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L’esplorazione del mondo a partire dalle piccole cose
L’approccio esplorativo a scuola: per imparare a osservare e a descrivere, per cercare le relazioni fra le cose, per continuare a farci delle domande su ciò che vediamo. A partire dalle piccole cose
Esplorare è un verbo che appartiene al lessico comune, utilizzato in molti modi e frangenti nel linguaggio quotidiano. Ugualmente, è un concetto che si ritrova in numerosi ambiti della conoscenza, dalla letteratura alla geografia, dalla storia alle scienze. Se esplorare può essere generalmente inteso come un procedere interessato a conoscere e comprendere ciò che ci circonda, diventa interessante approfondire che contributo un approccio esplorativo possa dare all’educazione e alla scuola, cominciando dalla postura dell’educatore o dell’insegnante.
In ogni cosa c’è qualcosa di interessante
Sperimentare una ricerca personale significativa – come suggerisce il lavoro di ricerca-formazione condotto negli ultimi dieci anni con studenti, educatori e insegnanti a cui sono state proposte esplorazioni tratte dai lavori dell’artista Keri Smith e in particolare dal suo Come diventare un esploratore del mondo (2008) – permette di riconoscere le potenzialità di un approccio di ricerca anche nella propria didattica, su ogni tema, ad ogni età e in ogni contesto. Esplorare, infatti, così come si definisce a partire dalla proposta artistica di Keri Smith, è un invito a guardare, a riconoscere come in ogni cosa vi sia sempre qualcosa di interessante, a prestare attenzione alle connessioni che legano gli elementi tra loro e con noi. La proposta educativa e didattica che nasce a partire da qui è un invito, a suo modo piccolo e semplice, a tornare a guardare le cose oltre ciò che crediamo già di sapere, a lasciare che possano interrogarci, a disporci a indagare le domande che emergono, ricollocando ciascuno in una postura curiosa e aperta al possibile e indicando una via all’insegnamento che vede l’adulto accanto a bambini e ragazzi, anch’egli orientato a conoscere, insieme.
Una proposta didattica, ma soprattutto un atteggiamento
Le esplorazioni possono andare dalla richiesta di osservare e descrivere un oggetto, un evento o un fenomeno , a quella di raccogliere più e diversi elementi appartenenti a una medesima categoria per poi cercare tutte le relazioni possibili, a quella di indagare un luogo secondo modalità mai sperimentate prima... Più che il contenuto, che può riguardare qualunque cosa o questione, dal punto di vista educativo è la forma a connotare la proposta esplorativa. Un’esplorazione, per come è qui intesa, ha cioè la forma di una consegna aperta e duttile, orientata a promuovere un atteggiamento di ricerca accessibile, prossimo, motivato. L’obiettivo, come si evince, è quello di far sperimentare e apprendere una modalità processuale utilizzabile in ogni contesto, a prescindere dai contenuti, ma prima ancora di sostenere il desiderio di conoscere, facendo leva sugli interessi più autentici di ciascuno. In questo senso, partire dalle “cose” che ci circondano è un modo sia per collocare l’esperienza di crescita e apprendimento nella vita autentica, sia per restituire centralità all’incontro con il mondo e ciò che lo sostanzia. Ne deriva un procedere che ambisce ad essere rigoroso, ma che contemporaneamente è vicino, tangibile, autentico, interessante per chi lo vive.
Educare a esplorare il mondo
La proposta che ne emerge è volta soprattutto a coltivare un habitus esplorativo, cioè un’attitudine alla ricerca permanente, sia in chi apprende che in chi insegna. L’atto di esplorare può allora essere considerato come una possibilità da abitare a scuola, come un modo di procedere che organizza l’azione educativa e didattica intorno ad alcuni nuclei essenziali, ma nel loro insieme capaci di disegnare una metodologia insieme critica e scientifica: l’individuazione di oggetti di interesse significativi innanzitutto per chi sta apprendendo, la valorizzazione di ciò che ci circonda e dunque dei contesti di vita, l’osservazione libera da pregiudizi e insieme orientata al rigore, la documentazione dei percorsi attraversati e degli apprendimenti emergenti come pratica etica e democratica di condivisione dei saperi. Pochi nodi, dunque, ma tesi a tornare al cuore dell’atto educativo e a ricollocare l’esperienza deweyanamente intesa (1938) al centro delle pratiche educative e didattiche, nell’intento di recuperare il senso dell’educare e del conoscere oltre le tecniche e le standardizzazioni, abitando le domande più che rincorrendo le risposte e costruendo processualmente una modalità che, accanto a ciò che si scopre, sia sempre in grado di cogliere anche ciò che già è e ciò che ancora può essere. Quella esplorativa è in tal senso una ricerca aperta e flessibile, in questo orientata all’inclusione, poiché ciascuno può abitarla secondo le proprie modalità, intelligenze, competenze. Ed è anche una ricerca fondata sulla fiducia, in ciò che ci circonda e nella sua ricchezza, ma anche nella capacità di ognuno di riconoscerla, di saper formulare le proprie domande, di saper costruire il proprio percorso formativo in dialogo con le cose e con gli altri. È, in fin dei conti, il riconoscimento e la valorizzazione di ciò che è, così da permettergli di manifestarsi al suo meglio attraverso uno sguardo fiducioso che sostiene la ricerca di ognuno.
Per approfondire
- Dewey, J. (1938). Esperienza ed educazione. Firenze: La Nuova Italia, 2004.
- Guerra, M. (2019). Le più piccole cose. L’esplorazione come esperienza educativa. Milano: FrancoAngeli.
- Smith, K. (2008). Come diventare un esploratore del mondo. Manuale di vita tascabile. Mantova: Corraini, 2011.