SCHEDA 2: Partecipare a un concorso
scheda didattica
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Per essere creativi occorre un assetto mentale che permetta al soggetto di dispiegare le sue potenzialità creative, di sfruttarle, coltivarle, metterle in atto
Il processo creativo
La creatività rientra nei principali elenchi delle life skills o soft skills che oggi si ritiene siano tanto importanti per affrontare i cambiamenti rapidi che la realtà impone (Antonietti, Valenti, 2019). In verità, la creatività è una caratteristica dell’individuo che rimanda ad aspetti differenti dell’attività mentale.
Ma, qualunque sia il livello del processo creativo (quantità di idee, collegamenti tra di esse, applicazione degli schemi mentali, punto di vista adottato), che cosa porta a rompere i vincoli che restringono la gamma delle idee che ci vengono in mente, a vedere connessioni tra elementi concettualmente distanti, a trasferire una struttura di conoscenza in un campo nuovo o a ribaltare la prospettiva mentale sulla situazione che stiamo considerando?
Fantasticare o seguire un percorso?
Se guardiamo alle attuali teorie del processo creativo, riscontriamo non soltanto una pluralità di vedute, ma proprio due orientamenti opposti.
Vi sono ricerche sperimentali recenti che mostrano che le immagini che si sviluppano spontaneamente nella mente nel cosiddetto mind wandering, ossia quando la mente si muove liberamente passando da un pensiero all’altro, portano a interessanti intuizioni o a interpretare in maniera diversa dal solito alcuni aspetti della realtà. E anche nel sonno è possibile mettere in luce un certo influsso, involontario, sui contenuti mentali che porta a stabilire rapporti insoliti tra di essi, così da generare delle nuove scoperte. D’altro canto, è innegabile che insegnare delle specifiche tecniche, che il soggetto può applicare in maniera sistematica, e quindi pianificando e controllando la propria attività mentale, porti a migliorare la produzione di idee creative. Vari training, in cui il soggetto impara a usare un repertorio di strategie cognitive (per esempio Di Tacchio, Antonietti, 2019) e viene invitato a riflettere su come usa la propria mente quando affronta situazioni che richiedono creatività in modo da poterla auto-regolare (per esempio Pizzingrilli et al., 2022), si sono infatti mostrati efficaci nell’incrementare il potenziale creativo di bambini e ragazzi.
Ma allora, è meglio permettere alla mente di fantasticare senza freni o invece è preferibile tenerla sotto controllo facendole seguire determinati percorsi? Di fatto c’è del vero in tutte e due le posizioni, benché contrapposte. Probabilmente nel processo creativo si alternano fasi differenti, ognuna con specifiche caratteristiche e il risultato finale dipende da quanto si è efficienti nel gestire le varie fasi in maniera appropriata.
È chiaro che essere abili in ciò che richiede ogni fase sarebbe la situazione ottimale, ma anche la capacità di gestire adeguatamente soltanto alcune fasi può essere sufficiente. Si può infatti arrivare a un’idea creativa basandosi soprattutto su una fase e c’è chi è particolarmente abile nei meccanismi cognitivi che la contraddistinguono. Ma un esito altrettanto creativo può essere raggiunto per una strada diversa, sfruttando meccanismi differenti. È un po’ come avviene in certi compiti scolastici: c’è chi riesce bene perché arriva al risultato finale ragionando e chi riesce perché applica correttamente regole e conoscenze apprese.
Nel processo creativo si alternano fasi differenti e il risultato finale dipende da quanto si è efficienti nel gestirle
Flessibilità cognitiva e persistenza
Per cercare di rendere conto dei due opposti aspetti del pensiero creativo è stato proposto il modello a due vie che vede operare nella creatività la flessibilità cognitiva e la persistenza. La flessibilità cognitiva è ciò che permette di abbandonare una rigida visione delle situazioni e di accedere a interpretazioni alternative; essa implica la capacità di cambiare la prospettiva o l’approccio a un problema e di adattarsi alle nuove esigenze, regole o priorità, conducendo a pensare “fuori dagli schemi”. In un compito in cui bisogna generare qualcosa di nuovo e appropriato, è necessario che da un lato si considerino con il pensiero più ambiti differenti in cui andare a reperire le idee (flessibilità cognitiva) e dall’altro che alcuni ambiti siano esplorati in profondità (persistenza) per trovare elementi non ovvi.
Il ruolo dell’attenzione
Il modello a due vie richiama una questione dibattuta nell’ambito dei meccanismi cognitivi della creatività, ossia il ruolo dell’attenzione. Sostanzialmente si hanno tre posizioni.
Fasi divergente e convergente
A questo riguardo torna pertinente la distinzione tra pensiero divergente-esplorativo e pensiero convergente-integrativo: il primo ha come obiettivo la fluidità e la diversità delle idee prodotte, mentre il secondo è volto a sintetizzare diversi elementi in un modo nuovo.
Si può ritenere che nel momento divergente l’esplorazione della situazione può avvenire in ampiezza o in profondità. Nel primo caso (ampiezza) si cerca di allargare e diversificare la rete delle connessioni tra le idee evocate dalla situazione (e qui torna utile l’attenzione distribuita e la disinibizione cognitiva); nel secondo caso (profondità) si persegue una linea di pensiero sino ai suoi esiti non ovvi (e in questo caso è di supporto l’attenzione focalizzata e l’inibizione delle idee distraenti).
La flessibilità permette all’individuo di passare (shifting) da un’impostazione mentale all’altra, per esempio continuando a generare idee finché non ci si imbatte in uno spunto interessante; una volta trovato, si elaborerà in profondità tale spunto; qualora ciò non portasse a nulla di utile, si riprenderà a generare nuove idee ampliando il campo mentale.
Vi è però un altro shifting che entra in gioco nel pensiero creativo, quello che fa transitare dalla fase divergente a quella convergente: una volta maturata un’intuizione interessante, questa va organizzata in un’idea compiuta, così che possa poi essere vagliata, ed eventualmente perfezionata, per dare luogo al prodotto finale. Tutto ciò richiede che i soggetti siano consapevoli del modo con cui stanno operando affinché capiscano quando è opportuno compiere lo shifting tra una fase e l’altra.
Sedie… creative
Prendiamo il caso di uno studente che, nella sala in cui si tiene la festa della scuola, non trova una sedia su chi sedersi e allora si chiede se può trovare un modo alternativo per evitare di stare in piedi tutta la serata. Nella fase divergente-esplorativa dapprima la sua attenzione scansiona l’ambiente cercando di intercettare qualcosa che sia utile al suo scopo (esplorazione in “orizzontale”); eventuali oggetti che ha visto (un tavolo, la pattumiera ecc.) sono sottoposti a una preliminare analisi (esplorazione in “verticale”) per individuare delle eventuali loro potenzialità per il fine da raggiungere. Scartati questi oggetti, la ricerca in “orizzontale” prosegue sino al posarsi dell’attenzione su un portaombrelli; messo a fuoco questo oggetto, l’esplorazione in “verticale” porta a ritenere che possa andare bene (è sufficientemente robusto da reggere il peso di una persona, è trasportabile, è sufficientemente pulito ecc.). La fase divergente-esplorativa ha quindi condotto a elaborare una prima ipotesi di lavoro. Ora però serve dell’altro per far diventare il portaombrelli un sedile. Parte allora un nuovo processo divergente-esplorativo che ha come esito, dopo vari shift tra esplorazioni in “orizzontale” e in “verticale”, l’individuazione del frisbee, che lo studente ha nel suo zainetto, come elemento promettente. A questo punto i risultati delle due esplorazioni devono essere concretizzati in qualcosa che funzioni e, shiftando alla fase convergente-integrativa, si ha l’integrazione dei due oggetti: mettendo il frisbee sull’apertura del portaombrelli ottengo un sedile!
In Scheda 1 e Scheda 2 sono proposte alcune situazioni scolastiche che richiedono di trovare idee nuove. Per esse si propone di procedere come prevede il modello a due vie, in particolare passando dalla fase divergente-esplorativa a quella convergente-integrativa come sopra descritto. Sono riportate alcune possibili risposte, ma le caselle delle tabelle, proposte come strumento di lavoro, possono essere riempite in modi diversi e anche molto più originali.
Un funzionamento mentale “avventuroso”
Non è però da dimenticare che la creatività non è soltanto questione di meccanismi cognitivi. Infatti non è sufficiente saper produrre tante idee, compiere combinazioni insolite, trasporre schemi, cambiare punto di vista. Occorre anche essere inclini o motivati ad attivare questi processi. In altre parole, occorre un assetto mentale complessivo che permetta o inviti il soggetto a dispiegare le proprie potenzialità creative, a sfruttarle, coltivarle, metterle in atto. La creatività, considerata in questa accezione più ampia, pare debba essere ritenuta come una propensione a “slittare”, quando opportuno, verso un funzionamento mentale flessibile, “avventuroso”, che conduca a variare le routines, a immaginare diversamente le cose e tentare passi nuovi.
Riferimenti bibliografici
Per approfondire
Come motivare e facilitare l’apprendimento delle basi della literacy nei bambini che presentano difficoltà linguistiche? Facendo leva sulla loro creatività. Poiché questi alunni mostrano una predilezione per il pensiero divergente e per la multisensorialità, il testo propone una serie strutturata di attività in cui è chiesto di elaborare sillabe e parole attraverso operazioni creative come strane combinazioni, collegamenti insoliti, cambi di prospettiva. E così imparare a riconoscere i suoni linguistici e l’ortografia può diventare anche divertente.
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