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Quando gli adulti sono stelle sul cammino dei bambini
Due storie di facilitatori che aiutano bambini e ragazzi a uscire dal disagio, due libri “fonte d’ispirazione”. Di Lorenzo Luatti

Vi sono
storie “speciali”
che aiutano ad esplorare sentimenti quali ansia, spiazzamento, delusione e soprattutto
paura e timore
: di non essere all’altezza, di non farcela, di non avere la forza per affrontare una nuova situazione, quando l’autostima scende sotto le scarpe. Nei
bambini
, impegnati a crescere e alla ricerca di punti stabili, queste situazioni
richiedono negli adulti capacità di osservazione e di “cura”
. Facendo anche della fragilità una forza.
Tra i molti testi, più o meno recenti, ne ricordo due davvero speciali.
Il pentolino di Antonino
Il primo è un testo insolito che ha il merito di introdurci al significato di resilienza, ovvero la capacità di riaggiustare qualcosa che si è rotto in noi, di rimanere in piedi e migliorarsi. Il pentolino di Antonino (Kite, p. 40) di Isabelle Carrier parla di questo: dell’universo affettivo e dei facilitatori che aiutano Antonino a uscire dal disagio. Antonino è come un bambino che trascina sempre con sé un pentolino. Un giorno, chissà come e perché, gli cade in testa. Allora tutto cambia e Antonino non è più come gli altri. Nonostante le sue buone qualità tutti vedono in lui solo l’anomalia del trascinarsi dietro un pentolino che ingombra e fa rumore. Pochi si accorgono che Antonino deve faticare molto più degli altri per farcela. Si mette il pentolino in testa per nascondersi e sparire e tutti si dimenticano di lui. Ma un giorno si avvicina a lui una donna che svela di avere anche lei in tasca un pentolino, solo più piccolo e meno ingombrante del suo e gli insegna come conviverci. Prima di lasciarlo gli dona una saccoccia, in cui mettere il pentolino non per nasconderlo ma per portarlo con più agio. Così Antonino riprende la sua vita in mezzo agli altri.
Un punto “certo” per Vashti
Il punto
(ape Junior, p. 32) di Peter H. Reynolds è un libro pluripremiato e tradotto in oltre 25 lingue. Durante la lezione di disegno Vashti non ha combinato nulla. La bambina lascia il foglio bianco perché, afferma, non sa proprio disegnare. L’insegnante cerca subito di tranquillizzarla: “Ah, un orso polare in una tempesta di neve”, le dice. Ma la piccola è arrabbiata e demoralizzata e non ha nessuna voglia di stare al gioco. L’insegnante le sorride e l’invita a fare un semplice punto: “e poi guarda dove ti conduce”. La ragazzina prende così un pennarello e scaglia un punto in mezzo al foglio. “Adesso firmalo” le dice pacatamente l’insegnante. E così Vashti, molto sorpresa, firma il suo foglio.
La settimana successiva quando Vashti entra in classe, vede il suo punto firmato appeso dietro la cattedra dentro una splendida cornice dorata. “Posso senz’altro fare un punto più bello di questo!”, pensa la ragazzina. Il resto è un crescendo di punti piccoli e grandi, colorati, ingigantiti, dipinti. I punti di Vashti hanno successo, diventano i quadri di una “grande artista”. Quella che una volta era una bambina insicura e demoralizzata, ora è una ragazzina che ha fiducia nelle proprie capacità, che esprime la sua creatività ed è di ispirazione ad altri.
Peter H. Reynolds
ha dedicato Il punto al suo insegnante di matematica
“che mi ha insegnato a lasciare la mia impronta”, scrive alla fine del libro.
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