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Il pensiero narrativo

Le storie forniscono agli alunni strumenti cognitivi e metacognitivi per affrontare la vita scolastica con maggiori risorse e consapevolezza

di Federico Batini10 marzo 20217 minuti di lettura
Il pensiero narrativo | Giunti Scuola

Le storie ci servono per pensare. Come hanno efficacemente dimostrato le ricerche di Bruner (1986, 1992) per primo e, in Italia, di Andrea Smorti (1994, 1997), noi utilizziamo, in ogni cultura, modalità narrative non soltanto per raccontarci, per raccontare gli altri, per costruirci e per dare senso alla nostra esperienza nel mondo, ma come veri e propri dispositivi per pensare.  

Due tipi di funzionamento cognitivo 

Pensare con le storie non è una metafora semanticamente ricca, fornisce anzi indicazioni circa una delle modalità attraverso le quali le persone, in tutte le culture, articolano almeno una parte dei loro pensieri. Spiega Bruner:

Ci sono due tipi di funzionamento cognitivo, due modi di pensare, ognuno dei quali fornisce un proprio metodo particolare di ordinamento dell’esperienza e di costruzione della realtà. 

Questi due modi di pensare, pur essendo complementari, sono irriducibili l’uno all’altro. Qualsiasi tentativo di ricondurli l’uno all’altro o di ignorare l’uno a vantaggio dell’altro produce inevitabilmente l’effetto di farci perdere di vista la ricchezza e la varietà del pensiero. Ognuno di questi tipi di pensiero, inoltre, possiede principi operativi propri e propri criteri di validità. 

Altrettanto radicalmente diverse sono le loro procedure di verifica. Un buon racconto e un’argomentazione ben costruita rappresentano due generi di cose ovviamente molto diversi tra loro. È vero che ci si può servire di entrambi per convincere un’altra persona; ma le cose di cui essi convincono sono fondamentalmente diverse tra loro: le argomentazioni ci convincono della propria verità, i racconti della propria verosimiglianza. Le une sono suscettibili di verifica, appellandosi in definitiva alle procedure con cui si elabora una dimostrazione formale o empirica; gli altri non stabiliscono la verità ma la verosimiglianza.

(Bruner, 1986; si veda anche Smorti, 1994;1997; 2007).  

L’azione del pensiero narrativo

Eppure alle storie, quando sono coerenti con il nostro sistema di credenze e valori, attribuiamo lo statuto di verità. Mediante il pensiero narrativo strutturiamo, in unità temporalmente significative, unità di esperienza, attribuendogli un ordine, dei rapporti.

Lo stesso processo si ripete nel momento nel quale ascoltiamo una narrazione: basti pensare soltanto all’operazione di “riempimento” che viene fatta quando, attraverso l’immaginazione, collochiamo dati mancanti in una sequenza narrativa ascoltata. Da subito si evidenzia come il pensiero narrativo agisca, in modo tacito, in qualsiasi situazione personale, formativa, professionale. 

• Il pensiero narrativo si collega fortemente alle vicende e alle azioni dei protagonisti, alle loro intenzioni, ai loro desideri e alle credenze. 

• Il pensiero narrativo è quel tipo di pensiero che si occupa del particolare, delle intenzioni e delle azioni dell’uomo, delle vicissitudini e dei risultati. Il suo intento è quello di situare l’esperienza nel tempo e nello spazio e di dare significato a ciò che accade a noi e agli altri. 

• Il pensiero narrativo è fondamentale per comprendere gli altri e se stessi, per attribuire agli altri e a sé stessi intenzioni, per mettere in ordine la propria esperienza e per tradurla, immaginarla al futuro (immaginare le conseguenze di una serie di azioni, immaginare come potrebbe svolgersi la mia vita se scegliessi quel percorso o un altro). 

• Il pensiero narrativo è passibile di sviluppo: l’esposizione alla lettura, l’attitudine al confronto con le storie e alla negoziazione delle interpretazioni su di esse, l’esercizio narrativo e interpretativo che consente di collegare a quanto letto o ascoltato la propria e altrui esperienza, sono solo alcuni tra i modi di svilupparne la potenzialità e tradurre questa facoltà naturale del pensiero in una serie di competenze che ci permettano di usare le potenzialità delle storie senza restarne vittima. 

• Il pensiero narrativo consente la produzione di significati riguardo a ciò che viviamo (e a ciò che vorremmo vivere), proponendosi così come uno strumento cognitivo potentissimo, capace di costruire la vita stessa: gli studi e le ricerche sul pensiero narrativo, tra le altre cose, ci insegnano infatti che le persone vivono in misura maggiore i significati che attribuiscono agli eventi piuttosto che gli eventi medesimi (Bruner, 1997; 2007). 

In sintesi 

Il vissuto di ognuno di noi è nutrito dalle proprie esperienze precedenti, dalle proprie convinzioni, dalle proprie attese. La nostra storia personale sarà dunque l’interpretazione di tutto questo e verrà vagliata dagli altri in base ai loro criteri di esperienza. Le narrazioni possono essere destinate a convincere, a orientare delle opinioni, a far prendere posizione. Quando si ha una sola rappresentazione di un evento, una persona, un gruppo di persone, finisce per perdere il proprio significato, e diventa l’unica Storia. Questa mancanza di pluralità porta inevitabilmente a una narrazione parziale, frammentata e semplificata, carente di un’ottica che tenga conto di realtà diverse da quelle vissute in prima persona.

per saperne di più

• Batini F. (2021). Ad alta voce. Firenze: Giunti. 

• Bruner, J. (1997). Alla ricerca della mente: autobiografia intellettuale. Roma: Armando (ed. orig. 1983, In search of mind: essay in autobiography, New York: Harper & Row). 

• Bruner, J. (2002). La fabbrica delle storie. Roma-Bari, Laterza. 

• Bruner, J. (2007). La cultura dell’educazione. Nuovi orizzonti per la scuola. Trad. it., Milano: Feltrinelli (ed. orig. The Culture of Education, 1996. Cambridge (MA): Harvard University Press. 

• Smorti, A. (1994). Il pensiero narrativo. Firenze: Giunti. 

• Smorti, A. (1997). Il sé come testo. Firenze: Giunti. • Smorti, A. (2007). Narrazioni. Firenze: Giunti

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