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Lorenzino - don Milani

Quattro ore zitti e sedici prediche: "nonostante questo, non sono riusciti ancora a togliermi l'allegria". Un ritratto di Lorenzo Milani in dvd.

di Redazione GiuntiScuola01 maggio 20123 minuti di lettura
Lorenzino - don Milani | Giunti Scuola

Alberto Melloni realizza un “saggio videostorico” sulla figura di don Lorenzo Milani , con l’accompagnamento delle canzoni di Fabrizio De Andrè (le scelte non sono banali, e hanno qualcosa insieme di descrittivo e d’ironico, considerando che si va da Una storia sbagliata e Quello che non ho ), notevoli foto e video d’epoca (pregevolissimo l’estratto video di una lezione a Barbiana, dove si riflette sull’opportunità della parola “stortura” e sul divieto di fumare) e interviste a testimoni diretti e cultori, per esempio Oliviero Toscani.

Il taglio è biografico: si va dalla nascita a Firenze, nel 1923, da una famiglia “agnostica, colta, raffinata” (la mamma, ebrea, è allieva di Joyce per l’inglese; il padre è un chimico, figlio di un prestigioso archeologo e nipote del filologo Domenico Comparetti), alla morte nel 1967, poco dopo l’uscita del famoso Lettera a una professoressa , che si meritò una recensione video entusiastica (e inserita nel documentario) da parte di Pier Paolo Pasolini.

Nel mezzo, si registrano le vicende giovanili (la formazione a Milano, la pittura, il seminario) e della maturità (l’ordinazione avversata dalla famiglia, l’attività a San Donato di Calenzano, poi a Barbiana, gli scontri con la DC, col vescovo di Firenze, la presa di posizione sull’obiezione di coscienza negli anni Sessanta), ponendo l’accento sulla dedizione alla scuola, all’insegnamento della lingua italiana e delle lingue – il fuoco dell’attività di Milani, anche secondo un osservatore d’eccezione come Michele Ranchetti.

Notevolissima la scelta degli stralci di lettere – dove più che mani risuona la voce suadente, provocatoria e netta del protagonista – alla madre e agli altri interlocutori recitate per il video da Marco Marchegiani. E notevole anche la scelta di riproporre uno dei passi più noti di Lettera a una professoressa , che molto dice della capacità “registica” del maestro Milani, e del suo metodo di lavoro dove creatività e rigore trovarono un produttivo equilibrio:

“Noi dunque si fa così: per prima cosa ognuno tiene in tasca un notes. Ogni volta che gli viene un'idea ne prende appunto. Ogni idea su un foglietto separato e scritto da una parte sola. Un giorno si mettono insieme tutti i foglietti su un grande tavolo. Si passano a uno a uno per scartare i doppioni. Poi si riuniscono i foglietti imparentati in grandi monti e son capitoli. Ogni capitolo si divide in monticini e son paragrafi. Ora si prova a dare un nome ad ogni paragrafo. Se non si riesce vuol dire che non contiene nulla o che contiene troppe cose. Qualche paragrafo sparisce. Qualcuno diventa due. Coi nomi dei paragrafi si discute l'ordine logico finché nasce uno schema. Con lo schema si riordinano i monticini. Si prende il primo monticino, si stendono sul tavolo i suoi foglietti e se ne trova l'ordine. Ora si butta giù il testo come viene viene. Si ciclostila per averlo davanti tutti uguale. Poi forbici, colla e matite colorate. Si butta tutto all'aria. Si aggiungono foglietti nuovi. Si ciclostila un'altra volta. Comincia la gara a chi scopre parole da levare, aggettivi di troppo, ripetizioni, bugie, parole difficili, frasi troppo lunghe, due concetti in una frase sola. Si chiama un estraneo dopo l'altro. Si bada che non siano stati troppo a scuola. Gli si fa leggere a alta voce. Si guarda se hanno inteso quello che volevamo dire. Si accettano i loro consigli purché siano per la chiarezza. Si rifiutano i consigli di prudenza. Dopo che s'è fatta tutta questa fatica, seguendo regole che valgono per tutti, si trova sempre l'intellettuale cretino che sentenzia: ‘Questa lettera ha uno stile personalissimo’”.

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