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Le scelte della mia scuola multiculturale - Raccontare il mondo a partire da chi ci sta vicino

Amina lavora nella mensa scolastica. Indossa il grembiule e l’hijab. Viene dal Marocco. A un certo punto dell’anno scolastico, aiuta insegnanti e bambini a ricreare una fiaba bilingue che parla di corvi rossi e gufi. Aspettando il convegno “A scuola nessuno è straniero”.

di Redazione GiuntiScuola01 marzo 20168 minuti di lettura
Le scelte della mia scuola multiculturale - Raccontare il mondo a partire da chi ci sta vicino | Giunti Scuola

In occasione del convegno A scuola nessuno è straniero. La scuola multiculturale nel tempo delle scelte (18 marzo, Padova) abbiamo chiesto ad alcuni amici di "Sesamo" (insegnanti, educatori, dirigenti scolastici) di raccontarci una delle scelte che la scuola multiculturale si trova a fare ogni giorno. Oggi diamo voce a Bettina Ronchetta e Enrico Colomberotto, insegnanti.

Amina, una presenza quotidiana

Amina è una presenza quotidiana nella nostra scuola: scodella i pasti durante la mensa, riassetta i tavoli tra il primo e il secondo, sparecchia a fine pasto. Indossa il grembiule e porta l'hijab perché proviene dal Marocco. Ha sempre un sorriso mite e grandi occhi neri di mamma: ha quattro figli, già adolescenti, tutti, a parte il primo, nati in Italia.
I bambini della nostra scuola la chiamano per nome e le vogliono bene. Dall'anno scorso poi hanno iniziato a conoscerla sotto una veste nuova e diversa. Perché questo cambiamento?
Tutto ha avuto inizio quando, per una serie di attività su narrazione e plurilinguismo , abbiamo chiesto ai bambini di indicarci in quale lingua avrebbero voluto ascoltare la storia su cui avevamo lavorato a lungo.

La nostra storia in tante lingue

Facciamo un piccolo passo a ritroso nel tempo: il nostro obiettivo era quello di r ealizzare un libro illustrato e di tradurne il testo in una o più lingue diverse dall'italiano . Così, scelto tutti assieme un testo, lo abbiamo diviso in sequenze. Poi i più piccoli (alunni delle classi del primo ciclo) hanno realizzato gli sfondi e le immagini dei personaggi (un gruppo di corvi e un gufo) mentre i più grandi (del secondo ciclo) hanno lavorato, a livello grafico, sulla caratterizzazione degli ambienti e successivamente su un ampliamento del testo. Ci avevano detto: “Ci piacerebbe tanto far parlare i personaggi e sentire che cosa si dicono”. Perché no? Cogliamo la palla al balzo e lasciamo che si sbizzarriscano nell' invenzione dei dialoghi .
Viene poi il momento di tirare le fila del percorso dotando il libro di una traduzione in una o più lingue. Ecco perché abbiamo chiesto quale lingua avrebbero preferito per la loro “nuova” storia e perché proprio quella lingua piuttosto che un'altra.
È stato stupefacente constatare come i bambini, anche semplicemente nel rispondere a questa domanda, ci abbiano segnalato - ancora una volta - qualcosa di se stessi, dei loro desideri, dei loro bisogni e della loro personale concezione del mondo.

  • Asia, di classe terza, ci ha detto che le sarebbe piaciuto ascoltare la storia in dialetto , perché da piccola lo sentiva parlare dai genitori, senza capire che cosa dicessero e, adesso, che lo capiva e lo parlava, le piaceva molto, perché c'erano parole strane e divertenti.
  • Ayoub, marocchino, in modo per noi inaspettato ma del tutto coerente con le sue abitudini familiari avrebbe voluto ascoltare la storia in francese , perché è la lingua usata dai suoi genitori a casa e secondo lui è una lingua facile da pronunciare e bella da ascoltare.
  • Oleksandr avrebbe voluto sentirla raccontare in ucraino, perché da tanto tempo non sentiva una storia nella sua lingua e temeva di averla un po' dimenticata.
  • Giacomo, un bambino piuttosto timido, ma che ha dimostrato particolare abilità nelle attività di costruzione del libro, ha affermato che gli sarebbe piaciuto ascoltare la storia in arabo , perché era la lingua della sua tata, Amina, che ora, ci ha comunicato con un certo orgoglio, lavorava anche nella nostra mensa.

Coinvolgere nonni e genitori

Naturale quindi, proprio a partire dalle indicazioni e dagli stimoli venuti dagli alunni, estendere la proposta di tradurre la nostra storia ai genitori, ma anche a figure parentali o di riferimento, come ad esempio i nonni , che rivestono un ruolo importante nella valorizzazione della lingua madre, visto che svolgono la funzione di una sorta di “ponte” nella conservazione e nel mantenimento del patrimonio linguistico posseduto dal bambino e dalla sua famiglia di origine. Come non considerare poi che – anche secondo noi - lo sviluppo della capacità narrativa dei bambini va di pari passo con le abitudini quotidiane e dipende fortemente sia dalla possibilità del bambino di prendere la parola, sia dalla capacità di ascolto dell'altro (adulto o bambino che sia)?

Scegliere un traduttore (o nel caso specifico una traduttrice) che non fosse solo un traduttore nel senso strettamente linguistico, ma avesse anche un legame con il vissuto quotidiano, scolastico ed extra-scolastico, dei nostri alunni , ci è parso non solo abbastanza facile e naturale, ma anche – e soprattutto – giusto.

Saluti e libri "al contrario"

Così la signora Amina è stata ufficialmente invitata a scuola. È venuta una mattina, abbastanza presto, e comunque prima del solito. Non era nemmeno vestita come al solito (col grembiule della mensa): indossava invece un bellissimo abito tradizionale del suo paese. È entrata e ha salutato nella sua lingua. I bambini spontaneamente hanno risposto: “Ciao”.
Amina ha sorriso e, insieme, abbiamo scoperto che le formule di saluto godono di una certa reciprocità: ad Assalamu Alaikum (la pace sia su di voi), si risponde ad esempio Wa alaikum alsalam (su di voi sia la pace) e che questa espressione si usa nei contesti formali, per rivolgersi ad esempio a un maestro, mentre il corrispettivo nel nostro Ciao è Marhaban , a cui si risponde Ahlan , aggiungendo anche “benvenuto”, se ad esempio ci si trova a casa propria o nel proprio paese.

Amina, alla quale avevamo consegnato un paio di settimane prima, il testo del libro, ha estratto dalla sua borsa i fogli scritti in arabo. È stato un momento intenso: di grande attenzione e curiosità da parte dei bambini, e impegnativo per Amina, che si è trovata a rispondere alle loro numerose, approfondite e variegate domande , a partire da quelle sul verso della scrittura, che procede da destra a sinistra. “Così i libri - hanno aggiunto i bambini - iniziano al contrario, dal fondo, e finiscono... con l'inizio! Quindi anche noi dobbiamo fare così con la nostra storia! Vero?”

Poi Amina ha letto in arabo, i bambini erano concentratissimi, affascinati da quei suoni così inusuali all'inizio ma nei quali, ma mano che la trama si snodava, cominciavano ad intuire alcuni termini ricorsivi, come ad esempio la parola “corvo” o “gufo” ; e persino alcune formule di saluto, che i personaggi si scambiavano nei dialoghi.

Da un incontro, una scelta

Ci siamo riproposti di rendere ricorrente questa attività di traduzione di testi di storie, ma anche di fiabe in più lingue , e di inserirla stabilmente nel piano di attività di tutte le classi del nostro plesso, cercando di partire da quelle che genitori, nonni ed altre figure di riferimento saranno disposti a raccontarci, in forma orale e scritta.

Durante i lavori sulla nostra storia abbiamo toccato con mano quanto sia importante il coinvolgimento di tutti gli adulti e delle figure di riferimento nello sviluppo concreto delle capacità di relazione e di costruzione del senso del sé anche attraverso la narrazione di storie, racconti, fiabe, qualunque sia la lingua scelta.

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