Il tuo carrello (0 prodotti)

Il tuo carrello è ancora vuoto

Libri, riviste e tanti materiali digitali: trova la risorsa per te.

Gli orientamenti nazionali 0-3 e la crescita meravigliosamente imperfetta dei bambini

Serve più consapevolezza della sfida culturale e sociale che non tocca solo gli ambiti educativi e familiari

di Raffaele Iosa14 gennaio 20221 minuto di lettura
Gli orientamenti nazionali 0-3 e la crescita meravigliosamente imperfetta dei bambini | Giunti Scuola

A distanza di 50 anni dalla L. 1044 che istituiva gli asili nido comunali con il concorso dello Stato, sono stati presentati i primi Orientamenti nazionali per i servizi educativi per la prima infanzia. Un passaggio che dimostra grande attenzione e consapevolezza verso il percorso di crescita del bambino in questa prima e essenziale fase. Il documento ci invita ad un confronto e a una riflessione profonda, dal punto di vista pedagogico e culturale, sia attraverso la consultazione in atto, sia come educatori che hanno vissuto la storia, almeno in parte, dei Nidi d’infanzia e che ora si trovano ad affrontare un presente sempre più complesso. Evidenziare anche aspetti critici significa voler contribuire al dibattito che questo documento importantissimo può creare, per comprendere sempre meglio come possiamo accompagnare i bambini a costruire, ognuno, il “miglior sé stesso possibile”.

Aspettiamo le vostre riflessioni, con la particolare sensibilità verso i bambini e il privilegio di vivere in un osservatorio vero tutti i giorni!

Uno dei miei primi ricordi è datato a quando avevo due anni. Anno 1954. Sono seduto in un seggiolone, davanti a me un tavolone pieno di buchi, in ognuno è infilata una scodella di latte. Ho vicino altri bambini, mi pare silenziosi. Dalla finestra vedo mia mamma andar via con la sua bicicletta nera.  Ma non ho ricordi di pianti o come direbbe Bolbwy segni di “attaccamento insicuro”. Non so perché, ma mi pareva certo che sarebbe tornata a prendermi. È la mia prima naia. Si doveva fare.

Ho scoperto da adulto che era una specie di “asilo nido” anterlitteram dell’ONMI, forse per bambini poveri. Ma io non ricordo la povertà. Ho avuto la fortuna di essere bambino nell’epoca dei radiosi 30, anni ’50-’70, l’epoca dello sviluppo post-guerra dove tutto creava futuro migliore. E la mia famiglia giovane questo mi trasmetteva: l’ottimismo del futuro. Era possibile essere poveri con dignità ma anche di provare a uscire dalla penuria senza piangersi addosso, cercando sempre il buono che poteva dare la vita.

Sono nato proletario, mio padre faceva il tranviere, mia madre puliva scale. Ma erano giovani e pieni di voglia di vivere. Nei confronti dei problemi, qualsiasi fossero, non si lagnavano ma cercavano soluzioni. Resilienti, si direbbe oggi, e ottimisti. L’epoca del futuro come promessa, direbbe lo storico Hobswam.

Poi sono andato in una scuola materna di suore, della quale ricordo poco se non uno spettacolino dove eravamo vestiti da soldatini e avevo in mano un fuciletto. Tutto senza grandi emozioni.

Poi ricordo la scuola elementare dove mi innamorai della mia maestra Cacace, bella e simpatica. Se mi sono laureato, forse, qualcosa ha dato anche lei al mio ego e alla mia testa. Nel periodo delle elementari in estate sono sempre andato in colonia con la ditta di papà, in montagna o al mare. Qui ricordo qualche pianto, ma arrivati mi divertivo anche se contavo i giorni del ritorno.

Le scuole medie le ho fatte in collegio dai frati e ne ho ricordi più piacevoli che sgradevoli, perfino le troppe messe riuscivano a divertirmi perché facevo parte del coro delle voci bianche. E non ho mai giocato così tanto a pallone: metodo preventivo alla don Bosco.

È con questi occhiali psicologici che ho letto gli Orientamenti pedagogici 0-3 e ho seguito tutto il tema del sistema 0-6.  Da questi occhiali esprimo una mia del tutto personale opinione.

La retorica del bambino ben fatto

I testi ultimi degli orientamenti 0-3, quelli prettamente pedagogici, mi sembrano ben fatti, con tutte le paroline giuste della retorica pedagogica progressista e democratica che eleva il bambino a Persona, che mette a posto l’ambiente educativo, regola bene gli adulti, con l’attivismo pedagogico necessario. Sono pagine di una specie di manifesto della “bella infanzia” che ci consola tanto noi pedagogisti progressivi.

Eppure, a me resta un sottofondo di amaro, che vorrei dire con gentilezza e senza acrimonia o polemica. E come nella commedia “Natale in casa Cupiello” mi pare di essere un po’ simile al figlio di Eduardo che dice “Nun me piace o presepe”. O almeno non mi piace del tutto. Soprattutto per tre ragioni che qui brevemente descrivo.

La complessità del presente 

La lettura dell’infanzia del Testo mi pare legata a un mito perbenista della società verso i bambini. Manca la presa di coscienza della complessità di oggi e la presa d’atto che siamo in un’epoca del “futuro come minaccia”, sempre per citare lo storico Hobswam.  La crisi demografica che ci sta sconvolgendo ci indica non solo che nascono meno bambini ma che sta mutando l’idea di genitorialità e scemando quell’ottimismo sociale in cui io sono cresciuto da piccolo.

Non voglio qui drammatizzare più di quello che serve, ma la condizione dell’infanzia a me pare su un declino critico, tra la crisi identitaria della genitorialità e manie di precocismo (ne parlo dopo) e di perfezionismo. L’ idea sottostante a tutto il progetto è che un buon sistema 0-6 “salvi meglio i bambini” dai rischi di sviluppo negativo, ma senza un’analisi anche cruda del presente infantile.

Troppo perfezionismo

Mi pare inoltre che il testo contenga un’idea di bambino con un ideal-tipo molto vicino a quelle che sono le attese genitoriali di questa epoca di surmodernità: un bambino naturaliter creativo, vivo, curioso, che va posto in “ambienti ecologicamente protetti e progettati”, con professionisti capaci di progettare e riflettere.

L’ideal tipo è quella perfezione che pervade i desiderata familiari, in cui se c’è un problemino, si va dal dottore e si fa una certificazione. I bambini che leggo tra le righe di questo testo sono “progettati” per essere da adulti intelligenti, liberi, ma anche sociali, una specie di bravi boy scout per la società del futuro.  Tutto questo mentre negli adulti attuali si desiderano figli perfetti, fatti in pochi numeri e da genitori vecchi, pieni di attese di soddisfare il loro ego genitoriale con un rapporto individualistico di “idolatria” del figlio perfetto. La crescita invece è anche per natura meravigliosamente “imperfetta”, e anzi sulla nostra umana imperfezione e caducità cresciamo facendo i conti col mondo.

I rischi scolasticistici

A proposito di asilo-nido e sistema 0-3 vedo difficoltà nel citare il termine “curricolo” come percorso almeno guidato di una pratica educativa che accomuni tutti gli asili nido. E meno male che se ne sente un po’ il rischio, ma per me sarebbe stato opportuno accentuare le contraddizioni del termine. Il fatto è che sottostante a questo modello sento un eccesso di attenzione a far fare ai bambini troppo presto troppe cose. È la malattia del presente educativo e mi pare che il testo non lo contrasti a sufficienza. Troppe sirene della surmodernità sembrano chiedere invece una sorta di precocismo: dai neuroni-specchio che sarebbero più specchianti più sono piccoli i bambini (da qui l’inglese persino nei reparti di ostetricia), alla vasta pluralità delle esperienze da proporre che dovremmo bilanciare bene con la noia, il gioco informale, l’accettare i limiti come natura. Sento dunque lo stesso rischio che ha vissuto in questi anni la scuola dell’infanzia per esaltare la continuità: troppe cose adultistiche e poca infanzia.

Il documento dovrebbe aiutare di più su questo delicatissimo dilemma.

Naturalmente pongo questi temi nella brevità di un testo online. Meriterebbe più discussione e più spazio. Ma vorrei almeno un po’ squarciare il velo di retorica buonista di tutti i documenti che finora ho letto, accettando invece la complessità del presente come sfida dura e dolorosa, cui non bastano l’ecologia dei curricoli corretti né spazi colorati e vivaci simili a un supermarket.

Quindi: più consapevolezza della sfida culturale e sociale che non tocca solo gli ambiti educativi e familiari, ma l’intera società umana, sempre più composta da vecchi egoisti e sempre meno da bambini chiassosi e felicemente disordinati, per cui nessun adulto potrà mai prevedere una pappa educativa perfetta, se non un felicemente precario e sempre più riflessivo percorso comune di sviluppo tra adulti e bambini.

Nido d'infanziaScuola dell'infanzia

Potrebbero interessarti