva essere diversamente, altrimenti avremmo alzato le braccia definitivamente di fronte alla difficoltà, ma è altrettanto logico che non ci potessimo aspettare un qualcosa che non poteva essere.Ben più complessi e complicati i pensieri sul personale educativo che opera all’interno dei servizi. Pressoché dimenticato nella prima fase, altrettanto trascurato in questa seconda. Doveva essere un nuovo inizio, la presa di coscienza che troppe cose non andavano, che c’erano troppe criticità e che andavano assolutamente risolte. E invece siamo partiti da dove ci eravamo fermati ad inizio 2020. Ancora una volta si è pensato che lo “spirito di servizio” avrebbe prevalso, che la volontà di tornare a fare il proprio lavoro avrebbe sotterrato tutto, ma così non è stato.La scuola ha aumentato i propri numeri, ha avuto necessità di personale per organizzare la propria attività educativa e da settembre, quando sono cominciate le chiamate, molte educatrici hanno fatto una scelta, si sono lasciate alle spalle a volte anche decenni di esperienza per entrare in un nuovo meccanismo. Tutto questo è passato sotto silenzio, un po’ come il calo delle iscrizioni dei bambini, ma non per questo è stato un fattore secondario e magari meriterebbe una indagine più approfondita. Nel mio piccolo posso testimoniare di un discreto numero di educatrici che hanno abbandonate la nave dello 0-3.5. Il tandem “giovani-anziani” che mancaLa sensazione è che il tutto sia stato vissuto con una certa superficialità, non fosse solo per il fatto che esistono moltissime ragazze e qualche ragazzo che conseguono il titolo continuamente (L19), cosa che da la possibilità di avere un ricambio quasi indolore. Anzi, forse c’è stata anche una certa soddisfazione nello “svecchiare” il personale, sperando che queste giovani leve portino un qualcosa di nuovo e una certa freschezza.Bisogna però ricordarci che in un mondo dove la professionalità non è altissima, e magari di questo ne potremmo discutere in un altro passaggio, perdere quella già esistente per andare a inserire giovani senza nessuna esperienza non giova certo alla qualità del servizio. Come in ogni ambito il massimo sarebbe avere un mix tra “giovani” e “anziani”, in modo da far crescere gli uni e gli altri ricordandoci che l’esperienza acquisita sul campo non è un qualcosa da sottomettere sempre al titolo di studio.6. Le cause di un abbandonoL’errore ancor più grande sarebbe quello di pensare che questo passaggio sia stato dettato esclusivamente da un fattore economico. Molto di questo personale ha lasciato un lavoro a tempo determinato per entrare in un percorso che per molti anni lo potrebbe collocare in uno stato di precarietà, e chi scrive ne sa qualcosa avendo fatto il precario nella scuola per quattordici anni.Il punto non sta nello stipendio, che certo in alcuni casi aiuta. Il fatto principale è ciò che è accaduto: abbandonati, ricercati, obbligati, esposti, responsabilizzati e nuovamente abbandonati.Questo è stato il percorso del personale educativo. Nessun tavolo di confronto; nessun coinvolgimento nelle riflessioni; nessuna considerazione.Come sono stati messi a casa, allo stesso modo sono stati rimessi nei servizi. Abbandonati in balia di una tempesta che poi da ottobre è riscoppiata in modo ancor più violento. Senza nessuno al timone di una nave in balia delle onde, senza una guida e dunque è cominciato un inevitabile ammutinamento.E se pensiamo che tutto questo si arginerà pensiamo male, perché il rischio palese è che i servizi 0-3 diventino solo un momento di passaggio, un contesto all’interno del quale fare esperienza per poi passare oltre.Forse sarebbe opportuno cominciare a riflettere e discutere, ma questa volta in maniera seria consapevoli che il mondo dell’educazione in questa pandemia ha mostrato tutte le sue lacune, che non sono poche ma che probabilmente con un po’ di buona volontà e lungimiranza potranno essere recuperate almeno in parte. Forse è anche opportuno aprirsi al mondo dell’educazione altro, quello che troppo spesso è stato ritenuto la “cenerentola” ma che alla fine ha retto l’impatto con più forza e determinazione, dando vita ad un percorso di vera continuità.

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