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Prime letture
Il 23 aprile sarà giornata mondiale del libro. Janna Carioli, scrittrice, ci regala un pensiero e un’esperienza: non è mai troppo presto per cominciare a sfogliare un libro con i bambini.
I bambini leggono!
   Ascoltare un adulto che legge e racconta, con voce calma e coinvolgente, è per un bambino una importantissima esperienza affettiva che contribuirà sicuramente ad avvicinarlo ai libri perché li considererà una fonte di piacere.
   
   Ho lavorato a lungo in un nido e una scuola per l’infanzia, e l’esperienza fatta con i piccolissimi mi permette di affermare che “non è mai troppo presto” per cominciare a sfogliare un libro assieme.
  
Da parecchi anni ormai, l’editoria per ragazzi offre un vasto panorama di libri di grande qualità per questa primissima fascia di lettori e c’è solo l’imbarazzo della scelta. Non a caso li ho chiamati “ lettori ”. Il termine “leggere”, infatti, non si riferisce solo alle parole, è molto di più. Un bambino inizia godendo semplicemente delle immagini, delle forme, dei colori e, via via, impara ad apprezzare particolari diversi, a seconda del suo stadio evolutivo e della sua progressiva capacità di linguaggio.
Storie favolose e rime incantante
   I silent books (libri senza parole) costituiscono sicuramente un utile primo approccio già dal nido perché offrono il grande pregio della libertà, della duttilità e della possibilità di condivisione con l’adulto.
   
   “
   
    Guarda, c’è un cane che esce dalla sua cuccia, chissà dove va?
   
   ...” Potrà essere il bambino stesso a suggerire dove sta andando quel cane, e costruire la sua storia che potrebbe anche non coincidere con quella pensata dall’autore, perché le immagini si prestano a tante interpretazioni diverse.
  
   Un altro tipo di libri importanti per le prime letture sono sicuramente quelli di
   
    filastrocche
   
   , fonte di parole note e di altre di pura invenzione “Ambaraba ccicci coccò” è una parola che racchiude in sé il senso del magico e il nonsense del gioco. L’antica filastrocca consolatoria: “Male malosso, vien via tutto l’osso / quello che ci resta, fuori dalla finestra” cos’è se non una formula magica? La durata di questa filastrocca è esattamente quella che passa fra la botta e il sollievo, dura il tempo di un piccolo pianto.
   
    È una formula che consola e fa guarire
   
   . Magicamente, appunto.
   
   Le filastrocche sono fra le prime forme verbali strutturate che impariamo da piccoli.
   
   Quelle che rimangono sepolte nella memoria e riemergono da grandi, quando a nostra volta ci troviamo a giocare con un bambino e lo facciamo magari galoppare sul ginocchio.
  
   Quel: “Trotta trotta pier balotta / un formaggio e una ricotta / un paiol di tagliatelle/ per riempir queste budelle” accompagna il gioco simbolico del “
   
    facciamo finta che
   
   ” giocato un tempo in una società contadina in cui non solo c’era poco da mangiare, ma c’erano anche pochi giocattoli…
   
   Puro gioco? Non solo. Anche rito: la
   
    conta è un rito
   
   , attraverso il quale la comunità con questo tramite formalizzava (e i bambini lo fanno ancora), l’esclusione di un proprio membro in modo indolore.
   
   Tutto questo per dire che una filastrocca è molto di più che quattro righe messe in versi.
  
Janna Carioli