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Educazione al rispetto contro l’utilizzo delle parole di odio: ne parliamo con Giuseppe Giulietti
Il presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana: "Talvolta basta un comizio televisivo per distruggere un anno di lavoro degli insegnanti più seri. C'è bisogno di un'alleanza tra buon giornalismo e mondo della scuola"

Come può la scuola intervenire per contrastare l’uso delle parole di odio?
Dietro ogni parola c’è un essere umano. Il grande lavoro che deve fare la scuola è far capire ai ragazzi che se utilizzi la parola per “ammazzare” il tuo compagno, qualcun altro potrà farlo per annientare le tue diversità. Bisogna fa comprendere che non è solo cosa bella far rispettare le parole, ma cosa utile: quando cominci a colpire gli altri prima o poi troverai qualcuno che colpirà te. Ci sono già insegnanti che abituano al rispetto della parola: non è un proiettile né un coltello, può essere usata per costruire ponti, citando Papa Francesco, per favorire curiosità e conoscenza, per abbattere le differenze e le diversità. Bisogna premiare i buoni insegnanti e sono in molti che insegnano come la parola sia qualcosa di sacro, fonda la democrazia, non si può sprecare o violentare.
La tv di oggi la considera cattiva maestra?
Talvolta basta un comizio televisivo per distruggere un anno di lavoro degli insegnanti più seri. Forse bisognerebbe che anche le classi dirigenti imparassero a utilizzare le parole. Molte ragazze e molti ragazzi le sanno usare, ma molti dirigenti no e utilizzano i vocaboli dell’odio per prendere voti, senza interessarsi se, in questo modo, distruggono una comunità.
Un buon uso delle parole va di pari passo con il tema dell’intercultura. È così?
Le parole servono per conoscere e per farlo si devono scavalcare i muri. Al di là troverai quelli che sono diversi da te per cultura, religione, lingua e abitudini. La parola ti deve servire per capire: se capisci, si abbassa la paura, se conosci il diverso da te riesci a parlarci, invece se utilizzi le parole per innalzare dei muri non conoscerai mai cosa c’è oltre il tuo giardino. Facendo così ci si espone a una società che prima o poi entrerà in guerra, perché ogni diversità si difenderà in modo armato, bisogna dunque far capire che la parola utilizzata in modo inclusivo è più importante di tante pistole e tanti proiettili per garantire la nostra sicurezza e il nostro futuro.
Come introdurre i bambini a un buon giornalismo?
Creando un’alleanza tra quella parte del giornalismo che è interessata a utilizzare le parole come ponti e non come pietre e il mondo della scuola. Oggi questi mondi sono spesso separati. Per insegnare l’uso corretto delle parole bisognerebbe partire a lavorare insieme già a partire dai tre anni di età. Anche i giornalisti dovrebbero riflettere però attentamente perché talvolta, per un follower in più o un punto di ascolto in più, si preferisce invitare in tv incompetenti che urlano e bestemmiano rispetto a persone competenti le quali sanno di cosa parlano. Sarebbe bello che nei salotti tv sparissero bestemmiatori e urlatori quasi sempre semianalfabeti.