Contenuto riservato agli abbonati io+

Scuola dell’infanzia: un ponte verso la primaria

Prendersi cura del passaggio dei bambini alla scuola primaria è importante per tutti, ma lo è ancor più per chi, come gli stranieri, è in situazione di svantaggio.

di Cristina Peccianti05 maggio 20156 minuti di lettura
Scuola dell’infanzia: un ponte verso la primaria | Giunti Scuola

L’importanza della continuità

Se da una parte le Indicazioni nazionali , nel paragrafo “Dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria” elencano in modo dettagliato ciò che è “ragionevole attendersi” in termini di sviluppo delle competenze di base al termine del percorso triennale dell’infanzia, dall’altra non è a nostro parere opportunamente richiamata l’importanza della continuità, accompagnando il passaggio alla scuola primaria con un ponte fra l’una e l’altra sponda.

Oggi, stante anche la situazione di tagli delle risorse subiti dalla scuola, con conseguente diminuzione degli insegnanti e aumento del numero degli alunni per classe, ai bambini delle classi prime vengono precocemente richiesti comportamenti “scolarizzati” : tempi di attenzione di un certo respiro, interiorizzazione veloce di regole di diverso tipo, un buon livello di autonomia nell’esecuzione dei compiti ecc. Così i bambini in ingresso nella scuola primaria si trovano spesso disorientanti e questo disorientamento pesa negativamente sui primi apprendimenti strumentali, specie nel caso di bambini che hanno situazioni di svantaggio, come appunto quelli di origine straniera, anche se nati in Italia.

Per questo è importante che nell’ ultimo anno di scuola dell’infanzia si tenga conto che quegli stessi bambini che a giugno-luglio sono le “piccole marmotte” o i “colibrì” di una scuola senza troppe regole, obblighi e richieste di prestazioni, saranno a settembre gli alunni di una classe 1°, con i tempi rigidamente scanditi dalle campanelle, lo zaino pesante di libri e quaderni, la fatica di stare seduti al banco e quella di costringere occhio e mano a seguire punti e linee.

E si tenga conto che chi è stato m inimamente avviato a questo cambiamento, gradualmente introdotto a controllare i tempi di attenzione e il rispetto delle regole, abituato a comprendere consegne ed eseguire piccoli compiti faticherà di meno, sarà meno disorientato e potrà affrontare in modo più sereno ed efficace i primi apprendimenti strumentali.

Le particolari difficoltà dei bambini di origine straniera

Se il passaggio alla primaria può essere difficoltoso per qualunque bambino, lo è ancor più per i bambini stranieri , per diverse ragioni. L’incerta competenza linguistica fa sì che i bambini si perdano più facilmente nella decodifica del linguaggio dell’insegnante che si rivolge all’intera classe e si trovino quindi in difficoltà nell’eseguire le consegne e anche nel riconoscere immediatamente schemi e routine della nuova scuola, non interiorizzati precedentemente in famiglia.

Ma l’incerta competenza linguistica pesa ancor più sull’ apprendimento della letto-scrittura . I bambini italofoni infatti apprendono i meccanismi e le regole della lingua scritta appoggiandosi alle conoscenze della lingua orale; i bambini non italofoni devono invece apprendere la lingua scritta mentre hanno ancora bisogno di rinforzare quella orale e non hanno una base sicura, fonologica, lessicale e morfosintattica a cui appoggiarsi.
Significativi a questo proposito sono i risultati delle prove Invalsi di Italiano di classe seconda in cui i punteggi medi degli alunni stranieri di seconda generazione si discostano di 15 punti da quelli degli italiani, mentre quelli di prima generazione si discostano di 18 punti, con uno scarto di soli 3 punti fra prima e seconda generazione. Essi confermano il peso che lo svantaggio linguistico ha sui primi apprendimenti scolastici e quindi  l’opportunità di realizzare strategie didattiche che agevolino l’impatto dei non italofoni con la scuola primaria.

I sì e i no della didattica

Quanto detto sopra non deve tuttavia tradursi in un avvio alla letto-scrittura, che è di assoluta spettanza della scuola primaria, ma piuttosto in un rinforzo della lingua orale e di tutti i prerequisiti , anche ti tipo manuale, in modo che i bambini, svantaggiati su un fronte, siano avvantaggiati su altri.

Intensifichiamo poi, soprattutto, con i bambini di 5 anni la pratica di lettura di storie che svolgono un ruolo importante di familiarizzazione con la lingua scritta e di prealfabetizzazione. Questa pratica genera infatti tutta una serie di precondizioni, linguistiche e cognitive che favoriscono gli apprendimenti di base ed è particolarmente preziosa per i bambini stranieri i quali, fino all’ingresso nella primaria, hanno scarse occasioni di esposizione all’italiano scritto, che è per certi versi una “nuova lingua”

Scuola dell'infanzia

Dove trovi questo contenuto