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La timidezza e la sindrome da webcam spenta: il teatro può aiutare

Nella didattica a distanza qualcuno spegne per fare altro durante la lezione. Ma sono molti i ragazzi e soprattutto le ragazze che si sentono a disagio a mostrarsi. Che fare? Di Giovanni Micoli

di Giovanni Micoli24 maggio 20206 minuti di lettura
La timidezza e la sindrome da webcam spenta: il teatro può aiutare | Giunti Scuola

Sono ormai due mesi che ho iniziato, con La Stanza dell’Attore , a fare le lezioni di teatro online: ho cercato di mantenere il contatto e il percorso con i miei allievi delle elementari, medie e superiori in questo periodo di quarantena. Verso la fine di marzo è iniziata anche al didattica a distanza ed è proprio con questi laboratori scolastici che ho iniziato a riscontrare in molti allievi la SWS , ovvero la Sindrome da Webcam Spenta.

All’inizio ho avuto difficoltà ad accettare e capire quest’atteggiamento, ma l’esercizio teatrale, anche a distanza, è risultato utilissimo.

Al di là delle oggettive difficoltà tecnologiche e di connessione, io dividerei in due le motivazioni della SWS:

  • profonda timidezza, che riguarda molto spesso più le femmine dei maschi
  • tentativo di fare altro durante la lezione , nemmeno tanto celato.

A lezione guardando Netflix?

Molto spesso quelli che in aula sono i più agitati rimangono a webcam spenta durante le lezioni a distanza: trovano scuse tecniche improbabili ma disturbano nella chat scrivendo continuamente commenti o usando faccine inopportune. Il loro oblio visivo è l’estensione virtuale del loro modo di stare in classe , ma in questa occasione i professori hanno armi più spuntate.

Poi c’è chi invece, se chiamato, accende la webcam, risponde e poi ritorna tranquillamente a non farsi più vedere. Alcuni miei allievi mi hanno confessato che  durante la lezione c’è chi gioca al computer , chi ascolta musica e chi guarda film su Netflix.

In questi casi dovrà essere la scuola a stipulare un patto con le famiglie perché si possa chiedere e pretendere la webcam accesa per tutto il tempo della lezione; alcuni istituti già lo stanno facendo.

“Sono brutta, non mi faccio vedere”

La SWS può anche derivare da una profonda timidezza ed è qui che il teatro può aiutare , anche a distanza. La cosa che mi ha stupito di più è che, specialmente per i bambini delle elementari e delle medie, i genitori giustificano il figlio o la figlia che si vergogna a farsi vedere in cam; ma permettere ad alcuni bambini di non mostrarsi, mentre altri tranquillamente lo fanno, asseconda il pensiero che per esempio una bambina può avere: “io rispetto agli altri sono brutta e quindi non mi faccio vedere”.

A teatro questo è un pensiero che ritrovo spesso, specialmente nelle bambine, ma ciò non mi ferma dal “forzarle gentilmente” chiedendo loro di andare davanti agli altri a fare determinati esercizi.

Che gioia riuscire a mostrarsi

E non c’è niente di più bello che osservare la gioia e lo stupore nella loro faccia quando scoprono di poter fare quello che fanno tutti solo con un po’ di difficoltà iniziale.

E così è stato anche con il teatro online: sono infatti riuscito a farle uscire dal loro guscio oscuro, chiedendo loro di farsi vedere e di improvvisare monologhi o dialoghi con altri compagni; a un certo punto si notava chiaramente che la paura di essere viste era sparita e il divertimento scenico aveva occupato la loro attenzione!

Un’opportunità per la scuola a distanza

Credo che il modo migliore sia coinvolgerli e distrarli con qualche attività, senza temere di forzare un po’ la loro paura.
Penso che abbiamo il dovere di aiutare i bambini e i ragazzi a capire che la loro immagine virtuale non deve essere simile a quella di modelle o modelli con fisici scolpiti o in pose provocanti. La generazione dei teenager di oggi è quella più “autoscattante”, i ragazzi si fanno selfie continuamente, ma in pose improbabili che non rispecchiano quello che sono nella realtà.

Ecco, credo che la scuola, e anche il teatro a distanza, non debba perdere questa magnifica opportunità: cogliere questo disagio e , parlandone anche in privato, insegnare a riequilibrare e normalizzare il rapporto fra la nostra estetica e la sua proiezione virtuale.

L’esempio delle insegnanti

La mia stima maggiore va alle insegnanti in questo periodo: le ho viste fare lezione, mostrandosi con capelli curati alla meglio, senza preoccuparsi più di tanto del loro aspetto estetico ma puntando fondamentalmente sulla consapevolezza che il contatto, anche visivo, con i loro ragazzi andava mantenuto perché importante e vitale.

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