L’importanza della prevenzione a partire dalla scuola dell’infanzia. Intervista al prof. Giacomo Stella

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Il dettato ortografico

Come è noto, l’uso di mappe, schemi, tabelle viene consigliato a bambini/studenti con difficoltà o disturbi specifici dell’apprendimento e sono anche considerati degli “strumenti compensativi” accanto ad altri, come l’utilizzo della tastiera per scrivere o della sintesi vocale per leggere. Tuttavia, i profili di bambini/studenti con DSA sono generalmente molto diversi tra loro nonostante possano condividere la stessa etichetta diagnostica: un dislessico differisce da un discalculico o da un disortografico ma, a sua volta, un bambino dislessico può avere peculiarità diverse da un altro bambino dislessico della stessa età. La personalizzazione della didattica richiede proprio di partire dall’analisi delle caratteristiche individuali dello studente per fare le scelte più opportune. Ritenere che le rappresentazioni grafiche siano la modalità principale per insegnare agli studenti con difficoltà o DSA, che sia per loro la strategia di apprendimento e studio più funzionale e che debba costituire in modo esclusivo uno strumento compensativo, è troppo riduttivo. Inoltre può creare aspettative sbagliate (per esempio lo studente pensa che se ha fatto lo schema di un argomento è sicuramente capace di esporlo oppure saprà rispondere a domande a scelta multipla) e talvolta anche pregiudizi (per esempio l’insegnante pensa che far usare una mappa durante l’interrogazione faciliti troppo il compito e perciò dà un voto/giudizio più basso). Consideriamo, a titolo esemplificativo, alcuni aspetti del profilo di una liceale con diagnosi di dislessia e chiediamoci se sia opportuno proporle l’uso delle rappresentazioni grafiche. Da una valutazione psicologica la studentessa risulta avere buone abilità verbali espressive, a livello sia orale sia scritto. Tuttavia risulta molto debole nelle abilità di tipo visuo-spaziale (cade nella prova in cui deve riprodurre dei disegni con cubi) e riferisce che quando ha provato a utilizzare degli schemi/mappe nelle interrogazioni non ha ottenuto buoni risultati e si è sentita frustrata. Dalla descrizione delle caratteristiche di questa studentessa riteniamo di dedurre che possono essere maggiormente funzionali le strategie di tipo verbale piuttosto che quelle visuo-spaziali. In alcuni casi sono gli studenti stessi a esprimere la loro perplessità nell’uso di mappe, schemi e tabelle e a preferire altre modalità di elaborazione, come rispondere a domande, evidenziare parole chiave, scalette o riassunti per punti, riassunti brevi.

La personalizzazione della didattica richiede di partire dall’analisi delle caratteristiche individuali di ogni studente per fare le scelte più opportune

Da quanto fin qui esposto, si evince che l’efficacia delle strategie, siano esse di natura visuo-spaziale o verbale, va considerata in relazione a molteplici aspetti. Sia gli studenti con difficoltà di apprendimento o disturbi specifici sia quelli con sviluppo tipico dovrebbero essere guidati a scegliere e a utilizzare le strategie in modo consapevole e flessibile in relazione alle proprie caratteristiche individuali (preferenze, stili), al materiale di studio, agli scopi, attraverso una didattica metacognitiva e cooperativa appropriata che li porti a essere capaci di scegliere le strategie più funzionali e di autogestire il proprio apprendimento e studio (si veda Meneghetti, Zamperlin, 2021).

I bambini con disturbo non verbale mostrano difficoltà a organizzare ed elaborare informazioni visuo-spaziali

Per far riflettere su come sia importante per una didattica personalizzata considerare le caratteristiche individuali dei singoli alunni, al di là dell’ipotesi diagnostica espressa, nella Scheda 1 di “Strumenti e Percorsi” vengono presentati i profili di una bambina e di un bambino della scuola primaria valutati presso un servizio clinico, per i quali emerge che l’uso delle strategie delle rappresentazioni grafiche è funzionale in un caso ma non nell’altro.

Le strategie basate sulle rappresentazioni grafiche – come schemi, mappe, tabelle e sequenze – sono parte del bagaglio di strategie del processo di apprendimento e di studio e si possono promuovere attraverso l’insegnamento e sperimentare, come riportato nei due articoli precedenti a questo (Zamperlin, Meneghetti, 2021; Meneghetti, Zamperlin, 2021). Tuttavia il loro uso autonomo e flessibile non è necessariamente garanzia di successo

Le strategie basate sulle rappresentazioni grafiche – come schemi, mappe, tabelle e sequenze – sono parte del bagaglio di strategie del processo di apprendimento e di studio e si possono promuovere attraverso l’insegnamento e sperimentare, come riportato nei due articoli precedenti a questo (Zamperlin, Meneghetti, 2021; Meneghetti, Zamperlin, 2021). Tuttavia il loro uso autonomo e flessibile non è necessariamente garanzia di successo nello studio. Il successo è in relazione ad altri aspetti, come le differenze individuali nel modo di approcciare e gestire un compito. In questo lavoro prenderemo in considerazione le differenze individuali nella codifica e nell’elaborazione del materiale, difficoltà (o meno) nella gestione del materiale visuo-spaziale e profili di studenti con difficoltà o Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

<ul><li>Blazhenkova O., Kozhevnikov M. (2010), «Visual-object ability: A new dimension of non-verbal intelligence», Cognition, 117(3), 276-301. https://doi.org/10.1016/j.cognition.2010.08.021 </li><li>Cornoldi C., Meneghetti C., Moè A., Zamperlin C. (2018), Processi cognitivi, motivazione e apprendimento, il Mulino, Bologna. </li><li>Cornoldi C., De Beni R., Gruppo MT (2001), Imparare a studiare. Strategie, stili cognitivi, metacognizione e atteggiamenti nello studio, Erickson, Trento. </li><li>Jablokow K.W., DeFranco J.F., Richmond S.S., Piovoso M.J., Bilén S.G. (2015), «Cognitive Style and Concept Mapping Performance», Journal of Engineering Education, 104(3), 303-325. doi:10.1002/jee.20076 </li><li>Kosslyn S.M., Thompson W.L., Ganis G. (2006), The Case for Mental Imagery, Oxford University Press, Oxford. </li><li>Mammarella I.C., (2019), «Il Disturbo Nonverbale: che cosa può fare la scuola?», Psicologia e scuola, 3, 49-54. </li><li>Mammarella I.C., Cornoldi C. (2019), «Il Disturbo Nonverbale (disturbo dello sviluppo delle abilità visuospaziali)», in Cornoldi C. (a cura di), I disturbi dell’apprendimento, il Mulino, Bologna. </li><li>Mayer R.E., Massa L.J. (2003), «Three Facets of Visual and Verbal Learners: Cognitive Ability, Cognitive Style, and Learning Preference», Journal of Educational Psychology, 95(4), 833-841. doi:10.1037/0022-0663.95.4.833 </li><li>Meneghetti C., Zamperlin C. (2021), «Costruzione e uso di rappresentazioni grafiche», Psicologia e scuola, 7, 50-55. </li><li>Zamperlin C., Meneghetti C. (2021), «La rappresentazione grafica delle conoscenze», Psicologia e scuola, 6, 20-25. </li></ul>

Differenze individuali: stili cognitivi

Le strategie basate sulle rappresentazioni grafiche – come schemi, mappe, tabelle e sequenze – sono parte del bagaglio di strategie del processo di apprendimento e di studio e si possono promuovere attraverso l’insegnamento e sperimentare, come riportato nei due articoli precedenti a questo (Zamperlin, Meneghetti, 2021; Meneghetti, Zamperlin, 2021). Tuttavia il loro uso autonomo e flessibile non è necessariamente garanzia di successo nello studio. Il successo è in relazione ad altri aspetti, come le differenze individuali nel modo di approcciare e gestire un compito. In questo lavoro prenderemo in considerazione le differenze individuali nella codifica e nell’elaborazione del materiale, difficoltà (o meno) nella gestione del materiale visuo-spaziale e profili di studenti con difficoltà o Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

La ricerca sugli stili cognitivi si è interessata alle differenze di tipo qualitativo nell’elaborazione dell’informazione che, come abbiamo visto, configurandosi come preferenze portano le persone a usare tendenzialmente una modalità, visiva o verbale; ma non è escluso che possano usare anche l’altra se il contesto lo richiede (la proposta operativa elaborata per il programma Imparare a studiare 2 di Cornoldi, De Beni, Gruppo MT, 2001, segue questa impostazione). Diversa è invece la situazione di bambini/studenti che, per caratteristiche intrinseche ascrivibili a “disturbi del neurosviluppo”, presentano delle modalità specifiche di elaborazione che possono condizionare in modo più forte il loro modo di elaborare le informazioni e di conseguenza il loro apprendimento e studio autonomo. Un particolare profilo di bambino/studente che incontra importanti problemi nell’elaborazione di tipo visuo-spaziale, a fronte invece di buone o adeguate competenze verbali, è quello che presenta un disturbo nonverbale. Questi bambini/studenti fanno fatica a ricopiare o riprodurre a memoria disegni geometrici e figure più o meno complesse; se stimolati a utilizzare immagini o schemi come supporto per imparare, ragionare o svolgere compiti scolastici, possono commettere errori; possono anche avere difficoltà nell’aspetto grafomotorio della scrittura (grafia illeggibile e disarmonica), nel mettere in colonna i numeri e nel comprendere testi. Con l’ingresso nella scuola secondaria alcuni di loro incontrano difficoltà in materie come le scienze, la fisica e il disegno tecnico (Mammarella, 2019; Mammarella, Cornoldi 2019). Il nucleo principale di questo disturbo è proprio la difficoltà a organizzare ed elaborare informazioni visuo-spaziali di cui gli insegnanti devono tener conto per poter predisporre una personalizzazione didattica che sia davvero efficace. Tra le indicazioni pratiche che si possono attuare per aiutare questi studenti (Mammarella, 2019) si suggerisce di non utilizzare schemi grafici o mappe concettuali, che sono invece consigliati in caso di difficoltà o disturbo dell’apprendimento. Per allievi con un disturbo nonverbale, ma anche con una difficoltà importante di tale natura, è difficile utilizzare mappe complesse in cui sono rappresentate le informazioni organizzate in uno spazio e collegate da simboli e frecce. È altrettanto complesso per loro costruire in autonomia rappresentazioni grafiche per elaborare in modo profondo l’informazione e, conseguentemente, non assolverebbero alla funzione di facilitare la comprensione, il ricordo e l’esposizione dell’informazione per un ripasso (per indicazioni operative si veda Zamperlin, Meneghetti, 2021). Strategie sia didattiche sia di elaborazione strategica personale, come riassunti per punti, individuazione/sottolineatura di parole chiave, auto-formulare domande, sono invece particolarmente indicate per questi studenti.

Differenze individuali: difficoltà visuo-spaziali

Considerazioni conclusive e indicazioni operative

Gli studenti con stile visivo potrebbero utilizzare preferibilmente le rappresentazioni grafiche nel proprio apprendimento

Le differenze individuali nelle preferenze di codifica e di elaborazione di informazioni visive, piuttosto che secondo modalità verbali, possono rientrare nel concetto di stile cognitivo, cioè la modalità preferenziale di codifica, elaborazione e memorizzazione delle informazioni che una persona adotta in modo prevalente, che permane nel tempo e si generalizza a compiti diversi. I principali stili cognitivi, oltre a quello visivo e verbale qui considerati, sono quello globale/analitico, dipendente/indipendente dal campo, intuitivo/sistematico, divergente/convergente, impulsivo/riflessivo (si veda Cornoldi, Meneghetti, Moè, Zamperlin, 2018). Una persona che ha una preferenza per codificare e rappresentarsi le immagini o trasformare il materiale verbale in immagini si può dire che ha uno “stile visivo”. È ampiamente riconosciuto che alcune persone hanno delle preferenze a formarsi nello “schermo mentale” immagini che possono essere molto simili alla realtà per colore e dimensione; queste immagini mentali possono essere generate, ispezionate e trasformate (Kosslyn, Thompson, Ganis, 2006) grazie a strutture cerebrali che supportano questi processi. Per esempio, quando vi viene detta la parola “rosa” può accadere che con il vostro “occhio della mente” vi creiate l’immagine di una rosa, e questo è possibile grazie all’attivazione di aree cerebrali deputate a conservare il concetto di fiore e il concetto di rosa anche nelle sue proprietà visuo-spaziali (colore, forma). Nonostante siano numerose le evidenze sperimentali che mettono in luce la capacità di alcune persone di immaginare in modo più vivido, queste testimoniano anche un’ampia variabilità nel formarsi o meno le immagini mentali (alcuni possono formarsi un’immagine di una rosa molto vivida, una rosa con petali rossi smaglianti, e altri possono formarsi un’immagine più schematica oppure vaga). Le persone che riescono a formarsi immagini vivide sono anche chiamate “visualizzatori” e probabilmente useranno in modo più efficace strategie di apprendimento e studio di tipo immaginativo e saranno anche abili nella costruzione e uso di rappresentazioni grafiche come strategie di studio. Gli studenti con stile visivo potrebbero riuscire con diverse tipologie di materiale, anche di tipo astratto, a formarsi delle immagini e potrebbero utilizzare preferibilmente le rappresentazioni grafiche nel proprio apprendimento e nello studio autonomo. Diversamente, ci può essere chi presenta una preferenza di codifica verbale e riesce meglio a utilizzare strategie verbali (ripetizione meccanica o rielaborativa, individuazione di termini chiave, riassunti). Lo studente tendenzialmente verbalizzatore potrebbe incontrare delle difficoltà, o minore propensione, a codificare il materiale visivo o a trasformare il materiale verbale in una rappresentazione grafica. Riguardo alla relazione tra stile cognitivo e abilità nel costruire o usufruire delle rappresentazioni grafiche, per esempio una mappa concettuale, la letteratura mostra risultati contrastanti. Da un lato si evidenzia che buoni visualizzatori usano immagini nel loro pensiero, preferiscono istruzioni visive e riescono meglio in compiti visivi, e che i verbalizzatori preferiscono modi verbali del pensiero, con istruzioni verbali di compiti e compiti che richiedono l’uso di parole (Mayer, Massa, 2003). Tuttavia, dall’altro lato, altri studi non evidenziano la relazione tra stile cognitivo e la prestazione a un compito di tipo sia visuo-percettivo sia verbale (Jablokow et al., 2015). Alcuni studi (Blazhenkova, Kozhevnikov, 2010) hanno evidenziato che i visualizzatori sembrano riuscire meglio in discipline che richiedono l’impiego di immagini mentali (come percorsi di studio legati a discipline artistiche), mentre uno stile verbale si associa maggiormente a un percorso di studi umanistici (come lettere o storia). Kozhevnikov e collaboratori hanno ulteriormente distinto lo stile visivo in stile visuo-spaziale “oggetto” (che identifica i profili sopra descritti, cioè la capacità di visualizzare elementi) e stile “spaziale”, che identifica la preferenza di codificare ed elaborare relazioni spaziali tra gli elementi. Quest’ultimo stile sarebbe maggiormente associato a percorsi di studio di tipo scientifico, come la matematica e la fisica (Blazhenkova, Kozhevnikov, 2010). Poiché la peculiarità delle rappresentazioni grafiche sta nell’organizzare e collegare gli elementi rilevanti di un argomento, si potrebbe inferire che chi possiede uno stile “spaziale” sia più abile in questa strategia. Va comunque fatto presente che anche studenti con uno stile verbale possono trarre beneficio da un testo o spiegazione a cui sono associate immagini e schematizzazioni del materiale. Inoltre, con un percorso appropriato e l’esperienza, potranno anche elaborare in prima persona delle rappresentazioni grafiche; tuttavia può risultare più difficile (o comunque meno probabile) che utilizzino o elaborino le rappresentazioni grafiche in modo spontaneo.

Disturbi specifici dell'apprendimento e rappresentazioni grafiche

Gli studenti dovrebbero essere guidati a scegliere e utilizzare le strategie più funzionali e ad autogestire il proprio apprendimento

Differenze individuali nell’uso di rappresentazioni grafiche

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