In classe con Marcel: i bambini diventano biografi

“I bambini liberi fanno rumore”: parlare di libertà in classe

Il fascino delle nuvole: letture e attività con il naso all'insù

Ad alta voce: due laboratori per le classi

Rito e spazio quotidiano

Lettura e life skills

<img filer_id="240084" src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/b0/4c/b04cdba9-e929-47d4-835b-038ac970ddf4/io_non_parto_piu_antonella_sada.jpg__500x596_q85_subsampling-2.jpg" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="500" height="596"> Io non parto più. Le cicogne di Marrakech di C. Germini e G. Vacalebre (Momo edizioni) è un albo illustrato che affronta il tema della migrazione. Al centro il dilemma tra partire e restare che mette in luce le emozioni di chi se ne va e di chi deve accettare tutto ciò che questo comporta.&nbsp;“Questo è per te” dice la cicogna Sandy porgendo un filo rosso alla piccola Daisy che parte, “avvolgilo intorno alla zampa e io farò lo stesso. Ogni volta che sentirai la nostalgia di casa ti basterà guardalo per ricordarti che io sono sempre qui ad aspettarti”.Il&nbsp; filo è un mezzo visibile di unione, che riporta con la mente a casa ma è anche qualcosa che, come nel mito di Teseo&nbsp; ed Arianna,&nbsp; rappresenta una traccia per non perdersi.&nbsp;Esorcizziamo il timore della separazione immaginando il viaggio che dovrà fare chi andrà via e, con materiale psicomotorio, riproduciamo la strada che unisce la scuola e il nuovo paese. Colleghiamoli con un filo, alla&nbsp; cui estremità si posizionerà il compagno, così che, eseguendo a turno il percorso, lo si possa ritrovare. Al termine, intrecciamo i fili colorati e prepariamo dei bracciali da donare per lasciare un ricordo dei momenti di gioco vissuti insieme.&nbsp;

Arrivi nel silenzio&nbsp;

Chi opera in classi multiculturali, soprattutto nei quartieri di grandi città caratterizzati da un alto flusso migratorio, sperimenta nel corso dell’anno scolastico frequenti cambiamenti nella composizione della sezione. Ci sono famiglie che arrivano dall’estero e altre che decidono di tornare al paese d’origine o di traslocare in cerca di una maggior stabilità. Questo turnover ha ripercussioni sul clima relazionale del gruppo, suscita domande ed emozioni che è necessario ascoltare e rielaborare.Scegliamo alcuni libri che offrano spunti sia per affrontare la fatica del dirsi addio e la nostalgia dell’assenza, sia per accogliere chi arriva, per aiutarlo ad ambientarsi nel nuovo contesto e per stimolare la conoscenza reciproca.

<img filer_id="240085" src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/d2/0f/d20f255e-6937-49d0-9c2f-ec9e42116bef/barattolo_di_stelle_antonella_sada.jpg__500x464_q85_subsampling-2.jpg" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="500" height="464"> Sfruttiamo il tempo che ci separa dall’addio per parlare di amicizia.&nbsp; Utile può essere Un barattolo di stelle, di D. Marcero (ed. Terre di mezzo), una storia in cui, al centro del legame tra i due protagonisti, vi è l’importanza della condivisione di piccoli oggetti associati ad esperienze ed emozioni. Prendendo spunto da Iris e Louise che collezionano in un barattolo i ricordi dei momenti passati insieme, avviamo una conversazione sui gusti del compagno da salutare e poi raccogliamo oggetti che ricordino le sue attività preferite. Confezioniamoli come un dono che l’amico potrà&nbsp; portare con sé e proponiamo&nbsp; una sorta di scambio con le raccolte che compirà nella nuova scuola, da inviarci per colmare il vuoto della sua assenza. “Senza Iris”, si dice nella storia, “il cuore di Luis era come un barattolo vuoto”.&nbsp;Tutto ciò aiuterà i bambini a conservare un senso di continuità nella loro storia e nella costruzione della loro identità.

Un libro per non perdersi

Colmare il vuoto

<img filer_id="240086" data-cke-saved-src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/94/bc/94bc31ed-9ae1-4f3e-8327-fd6ecea0d468/la_valigia_antonella_sada.jpg__500x436_q85_subsampling-2.jpg" src="/media/filer_public_thumbnails/filer_public/94/bc/94bc31ed-9ae1-4f3e-8327-fd6ecea0d468/la_valigia_antonella_sada.jpg__500x436_q85_subsampling-2.jpg" title="" align="" thumb_option="" original_image="false" width="500" height="436"> Tra gli arrivi che meritano cura vi sono certamente quelli di coloro che giungono dopo un viaggio travagliato, dopo aver lasciato in tutta fretta la propria casa, spesso senza lo spazio e l’occasione per portare con sé dei ricordi. &nbsp; Il senso di smarrimento è tale che a volte il silenzio è l’unica risorsa disponibile.&nbsp;Una proposta operativa può derivare proprio da un silent book dal titolo La valigia di A. Ruta (ed. Carthusia): un libro toccante in cui le illustrazioni in bianco e nero sottolineano l’essenzialità del racconto.&nbsp; Protagonisti un bambino e la sua valigia che diventa il luogo fisico in cui stare, assolve la funzione di rifugio, di protezione ma anche quello di contenitore di ricordi lieti e tristi.Per accogliere il nuovo compagno possiamo proporre di immaginare cosa avrà portato nel suo bagaglio: rappresentiamolo con gessi neri o con il carboncino, che avvicina ad una tecnica spesso nuova&nbsp; che, nella sua semplicità d’utilizzo, aiuta a concentrarsi sul messaggio più che sull’estetica. Riguardiamo insieme le produzioni grafiche e attraverso un gioco del Chi sa se è vero che hai portato…? stimoliamo il nuovo amico a superare il silenzio e raccontare di sé.Il valore di tutte le narrazioni proposte è innanzitutto quello di suscitare in chi ascolta il desiderio di narrarsi a sua volta, perché, come dice Ricoeur&nbsp;in Il tempo raccontato&nbsp;“il racconto temporale della vicenda umana è ciò che costituisce l’identità, dinamica, critica” specie quando, aggiungiamo noi, è “sottoposta al cambiamento”.

Racconti senza confini: storie per chi arriva e per chi parte

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