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Dalla scuola dei progetti al progetto di scuola

Il racconto di una scuola multiculturale di qualità: una scuola “sana” per tutti e aperta al mondo. Una scuola nella quale l’educazione interculturale si fa ogni giorno e in tutte le classi. Di Carlo Testi.   

di Redazione GiuntiScuola03 novembre 201611 minuti di lettura
Dalla scuola dei progetti al progetto di scuola | Giunti Scuola

Pensare in grande e lavorare in piccolo

Non capita spesso di riuscire a costruire in un istituto scolastico u n percorso evolutivo di lungo periodo e prospettiva riconosciuto come tale dalla comunità scolastica che lo indirizza e determina. Insieme ad un gruppo di docenti abbiamo pensato che valesse la pena raccogliere il percorso, ancora in atto, durato un decennio tra successi e difficoltà, luci ed ombre, in un istituto comprensivo con alcune caratteristiche specifiche che però non ha avuto supporti istituzionali speciali e finanziamenti diversi da quelli che anche altre scuole possono ricevere.
L’esperienza che intendiamo documentare con una pubblicazione scritta a più mani* è nata e si è sviluppata nell’IC “Gandhi” che si trova alla periferia di Firenze, dove è concentrata un’alta percentuale, che ha raggiunto quasi il 50%, di alunni di origine non italiana (inizialmente quasi unicamente di arrivo recente o recentissimo) e con la presenza di alunni appartenenti a fasce di disagio socioeconomico non legato al fattore immigrazione.
In questa situazione, caratterizzata da molte e diversificate difficoltà oggettive, abbiamo provato a rovesciare la prospettiva e a non partire sempre dall’emergenza e dai singoli problemi. Ci siamo perciò chiesti che cos’era importante che l’istituto garantisse a tutti gli alunni e a ciascuno, in tutte le classi, per tutto il percorso scolastico dalla scuola dell’infanzia all’esame di terza media tenendo conto dell’articolato contesto specifico.

L’esperienza aveva già mostrato che rincorrere l’emergenza senza una strategia di più lungo respiro, sviluppare progetti ad hoc per ciascuna delle singole questioni problematiche - quali, per citarne alcune delle più pressanti: l’insegnamento dell’italiano L2 , le problematiche relazionali e comportamentali di intere fasce di alunni, l’ accoglienza in corso d’anno degli alunni totalmente non italofoni, la valutazione degli stessi - anche quando aveva portato dei risultati, questi restavano comunque parziali e non duraturi.
L’impegno su singoli problemi non toccava e non metteva poi in un circuito di focalizzazione e condivisione di quegli elementi che ci sembravano fondamentali per tutto l’istituto, vale a dire: il che cosa si insegna, il come si insegna, quale approccio valutativo si cerca di sviluppare.

Capovolgere l’ottica ampliandola ha significato anche provare a “pensare in grande” e lavorare in piccolo senza avere l’illusione, spesso causa di frustrazione, di poter prendere e condividere decisioni su una miriade di questioni la cui attuazione non può essere effettivamente ed efficacemente monitorata e valutata, almeno in modo intersoggettivo fra colleghi, spesso per mancanza di risorse anche temporali piuttosto che di mancanza di volontà.

Approccio interculturale diffuso e per tutti

Il “pensare in grande” ha preso forma nella decisione di costruire una scuola “sana” per tutti , non solo per gli alunni, nell’ottica delle abilità per la vita dell’OMS, di fare di queste lo sfondo integratore degli insegnamenti disciplinari e non disciplinari, la base delle linee di sviluppo triennali dell’Istituto, l’ottica, la chiave interpretativa e di indirizzo di tutte le decisioni e azioni collettive e individuali.
In tale ottica, anche l’attenzione alle questioni della pluralità delle culture e delle lingue presenti nell’Istituto e nel territorio e le scelte per metterle in relazione positiva tra di loro come occasione di apprendimento per tutti è gradualmente uscita dal potenziale isolamento dei docenti con funzioni specifiche (per es. le funzioni strumentali e/o le commissioni intercultura) per diventare oggetto di attenzione e di azione di tutti i docenti.
In altri termini, a titolo di esempio, si è usciti, pur se gradualmente e con un certa fatica, dall’esperienza di intercultura una tantum per alcune classi o di italiano L2 per i soli alunni non italofoni, mirando ad un approccio interculturale e plurilinguistico diffuso che non nega, ma piuttosto ne esalta il valore.
Fra le attività per tutta la scuola, vi sono, ad esempio:
la presenza manifesta e valorizzata di più lingue nella scuola (avvisi e cartelloni in varie lingue, disegni, pitture con stili caratteristici di culture diverse);
le attività di laboratorio interculturale decise autonomamente dai docenti;
le attività di accoglienza dei nuovi alunni:
gli scambi o progetti di collaborazione con scuole di altri paesi (nello specifico in particola-re con la Cina data la percentuale elevata di alunni cinesi di prima o seconda generazio-ne);
alcune attività nelle classi che vedono la partecipazione diretta dei genitori come portatori di esperienze e conoscenze da condividere con gli altri.

Finestre interculturali

Oltre allo sviluppo delle abilità per la vita, abbiamo ritenuto necessario assicurare a tutti gli alunni il diritto a una educazione interculturale di base e attenuare l’elemento di parzialità (il fatto che solo alcuni insegnanti siano davvero attivi), sporadicità e frammentarietà determinato dal lavorare su singoli progetti che sovente richiedono interventi finanziari e risorse aggiuntive limitate nel tempo.
Nell’istituto si è quindi deciso che ogni insegnante, ogni anno, per ogni disciplina insegnata (o ambito disciplinare/campo di esperienza), in ogni classe prevedesse e documentasse a lmeno un’attività di insegnamento con una prospettiva interculturale . Abbiamo chiamato questa azione “finestra interculturale” , finestra in quanto apertura minima su altri paesaggi culturali. Si tratta in concreto di scegliere un contenuto di apprendimento, all’interno del proprio ambito di insegnamento, relativo a culture diverse, e di svilupparlo utilizzando le stesse modalità normalmente usate per i contenuti tradizionali, ovvero comunemente quelli presenti nei libri di testo, insegnati nella scuola italiana.
Le finestre interculturali documentate dai docenti hanno prodotto nel tempo almeno tre effetti positivi:

  • il primo, principalmente sul versante degli alunni, quello di determinare una massa critica anche quantitativa di apprendimenti aperti al mondo e alla pluralità di prospettive culturali;
  • il secondo, principalmente sul versante dei docenti, quello di attivare una riflessione di tutti su quanto e come i contenuti di istruzione e le prassi di insegnamento siano profondamente, e, quel che è peggio, inconsapevolmente etnocentrici;
  • il terzo, quello di creare un bagaglio di esperienze e attività strutturate a disposizione dei colleghi per un loro riutilizzo diretto o come spunto di partenza per sviluppi diversi.

Tre consapevolezze

La pubblicazione, che stiamo costruendo collettivamente a partire dalla domanda generale con cui abbiamo iniziato l’evoluzione dell’istituto, ovvero da che cosa vogliamo sia assicurato a tutti gli alunni nel loro percorso di apprendimento, si prefigge di illustrare come si è attivato e mantenuto il percorso di riflessione e di elaborazione , come le decisioni prese di volta in volta si sono attuate e quali sono stati i materiali di documentazione didattica proposti e utilizzati. In particolare, verranno riportati documenti illustrativi di attività didattiche legate ai tre assi delle linee di sviluppo dell’istituto sotto forma di brevi ma significativi diari di bordo dei singoli docenti con le attività sviluppate nelle classi principalmente sui primi due: le “Abilità per la vita” e le “Finestre interculturali”. Solo in un periodo più recente si è attivato il terzo asse di attenzione: la riflessione sul curricolo verticale disciplinare per definire i lemmi fondamentali del lessico settoriale delle discipline la cui acquisizione da parte di tutti gli alunni è considerata essenziale per la loro formazione.
Sulla base dell’esperienza scolastica sappiamo però che i percorsi di insegnamento/apprendimento, anche quando sono indirizzati e costruiti linearmente, sono attuati da individui le cui soggettività si intrecciano con quelle degli altri. Per questa ragione abbiamo pensato di dedicare una sezione della pubblicazione a considerazioni personali libere sulla propria esperienza, secondo il proprio vissuto e le proprie emozioni . I contributi non saranno solo di docenti, ma anche di quanti sono stati o sono tuttora partecipi del percorso a diverso titolo, altro personale della scuola, genitori, ex studenti, educatori, operatori nel sociale, associazioni territoriali che hanno condiviso e, in molti casi, continuano a condivi-dere e costruire insieme la strada intrapresa.

Condividere e documentare per non ricominciare da capo

Abbiamo ipotizzato più livelli di utilizzo di una pubblicazione su un percorso scolastico decennale . Il primo è quello interno all’istituto stesso. È importante infatti mantenere memoria viva dell’evoluzione di una scuola dove arrivano insegnanti nuovi, dove gli stessi che sono più radicati nell’ambiente tendono a sviluppare esigenze educative didattiche e professionali diversificate, mantenere memoria delle scelte effettuate e dei perché delle stesse, delle azioni che, seppur auspicate, non si sono rivelate praticabili, di quello che si è riusciti a fare e di quello che, al contrario, è restato un terreno scarsamente esplorato e sviluppato. Nell’istituto, come nella costruzione di un testo collettivo, si è cercato di costruire una scuola coerente, che non vuol dire rigida, e coesa. Speriamo che il tenere viva la memoria interna faciliti la prosecuzione di questa ricerca di coerenza tra il dichiarato e l’agito quotidiano e di coesione di tutte le persone coinvolte con gli alunni nel processo di educativo e di apprendimento.
Intendiamo infine offrire, non tanto un modello, ma piuttosto un servizio alle altre scuole che possono, in situazioni in parte diverse, ricevere spunti di riflessione ma anche di azio-ne, conoscere modelli organizzativi da riadattare al proprio contesto, approcci educativi, didattici e valutativi gestibili e che non hanno sovraccaricato o sbilanciato l’ambiente.
Per quanto ci riguarda, speriamo in prospettiva di ricevere da altre scuole o da colleghi fe-ed-back che possono far porre all’interno dell’istituto maggiore attenzione ad aspetti che non sono stati presi sufficientemente in considerazione e ai diversi modi in cui le diverse questioni sono state affrontate da altri.

*La pubblicazione è in preparazione. Vi aggiorneremo sulla sua uscita e diffusione.

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