Quello dell’insegnamento è un mestiere particolare e paradossale: noi insegnanti non andiamo al lavoro, come succede a molti, andiamo a scuola, addentrandoci ogni giorno in un luogo fisico e simbolico, delimitato, ma diffuso, alle cui fondamenta vi è il concetto di educazione. Una base che ha la capacità di espandere il tempo e lo spazio per accogliere e stimolare la crescita umana di ogni persona, senza dimenticare il rapporto con gli altri e con l’ambiente.

Al centro, a dare senso alle fatiche quotidiane, vi è l’apprendimento, con i suoi processi da facilitare e i suoi risultati da raggiungere; un apprendimento fatto di saperi ed esperienze in dialogo continuo, che deve mettere ciascuno nella condizione di percepirsi capace d’agire e di pensare. Un luogo attraente, pieno di ossigeno e gioia, e imprevedibile, dunque meraviglioso, perché ci tiene vivi. E, così, ogni giorno, insegnando impariamo.

Quali sono gli ingredienti di questa arte?

Dovendo maneggiare una materia prima delicata, mutevole, impastata dai sogni e dai bisogni di studenti e docenti, l’arte di insegnare necessita di strumenti precisi, forgiati dall’esperienza e sapientemente utilizzati. Veri e propri “utensili”, non importa se concreti o teorici, che sono potenzialmente a disposizione di tutti.

Sarebbe sufficiente farsi aiutare dai propri studenti ad aprire il cassetto in cui una cultura asfittica, statica e istituzionale li ha dimenticati.
Sarebbe necessario per provare ad arginare la corrente che silenziosamente sta trascinando questo mestiere alla deriva, riducendolo a una sequela di azioni e programmi frutto dell’abitudine, dove l’unico obiettivo che rimane è quello di arrivare a fine mese.
Sarebbe importante usarli per creare degli ambienti di apprendimento in cui né studenti né insegnanti si sentano alienati.

Il proprio modo di essere insegnante

Un mestiere è un’arte appresa in bottega e un docente ha bisogno di aggrapparsi alle esperienze altrui, talvolta imitandole per apprendere, talvolta ispirandosi ad esse e trovare così il proprio modo di essere insegnante.Anche io ho avuto i miei maestri, quei giganti sulle cui spalle mi ergo sia per ampliare gli orizzonti, sia per guardare, da un punto di vista diverso, quello che mi circonda. Persone che per il loro modo speciale di guardare alle persone e alle relazioni di insegnamento e apprendimento hanno fatto scuola.

Tra questi c’è sicuramente il maestro Mario Lodi, un uomo che non ho mai potuto conoscere, ma che ho incontrato nello spazio senza tempo del desiderio; lì dove c’erano i miei sogni sulla scuola, ho trovato la sua esperienza. E da lì proverò a partire.

L’idea di questa rubrica è quella di provare a enucleare i temi cardine della professione insegnante.

Identificarli, nominandoli, è un’operazione fondamentale, un primo passo, perché il linguaggio ci aiuta a creare la realtà, prima ancora che a descriverla.Se le cose sono come le diciamo allora abbiamo il potere di costruire ciò che sogniamo, una scuola nella quale le persone imparano felicemente e imparano a essere persone felici.

PER SAPERNE DI PIÙ

• Tamagnini, D. (2016). Si può fare. La scuola come ce la insegnano i bambini. Molfetta: La meridiana.

• Tamagnini, D. (2019). Continuerò a sognarvi grandi. Storia di una rivoluzione tra i banchi di scuola. Milano: Longanesi.

• Lodi, M. (2014). Il paese sbagliato. Diario di un’esperienza didattica. Torino: Einaudi.