Che cosa vuol dire scrivere?

La scrittura deve nascere da un’esigenza profonda, da un bisogno, dalla voglia di comunicare e condividere pensieri, desideri, ipotesi. Già dalla scuola dell’infanzia, già dai primi giorni di scuola primaria. Come spiegano due "anomali maestri", Tullio De Mauro e Francesco Tonucci, in "Prima dell'ABC"

di Emilia Passaponti23 giugno 20175 minuti di lettura
Che cosa vuol dire scrivere? | Giunti Scuola
Al termine della scuola dell’infanzia i bambine e le bambine vengono preparati al passaggio alla scuola primaria con vari esercizi di prescrittura e di prelettura. Imparare a dominare in maniera ordinata lo spazio del foglio, abituare la mano ad andare da sinistra verso destra (così almeno nel nostro sistema cultura-le) sono senz’altro esercizi utili. Ma non bastano, ci dicono Tullio De Mauro e Francesco Tonucci nelle pagine iniziali di un libretto prezioso e oggi introvabile, Prima dell’ABC , pubblicato dall’editore fiorentino Luciano Manzuoli nella piccola collana “Biblioteca di Lavoro” diretta da Mario Lodi. La scrittura deve nascere da un’esigenza profonda, da un bisogno, dalla voglia di comunicare e condividere pensieri, desideri, ipotesi. Già dalla scuola dell’infanzia, già dai primi giorni di scuola primaria. La scrittura non è tecnicismo è voglia di comunicare. Questi due anomali “maestri” ci lasciano questa lezione: con la lettura, con il disegno, insegniamo ai bambini a pensare, a parlare, a immaginare, a voler fissare con dei segni che altri possano capire pensieri, sensazioni, desideri. Il resto, la padronanza tecnica della lingua scritta, verrà più facilmente.

Emilia Passaponti

 

Prima dell'ABC

Ecco qui sotto alcuni degli esercizi di prescrittura e prelettura che tanti libri oggi propongono agli insegnanti e ai bambini o per arrivare “pronti” alla scuola elementare o per cominciare in modo meno assurdo del solito la stessa scuola elementare.

Esercizi del genere partono da un’ipotesi: il bambino impara a scrivere tanto più facilmente quanto più la sua mano si è abituata ad andare da sinistra a destra, a disegnare in modo ordinato e minuzioso, a eseguire linee che restino dentro confini dati ecc.
Queste abitudini sono certamente parte della capacità di scrivere. Per scrivere, occorre effettivamente che si siano sviluppate queste e altre simili capacità motorie e grafiche. E, dunque, esercizi come quelli descritti non sono certo del tutto inutili. Ma non bastano.
Scrivere non significa soltanto fare certi disegnetti ordinati in fila. Scrivere significa per il bambino quel che nella storia ha significato per tutti gli esseri umani, per interi popoli, il passaggio dalla cultura puramente orale alla cultura anche scritta: significa porsi di fronte alle parole e frasi del linguaggio in modo meno immediato, più meditato; significa avvertire il bisogno di fissare le parole, e dunque sceglierle perché siano fissate e sottratte a un’esperienza fugace, immediata.
Per avere un’idea di quel che succede quando si impara la scrittura e la lettura, ossia l’uso produttivo (scrittura) e ricet-tivo (lettura) delle parole e frasi di una lingua, bisogna pensare che è un po’ come imparare un’altra lingua: il tipo di fatica è lo stesso. E non si compie questa fatica se non partendo da una forte motivazione.
Questo è ciò che intendiamo sottolineare: per cominciare a usare per iscritto, leggendo e scrivendo, parole e frasi di una lingua, occorre avvertirne il bisogno.
Del resto, quando e come impara a parlare il bambino? Impara quando il linguaggio gestuale e quello orale, fatto ancora di suoni non articolati, non sono più sufficienti per mettersi in comunicazione con persone che cambiano spesso, che si incontrano per caso o per poco tempo mentre il suo ambiente sociale si apre e si allarga.
Similmente, il bambino deve arrivare ad aver bisogno della lingua scritta. E questo succede quando la sua vita sociale diventa così articolata e complessa che il solo linguaggio orale o quello gestuale o quello del disegno non sono più sufficienti, quando, per esempio, sentirà il bisogno di comunicare con gente lontana, o di fermare alcuni discorsi e pensieri per verificarli e per ricordarli, o di far sapere la stessa cosa a tante persone contemporaneamente.
Infatti noi usiamo correttamente la parola scritta per la corrispondenza, per gli appunti o le relazioni, per i giornali e i manifesti, ecc.

Dopo aver sottolineato l’importanza della motivazione interna a scrivere, legata strettamente all’articolarsi dei rapporti sociali del bambino, è giusto accennare ad un aspetto a questo complementare. Il bambino inizia a parlare dopo aver imparato a comprendere i genitori che parlano, sarebbe ragionevole che imparasse a scrivere dopo aver vissuto negli altri, negli adulti che lo circondano, l’esperienza della scrittura.
Fino a qualche decennio fa questo era abbastanza vero: andavano a scuola a imparare la lettura e la scrittura quei bambini le cui famiglie vivevano nella pratica di tutti i giorni la lettura e la scrittura. Oggi che la scuola è di tutti, questo non è più garantito: la scuola continua a “insegnare” la tecnica senza rendersi conto che spesso il bambino non vede nessuno scrivere, che suo padre non scrive quasi mai, ecc. È importante quindi che, pensando a una preparazione all’apprendimento della lettura e della scrittura, ci si preoccupi di ricostruire intorno al bambino un ambiente nel quale questi strumenti vengano correttamente usati dagli adulti e possano dal bambino stesso essere riconosciuti come strumenti necessari.
La maturazione di questo bisogno e dei conseguenti atteggiamenti, ancor più che certe capacità grafico-motorie (saper fare diritte le linee, rotonde e uguali le ‘O’, senza uscire dai bordi le coloriture...) va rafforzata nella scuola materna e all’inizio della scuola elementare da attività che qui accenniamo a titolo di proposta. Come sempre, ogni proposta de-ve essere adeguatamente vagliata, valutata e comunque riadattata e tradotta nelle specifiche situazioni di lavoro.

 

[Francesco Tonucci e Tullio De Mauro, Prima dell’ABC , di Gianni Rodari, illustrazioni di Francesco Tonucci, “Biblioteca di Lavoro”, 56, quindicinalea cura del gruppo sperimentale coordinato da Mario Lodi. Editore Luciano Manzuoli, Firenze 1972]

 
 
 
Scuola dell'infanzia