Valutare senza stress…

(Buon) monitoraggio… e poi?

Competere, ma con se stessi

Quando si parla di valutazione nel processo di continuit&agrave; la parte del leone viene di solito svolta dalla valutazione degli esiti scolastici dei bambini.

Sia nel passaggio dalla scuola dell&rsquo;infanzia alla primaria che da questa alla scuola secondaria di primo grado un&rsquo;attenzione particolare, se non preponderante e talvolta esclusiva, viene riservata alle informazioni riguardanti le competenze in uscita dei bambini e il loro comportamento esibito nel contesto scolastico. Spesso queste informazioni sono accompagnate, o vengono seguite, da apposite prove predisposte dai docenti delle sezioni/classi interessate per fissare con maggior precisione la situazione di ogni singolo bambino. Nelle realt&agrave; pi&ugrave; accorte queste prove vengono concordate tra i docenti dei due gradi scolastici, come d&rsquo;altro canto altri aspetti della continuit&agrave;.

Tutto ci&ograve; ha una sua ragion d&rsquo;essere, ma &ndash; se non &egrave; associata ad altri dati &ndash; rischia di dimostrare una visione &ldquo;produttivistica&rdquo; della continuit&agrave;, basata sul &ldquo;peso&rdquo; delle performance del bambino. Questo approccio trascura il fatto che il processo di apprendimento si colloca sempre all&rsquo;interno di una relazione educativa e di un contesto formativo allestito secondo determinati criteri e caratteristiche, mai neutri. Ci&ograve; vuol dire che le &ldquo;prestazioni&rdquo; dei bambini vanno sempre collocate in uno sfondo per poter essere comprese e decodificate. Se ha importanza (e ce l&rsquo;ha) conoscere quali competenze ha acquisito il bambino alla fine di un ciclo, altrettanta importanza assume sapere quali proposte didattiche e formative ha allestito la scuola per far conseguire quelle competenze e quali forme di mediazione didattica e relazionale i docenti hanno messo in atto per promuovere l&rsquo;apprendimento. Se non si considerano anche questi aspetti, strettamente intrecciati alla valutazione delle competenze, si rischia di impostare il discorso della continuit&agrave; su un piano di astrattezza, assolutizzando le prestazioni del bambino e non correlandole all&rsquo;offerta formativa e didattica messa in atto dai docenti.

Ecco perch&eacute; le informazioni riguardanti il bambino nei passaggi da un grado all&rsquo;altro hanno senso se vengono inserite in una trama narrativa in cui viene esplicitato il ruolo giocato dai docenti e dal contesto da loro allestito per favorire gli apprendimenti e i processi di socializzazione.

Alcune domande possono aiutare a costruire questa trama:

<ul>
	<li>quali attivit&agrave; sono state proposte ai bambini e perch&eacute;?</li>
	<li>Quali approcci metodologici sono stati privilegiati dai docenti?</li>
	<li>Quali mediatori didattici (anche tecnologici) sono stati impiegati?</li>
	<li>Sono state condotte indagini per rilevare le reazioni dei bambini riguardo alle attivit&agrave; proposte (interesse suscitato, difficolt&agrave; percepita ecc.)?</li>
	<li>Che organizzazione didattica e funzionale &egrave; stata adottate per sostenere i processi di apprendimento e le relazioni?</li>
</ul>

Agendo su questi diversi ma intrecciati piani si pu&ograve; restituire un&rsquo;immagine pi&ugrave; realistica del bambino e &ndash; volendo - si possono impostare progetti di continuit&agrave; in cui tutti gli attori dell&rsquo;azione educativa sono presi in considerazione.

&nbsp;

&nbsp;

&nbsp;

&nbsp;

FAQ 18. Si possono somministrare prove di valutazione diverse da quelle dei compagni (facilitate, semplificate, abbreviate...) nelle normali prove di verifica durante l'anno e nelle prove INVALSI? (ed. PLUS)

Continuità e valutazione: le domande giuste