Contenuto riservato agli abbonati io+

La città dei bambini alla “Pisacane.” Storia di un progetto che amiamo

Dagli incontri formativi con Francesco Tonucci, che è un nonno della nostra scuola, alla messa in rete di un progetto che coinvolge scuola e quartiere sull’autonomia e sulla partecipazione dei bambini e delle bambine. A cura di Associazione Pisacane 0-11.

di Redazione GiuntiScuola21 giugno 201714 minuti di lettura
La città dei bambini alla “Pisacane.” Storia di un progetto che amiamo | Giunti Scuola

Per una scuola e un quartiere a misura di bambine e di bambini

Nel quartiere romano di Tor Pignattara esistono diverse istituzioni ed associazioni che operano per la cultura, anzi per le culture, al plurale: scuole pubbliche (dal nido all’educazione per gli adulti), cinque centri culturali islamici, una scuola di lingua e cultura cinese, una scuola di canto e danza bangladese, Asinitas onlus con il Centro Miguelim e la sua scuola di italiano per le donne, il Cemea con la Casa delle Arti e del Gioco, un teatro (Studio Uno), la galleria d’arte Wunderkammern e lo Spazio 54, le librerie LaRocca Fortezza Culturale e Il Giardino Incartato, i comitati di quartiere Tor Pignattara e Certosa, che organizzano momenti di formazione e socialità, come la festa per Ciro Principessa, diverse associazioni culturali che promuovono la formazione attraverso le arti e organizzano eventi, spesso gratuiti, con scrittori, registi e personalità della cultura: Karawan Fest, Alice nel Paese della Marranella, RGB Light Fest, Pezzettini. E i due eventi annuali curati a novembre/dicembre e a maggio/giugno dalla nostra associazione dei genitori Pisacane 0-11: la Giornata contro il razzismo e per i diritti delle/dei migranti e Taste de World .
A volte alcune realtà riescono ad organizzare momenti di collaborazione attraverso progettualità condivise, ma non si è ancora creata un’occasione di incontro tra tutti gli organizzatori culturali, che dia l’opportunità di far tesoro delle preziose conoscenze acquisite da ogni singola istanza, negli anni di lungo lavoro sul territorio. Pensiamo che la scuola internazionale Carlo Pisacane , come a noi piace chiamarla, per la sua pratica quotidiana di accoglienza, inclusione e partecipazione, sia un luogo reale e simbolico adatto ad essere il cuore di una rete che unisca le diverse realtà territoriali, per realizzare una mappa tematica delle presenze culturali e condividere alcuni obiettivi su cui convergere, creando una sorta di tavolo permanente.
Come iniziale idea di lavoro comune, ci sembra quanto mai utile oltre che necessario partire dallo sperimentare insieme il progetto “La città dei bambini” , ideato e attuato in varie città da Francesco Tonucci , per consentire alla comunità di lavorare congiuntamente alla creazione di un ambiente attento ai minori e alla salvaguardia della loro sicurezza, intesa come diritto all’autonomia di movimento e alla partecipazione. Lavorando dunque congiuntamente su due fronti, sia all’interno della scuola che nel quartiere: sull’autonomia (“A scuola ci andiamo da soli”) e sulla partecipazione (“Il consiglio delle bambine e dei bambini”); ma anche nel territorio, dando vita a una “Città dei bambini e delle bambine” , o almeno a un quartiere a misura di bambino e di bambina. Questo significa anche riappropriarsi dei luoghi pubblici, come le strade, le piazze, gli spazi verdi, per viverli dando nuova importanza alla socialità, alla condivisione, all’autonomia. E significa anche rendere accessibili a tutte e tutti i luoghi di incontro delle diverse comunità, rendendo pubbliche le ricorrenze laiche e le festività intese come momenti di incontro, scambio e di partecipazione reciproca.
Le idee qui proposte nascono da riflessioni che vengono da lontano, dopo anni di formazione condivisa fra genitori e docenti con il professor Francesco Tonucci – anche nonno della Pisacane – con i suoi preziosi seminari realizzati in diversi anni nella nostra scuola: seminari e incontri che ci hanno fatto riflettere sui principi dell’educazione attiva, sull’importanza dell’autonomia e della partecipazione, ponendo le basi a tutto il nostro essere, a casa, a scuola, nel quartiere. Indicando e tracciando diverse vie da percorrere. La prima è quella di iniziare a realizzare il progetto “A scuola ci andiamo da soli”.

"A scuola ci andiamo da soli"

Il desiderio di aderire al progetto “A scuola ci andiamo da soli” nasce dalla forza dell'idea che lo sostiene: un progetto che pensa la città e i quartieri dal punto di vista dei bambini , perché questi possano abitarli stando a proprio agio. È una scommessa importante, nella quale, come adulti - genitori e insegnanti - sentiamo di volerci impegnare.
Sempre di più viviamo con la paura di quello che ci succede intorno e la necessità di accompagnare i bambini e le bambine dappertutto, perché il fuori è pericoloso. Questo rende i bambini dipendenti dagli adulti in tutti i loro spostamenti e gli adulti dipendenti dagli spostamenti dei bambini, in un ritmo frenetico che non soddisfa nessuna delle due parti.
Questo progetto invece ribalta il problema: dato che i bambini hanno bisogno di fare esperienze da soli per crescere, come si fa a rendere il fuori più sicuro? La convinzione di Tonucci, confermata dalla realizzazione del progetto in molte città, è che il fuori diventa più sicuro proprio se i bambini lo abitano . Ciò rende infatti gli adulti più attenti ai bambini che sono in giro e facilita la costruzione di una rete di rapporti nel quartiere. Perché questo sia realizzabile è necessario adottare il progetto come scuola , che coinvolga tutte le famiglie e quindi il quartiere, nei percorsi che i bambini devono fare da casa a scuola e viceversa. I dati che sono stati raccolti nelle città in cui il progetto è stato realizzato dicono che gli incidenti automobilistici sono diminuiti - e comunque mai riguardanti bambini che vanno a scuola da soli - e che il tasso di criminalità si è abbassato.
Nella misura in cui gli insegnanti e i genitori condividono la convinzione che per la crescita dei bambini è fondamentale fare esperienze di autonomia, perché attraverso queste il bambino costruisce e affina le sue conoscenze, la fiducia in se stesso, la relazione con i coetanei, il piacere di occuparsi di sé e dei propri impegni, allora si attiveranno per creare insieme una rete anche sul territorio, coinvolgendo ad esempio i negozianti che si trovano nel percorso casa-scuola e che si rendano disponibili per qualsiasi esigenza i bambini che percorrono quella strada possano avere.
Stiamo dunque lavorando affinché questa diventi una realtà della nostra scuola Carlo Pisacane. Pensiamo infatti che un quartiere come il nostro, popolato da tante realtà culturali e famiglie di origini diverse, dove la gente vive abitualmente la strada, sia un luogo favorevole allo sviluppo di questo progetto. Lavorando insieme, genitori e insegnanti, porteremo il progetto al Consiglio d’istituto, in modo che possa diventare parte integrante del PTOF e accolto e sostenuto da tutta la comunità scolastica.
Nel frattempo, proprio perché nel quartiere si respira questa aria, e grazie alle riflessioni maturate negli incontri con Tonucci, alcune famiglie sono già partite spontaneamente con questa esperienza di mandare i propri figli e le proprie figlie a scuola da soli .

A scuola da soli e da sole? Si può! Le testimonianze di alcuni genitori

Lucia
«Era difficile immaginare nostro figlio andare in giro da solo per il quartiere. Ero consapevole che i bambini già a sei anni, se messi in condizione di farlo, sono perfettamente capaci di autoregolarsi e di attraversare da soli per strada in tutta sicurezza. Da un anno o più, Enrico poteva andare da solo sotto casa a fare piccole commissioni, gli era permesso fare uno o due attraversamenti al massimo. Il tutto però era comunque vissuto da noi con ansia e con la consapevolezza che mancava nei suoi confronti una vera fiducia. A fine inverno, quest’anno, in quarta, una mamma propone, su richiesta del figlio e memore degli insegnamenti del professor Tonucci, di formare un gruppo di bambini, vicini di casa, che andassero a scuola da soli. Ne avevamo parlato tante volte, ed ora era il momento di fare questo passo.
Ho sentito che era arrivata l’ora di imparare ad avere fiducia in Enrico. Noi lo avevamo sempre protetto, se agli attraversamenti sembrava inconsapevole e distratto, era solo perché non aveva necessità di preoccuparsi, non gliene avevamo mai dato il tempo, veloci come eravamo a prendergli la mano ogni volta che si doveva attraversare. Sapevamo che era consapevole dei pericoli, e che naturalmente i bambini apprendono le modalità di comportamento dall’esempio dei propri genitori. È stato un lavoro faticoso superare le paure e le ansie che erano solo mie, gigantesche rispetto alla consapevolezza che, comunque, nella vita possono succedere anche cose spiacevoli. È stato faticoso anche imparare a credere in lui. Perché quarant’anni fa era normale che i bambini a sei anni andassero a scuola da soli e adesso ci vuole quasi una psicoterapia per noi “poveri genitori spaventati”?
Dal canto suo, Enrico è stato felicissimo di questa conquistata autonomia. Ha mostrato di essere un bambino responsabile: ha regolato la sua sveglia personale, che può spegnere solo lui, la mattina si sveglia e subito si veste, si distrae meno facilmente e guarda spesso il suo orologio. Ci tiene molto ad essere puntuale e anche che lo siano gli altri. Direi che è fin troppo fiscale. Sono certa che anche la sua autostima ne ha beneficiato. È stata una bella esperienza di crescita, per tutti».

Maria
«L’esperienza di autonomia di Morgana è iniziata in realtà da molto poco, proprio nelle ultime settimane di scuola, anche se aveva già sperimentato qualche primo passo di autonomia e responsabilità, come andare a prendere il latte da sola, una o due volte, scendere a giocare nel giardino condominiale accanto alla nostra casa, a portata del nostro sguardo dalla finestra, o andare in bicicletta con un amichetto in un tranquillo paesino sul mare. Già in prima aveva espresso il desiderio di andare a scuola da sola, forse ispirandosi a qualche amico o amica di famiglie di origine straniera, in cui c’è più familiarità con l’autonomia dei bambini e delle bambine, forse a volte anche “troppa” ai nostri occhi. Ma a noi sembrava troppo presto, anche se abitiamo molto vicini alla scuola. In seconda se ne è riparlato, ma non eravamo ancora pronti, noi genitori. Poi quasi sul finire della scuola, Giorgia mi ha proposto di far andare Morgana a scuola con sua figlia Antonia, di un anno più grande, che abita praticamente sulla nostra stessa via, ma a un isolato da noi. E così hanno iniziato, con molto entusiasmo di Morgana, che doveva abituarsi a rispettare i tempi ed essere puntuale all’appuntamento. Le prime volte o io o Giorgia le seguivamo da lontano. Poi sono praticamente andate da sole. E negli ultimi due giorni, in cui Antonia non c’era perché al campo scuola, Morgana è voluta andare da sola: io uscivo priva e l’aspettavo davanti scuola, per essere sicura che fosse tutto a posto. Lei è molto contenta di questa esperienza. Ha un orologio per controllare il tempo e riesce ad essere più puntuale. A settembre faremo in modo di continuare questo percorso di autonomia e soprattutto cercheremo di fare in modo che si organizzi con Antonia e con altri bambini e bambine della classe o della scuola, in modo che possano formare un gruppo: andare a scuola da soli, senza genitori certo, ma è più divertente e più formativo (e più sicuro) se vanno con amici e amiche!»

Rossana
«Emanuele frequenta la quarta elementare della scuola Carlo Pisacane. Da qualche mese insieme ad un gruppo di amici e amiche va a scuola da solo.
Ha appuntamento con un altro bambino alle 8:05 all’angolo della nostra strada, insieme si dirigono su via di Tor Pignattara, dove si concentrano altri 6 o 7 bambini di quarta e quinta elementare. Da li si avviano verso scuola. Entrata ore 8,20.
L’esigenza di mandarlo da solo è nata dalla richiesta di Emanuele stesso, che già da un po’ di tempo ci chiedeva di poterlo fare.
Ha sperimentato negli anni precedenti piccoli spostamenti: andare a trovare gli amici vicini di casa, giocare giù con altri bambini, fare piccoli commissioni.
La sua voglia di autonomia nasce da diversi fattori.
• Emulazione di sua sorella, che a sua volta ha iniziato un percorso molto simile alle elementari;
• Avere la fortuna di passare parte delle vacanze estive e natalizie in un paese in Cilento in cui vivono i nonni. Lì i bambini si muovono in completa autonomia, non perché non ci siano completamente pericoli come sconosciuti o macchine, ma semplicemente perché da sempre è stato così e il controllo sociale è molto forte.
• Il fatto che a scuola alcuni dei suoi compagni (così come era stato per molti compagni e compagne di sua sorella) di origine bengalese e cinese si muovono in maniera autonoma per il quartiere e nell’andare a scuola.
Quando accompagnavamo noi Emanuele a scuola, capitava che eravamo noi ad insistere affinché si alzasse, vestisse, preparasse. Capitava ogni tanto che la nostra insistenza si trasformasse in stress per entrambe le parti, con il risultato che arrivavamo in ritardo. Da quando invece Emanuele va da solo, la preparazione, lo scendere puntuali, è diventata una faccenda tutta sua con il risultato che scende sempre (o quasi) puntuale, in totale tranquillità e con un atteggiamento molto maturo e responsabile.
I primi spostamenti di Emanuele, come di sua sorella prima di lui, sicuramente ci hanno provocato piccole ansie e preoccupazioni. Abbiamo scelto di vivere a Roma, ma la voglia di non crescere i nostri figli nella paura della città ci ha permesso di superare ansie e preoccupazioni.
Credo fermamente che i bambini debbano avere luoghi di libertà, senza gli adulti. Mi fa più paura pensare che i nostri figli crescano in ambienti e luoghi (scuola, famiglia, sport, ludoteche e associazioni varie) in cui è sempre vigile l’occhio e la presenza degli adulti, come se i bambini fossero incapaci di gestirsi da soli e fra pari.
Sicuramente partecipare agli incontri con Francesco Tonucci ha supportato il mio pensiero.
Rispetto al mandare Emanuele a scuola da solo è stato fondamentale aver potuto condividere l’esperienza con altri genitori: attraverso una pratica di gruppo, un’esperienza che purtroppo viene vietata ai bambini nelle città è diventata la nostra normalità mattutina».

L’articolo è stato scritto da Vania Borsetti, Rossana Capo, Lucia Colonna, Maria Coletti e Francesca Tonucci.

Per saperne di più

La città dei bambini , Francesco Tonucci
Il sito di Tonucci
La pagina Facebook dell’Associazione Pisacane 0-11

“I bambini continuano a non essere ascoltati”: intervista a Francesco Tonucci , Premio Andersen 2017

Dove trovi questo contenuto