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La scuola è il mondo: sulle tracce di Gianni Rodari
Educare alla cittadinanza non riguarda solo insegnanti e studenti, è un affare del singolo e della collettività

Quando Gianni Rodari inizia a riflettere intorno ai temi dell’educazione lo fa per caso: è il 1950, lui ha da poco scritto alcune filastrocche sull’ “Unità”, il quotidiano del Partito comunista, per questo motivo lo stesso partito gli ha chiesto di prendersi cura di un progetto che sta nascendo, quello di una rivista per bambini, “Il pioniere”, e di scrivere addirittura un manuale nel quale dare ai bambini (e ai loro educatori) delle regole condivise di comportamento.
Possiamo definire il manuale del Pioniere il primo intervento sull’educazione di Rodari: in esso sono chiari gli echi dell’attivismo di John Dewey, orecchiato anche se, per ora, non conosciuto benissimo. E poi la pedagogia sovietica, e gli scritti di Antonio Gramsci, da poco pubblicati postumi dalla casa editrice Einaudi. L’idea di educazione che se ne ricava ha molto a che vedere con la costruzione della cittadinanza: il bambino deve ricercare da solo (ma guidato dagli educatori) gli strumenti per creare un proprio sapere attraverso l’inchiesta, la ricerca, l’osservazione. Tutti metodi, tecniche, che di lì a poco prenderà in carico l’attivismo italiano rivisto dal Movimento di cooperazione educativa (MCE).
Tutti i bambini sono diversi
L’idea di un’educazione interamente trasmissiva è, infatti, ritenuta da molti maestri e maestre, in questi anni, davvero inadatta a confrontarsi con le contraddizioni che la scuola democratica si trova ad affrontare: pensato per un popolo da “istruire quanto basta” da un lato e da trasformare in classe dirigente dall’altro, il modello scolastico ereditato dal liberalismo e poi dal fascismo risente di una forte impostazione classista che si riproduce, appunto, attraverso la scuola. Pensare che siano i contenuti la pietra angolare di ogni lezione, soprattutto nella scuola primaria, non prende in considerazione il fatto che tutti i bambini sono diversi e che dietro ogni bambino, dietro ogni bambina c’è una storia che renderà la ricezione dei contenuti una storia a sé.
Gianni Rodari, confrontandosi con i maestri ma anche con la pedagogia e la psicologia, e soprattutto osservando in modo accurato il suo tempo, è sempre più consapevole di questo, fino a rigettare completamente l’idea che possa esserci una somma di contenuti buona per tutti.
È anche una questione di spazio: Dante Alighieri, per esempio, da solo governava il sapere del suo tempo, ma gli enciclopedisti si sono dovuti mettere insieme.
“Se noi intendiamo le basi che la scuola deve consegnare al bambino, al giovane, al ragazzo, in senso quantitativo noi ci mettiamo nella condizione di quel bambino descritto da sant’Agostino mentre sta tentando di svuotare l’oceano con un secchiello”.
Nessun secchiello può essere utile, quello che conta è insegnargli a nuotare, poi nuoterà fino a quando ne avrà forza, poi si costruirà una barca, una nave, chi lo sa. La conoscenza non è una quantità, è una ricerca.
Per una scuola democratica
Rodari non è l’unico a pensarla così, fa parte di quel “tessuto democratico” di cui ha scritto Tullio De Mauro, che tiene insieme fili di foggia e colori diversi ma che insieme concorrono a creare l’arazzo ricchissimo raffigurante la battaglia per la scuola democratica che caratterizza quelli che sono stati definiti gli anni dell’ottimismo pedagogico.
In realtà l’ottimismo vacilla ben presto, per esempio quando ci si rende conto che la riforma della scuola media del 1963 non ha scalfito in termini sostanziali il classismo strutturale della scuola italiana che proprio sulla trasmissione di un sapere unico per tutti, paradossalmente, si fonda. Sono i ragazzi di Barbiana insieme a don Lorenzo Milani a dirlo chiaro e forte in Lettera a una professoressa: non c’è niente di più ingiusto di fare parti uguali fra disuguali. La scuola così non è uno spazio di cittadinanza ma uno spazio di distinzione, esclusione, riproposizione di dinamiche che, invece, dovrebbe contribuire a distruggere.
Una consapevolezza per educare alla cittadinanza
Il processo educativo non riguarda solo l’esame, il problema, la prova, il programma. Non riguarda solo i professori o gli studenti: è un affare del singolo e della collettività. La scuola è il mondo. E non un mondo a parte. Oggi come ieri essere consapevoli di questo significa educare alla cittadinanza.
Una scuola grande come il mondo
C’è una scuola grande come il mondo.
Ci insegnano maestri e professori,
avvocati, muratori,
televisori, giornali,
cartelli stradali,
il sole, i temporali, le stelle.
Ci sono lezioni facili
e lezioni difficili,
brutte, belle e così così…
Si impara a parlare, a giocare,
a dormire, a svegliarsi,
a voler bene e perfino ad arrabbiarsi.
Rodari, G. (2017). Il libro degli errori. Torino: Einaudi.